Il Gramsci di Ingrao nel ricordo di Francesco Cocco

8 Agosto 2018
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2 Febbraio 2017
Francesco Cocco parla al caminetto di Gramsci con Andrea Pubusa (2)

Torno da Francesco col piacere di stare in sua compagnia e con la curiosità di sapere cosa ancora, rispetto a quanto riportato ieri, disse Pietro Ingrao nel suo discorso del 1° Maggio 1977 ad Ales ricordando Antonio Gramsci. Sento che, almeno col pensiero, Francesco mi porterà nel mondo affascinante della politica alta, dell’elaborazione profonda di una sinistra che, per essere, deve declinarsi in movimento di trasformazione della società, in potente fattore di giustizia sociale e di uguaglianza, di governo popolare.
Giunto in via S. Saturnino, davanti al grande portone di Francesco, il miracolo si ripete. Nel varcare la porta passo dal chiasso anche mentale della città alla più rassicurante atmosfera paesana, che si materializza subito nell’orto di Francesco. C’è 
sa tuedda de su perdusemini, lo spazio del prezzemolo, ma per il resto fervono i lavori di pulizia. Francesco prepara la particella riservata a s’afrabica (basilico) e quella po sa cibudda, per le cipolle, e s’allu (l’aglio). Tutto,  fra qualche giorno, sarà in perfetto ordine, ma adesso c’è un bel cumulo d’erba già tagliata da sgomberare. Il fumo sale dal caminetto e crea, spandendosi nell’aria, l’odore del paese.
Quando Francesco appare, un riflesso condizionato ci fa sollevare il braccio a pugno chiuso, il nostro saluto, e così, sorridendo per questo simpatico, antico rito, supero l’uscio di casa e mi avvicino al caminetto, sempre accogliente col crepitio allegro del fuoco. Il mio bicchiere de  fil’e ferru è già pronto. Francesco - come tutti quelli della vecchia guardia comunista - non lascia nulla al caso. Mi scaldo le mani…ma è d’Ingrao che voglio parlare, di quel discorso su Gramsci del 1977 ad Ales, nel giorno della Festa del Lavoro.

D. Caro Francesco, ci siamo lasciati ieri con un interrogativo posto da Ingrao nel suo discorso:”Che cosa significava quella linea che chiamava l’operaio di Torino a stringere la mano al contadino del Mezzogiorno, a saldarsi alla sua lotta?”
R. La domanda è questa: quello di Gramsci “era solo l’appello di solidarietà? Il richiamo generico alla partecipazione umanitaria? No, era qualcosa di profondo e nuovo. Era una linea che diceva alla masse operaie  che sarebbero diventate protagoniste della vita del Paese se fossero state capaci di diventare guida, avanguardia di un processo di liberazione“.

D. Credo che questo passo abbia una grandissima attualità. Vi è la visione gramsciana della ricerca di una nuova e più salda unità nazionale, rivisitata dalla concezione ingraiana dei grandi movimenti di popolo che devono presiedere un tale processo.
R. Certo la categoria della “solidarietà”, che nell’ultimo decennio è andata acquisendo tanta importanza contro le chiusure corporative e gli egoismi territoriali, è un grande valore ideale; però di per sè non sufficiente (questa è l’attualità dell’ insegnamento contenuto nel passo citato) ad attivare un processo storico non effimero. Occorrono interessi reali perché esso possa essere duraturo, perchè possa derivarne una nuova organizzazione dello Stato.

D. Sono d’accordo. Così oggi non pare possibile parlare seriamente di struttura federalistica dello Stato se la stessa dovesse fondarsi su un generico richiamo alla collaborazione ed allo solidarietà tra Nord e Sud. Nè certe posizioni separatistiche (taluni pronnunciamenti della Lega o dei federalisti alla Miglio) possono essere liquidite con una fumosa accusa di “egoismo”.  
R. Sì, occorre che la solidarietà e la conseguente collaborazione siano sostanziate da comuni e reali interessi. Quindi un grande processo in cui ogni articolazione  sia chiamata ad  un ruolo che sappia conciliare il proprio con l’altrui interesse ;e nel contempo si senta chiamata a realizzare obiettivi comuni sia sul piano delle idealità che dei grandi processi storici.

D. Senza questo cemento, che sappia fondere idealità con interessi ed obiettivi storici reali, qualsiasi modello di nuovo Stato (federalista e non ) sarebbe destinato al fallimento…
R. E’ proprio così, dall’insegnamento d’Ingrao ricaviamo la necessità di un progetto che attivi un cammino storico capace d’investire le grandi masse umane. Un progetto che non rimanga “chiuso nei libri ed affidato ad un vertice di politici, quand’anche molto bravi, ma staccati dalla nostra vita”.

D. Ecco la vera governabilità contro le leggi truffa-attuali o in formazione, che producono paralisi come accade in Sardegna con Pigliaru e a livello nazionale con Renzi…
R. Da una tale visione nasce la necessità  che questo processo sia ampio, investa il più vasto arco di forze, e “non sia svolto solo sotto la nostra bandiera“. Solo così è possibile far vivere la lezione gramsciana, e farsi forza concreta di aggregazione.

D. Che lezione politica! Come formare un blocco sociale di trasformazione… penso a Renzi che spacca perfino il suo stesso partito!
R. L’idea è quella di uscire dal proprio  chiuso e porsi come forza unificante. Una tale capacità ha avuto il pensiero di Gramsci,”forse il più grande fattore di unificazione del nostro Paese; forse l’uomo che ha fatto di più per fare degli Italiani un popolo unito“.

D. Questa riflessione ingraiana è andata molto avanti, oltre qualsiasi limite implicito in quel suo discorso…
R. E’ arrivata al punto che chi sino ad ieri proclamava la propria continuità ideale con i carnefici di Gramsci, oggi lo considera tra i propri possibili punti di riferimento ideale. Certo sono operazioni che lasciano perplessi, che contengono una buona dose di tatticismo politico  ed un alto tasso di trasformismo ideologico. Comunque non liquidabili con battute semplicistiche.

D. E sì… purtroppo la riflessione gramsciana sull’egemonia sta alla base dell’attacco del neoliberismo, che, non a caso, ha puntato ed ha avuto l’egemonia politico-culturale in questi tre decenni…
R. L’invito rivolto quel 1° maggio da Ingrao a non considerare quello gramsciano un patrimonio ideale esclusivo (non bisogna considerare Gramsci solo “per ciò che vive  dentro le file di questo partito….perchè la forza creativa sua va oltre le bandiere nostre, ormai si protende nella società“) può aiutarci a capire come il suo pensiero, anche grazie al partito da lui fondato, abbia camminato nella società, ne abbia investito tutte le compenenti, anche quelle avversarie,ed abbia compiuto una lenta quanto sotterranea trasformazione dei livelli di coscienza politica.

D. Forse alla luce di quell’invito è possibile comprendere che se oggi la democrazia corre gravi pericoli, è pur vero che è anche possibile un nuovo e più democratico livello del confronto politico ed istituzionale. Lo dimostra anche la reazione di massa del 4 dicembre al tentativo di stravolgimento della Costituzione da parte di Renzi…

R. Certamente, può essere compiuto un salto in avanti nell’organizzazione delle istituzioni, in un processo che sia nello stesso tempo di unità e riconoscimento delle differenze. Presupposto è la capacità di aprirsi, di porsi come forza in grado non solo di dialogare ma, nel confronto, anche di arricchire l’avversario.

D. Che appassionante questo modo di vedere la battaglia e l’impegno politico, anni luce lontano dagli odierni manovratori di leggi elettorali! E’ che questo discorso pone la democrazia, i lavoratori, i cittadini al centro dell’attenzione…
R. Proprio così. Non a caso altro elemento di quel memorabile discorso fu il tema del lavoro, dei pericoli connessi alla disoccupazione…

D. In qualche modo viene prefigurato lo scenario sociale e le paure dei nostri giorni…
R. Senti cosa disse Ingrao:”…si può creare una confusione, uno smarrimento, una disgregazione. Quando si crea la disgregazione ed il turbamento, sempre viene il fascista ed il reazionario che cerca di adoperare tutto questo e scatenare la Vandea contro la libertà“.

D. Preveggente! Ma Ingrao è anche attento alla tremenda complessità della società attuale…
R. Si ho delle annotazioni anche su questo tema, molto presente nell’elaborazione ingraiana. Senti come è terribilmente attuale e in controtendenza rispetto alla deriva attuale Pietro Ingrao: “non c’è nessuno,  per quanto dotato di genio e di carisma, che possa farcela. Non possono farcela nemmeno cinque, dieci Soloni che da Roma unificano questa società così ricca e così complessa“. Tantomeno (usando locuzioni del dibattito di oggi), può farcela un leader carismatico (o che si pensa tale)…

D. Non può farcela nessuna maggioranza fittizia, frutto non di consenso sociale, ma di cervellotici meccanismi elettorali con premi ed iper premi…
R. Il voto del 4 dicembre scorso sta lì a testimoniare una volontà di popolo a decisioni democratiche, che con fermezza ed intelligenza sa respingere i disegni eversivi. Di qui  l’imperativo non più eludibile: creare una democrazia organizzata e diffusa a difesa della libertà. Gramsci illumina ancora la strada…

D. Ed anche la Costituzione, anch’essa figlia dell’elaborazione di Gramsci, rimane ancora la via maestra.

La chiacchierata con Francesco Cocco su Gramsci nell’interpretazione ingraiana finisce qui. Immancabili alcune considerazione sulla miseria attuale, cinque sedicenti soloni che pretendono in Sardegna di governare sulla base di una legge che dà loro il 60% dei consiglieri regionali col 19% dell’elettorato sardo. Governanti ripudiati dagli elettori già con la diserzione di massa delle urne! Un ridicolo aspirante autocrate a Roma, bastonato dall’elettorato, che ci riprova senza neanche cambiare stile e tono. Penso che abbiamo fatto bene a costituire a Cagliari  il “Comitato d’iniziativa costituzionale e statutaria”, bisogna dare battaglia senza tentennamenti, con nettezza e forza per uscire dal pantano, in cui una pseudo sinistra, immorale, egemonizzata dal pensiero liberista, ci ha cacciato.
Attraverso  il giardinetto di Francesco, questo ortolano speciale, da cui impari sempre …e non solo in materia di ortaggi. Lo saluto,
“a si biri cun saludi”, varco il portone e torno, pieno di pensieri, nella confusione cittadina.

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