Antonio Pigliaru: una lettura per capire il presente

30 Agosto 2018
1 Commento


2 Luglio 2008
Francesco Cocco

 

Le vicende politiche nazionali e quelle regionali legate ai problemi di riforma delle istituzioni e di salvaguardia della democrazia autonomistica, danno nuova attualità al pensiero di Antonio Pigliaru sui temi dello Stato e della democrazia. Ecco perché, pur se a due anni dalla pubblicazione,  proponiamo la lettura di “Le parole e le cose”, certi che in questa opera vi è una valida bussola d’orientamento per il presente.
Una piccola enciclopedia è ciò che l’opera può sembrare a prima vista. Certamente è anche questo, ma è molto di più. Anche leggendolo come piccola enciclopedia vi è un riscontro con problemi di grandissima attualità. Pensate alle riflessioni dedicate al regionalismo chiuso ed al regionalismo aperto. Vi è la soluzione per orientarsi nel dibattito su cui si è incentrata la vita politica regionale negli ultimi decenni, sino alla discussione sul nuovo statuto regionale e segnatamente sulla legge statutaria.
Ed ancora alle conversazioni sulle meccaniche dei dispotismi che ”un gruppo di potere pone in essere per ridurre sotto il proprio dominio tutte le vite di tutti gli altri uomini”.
Ma credo che l’opera sia importante perché completa, per molti versi, la lezione di Gramsci sui temi dello Stato. Questo intento è manifesto nelle pagine dedicate ai temi della democrazia, dello stato democratico, che non è ancora democrazia piena.
Il cuore di tale operazione è nel passaggio “dal governo sugli uomini al governo sulle cose” che per Pigliaru segna la realizzazione piena della democrazia, il passaggio dallo Stato democratico alla democrazia.
Certo la lettura di queste pagine va affrontata in una prospettiva che guarda molto lontano, senza pensare ad una qualche possibilità di applicazione immediata. E’ il tentativo di recuperare in una prospettiva lunga idee nate per la libertà umana, che poi nel tempo sono diventate strumento di oppressione, e di restituirle al loro disegno originario di libertà.
Il pensiero politico di Gramsci è attuale anche perché contiene una tale operazione. Il pensiero politico di Pigliaru è anche esso attuale perché recupera un patrimonio di pensiero distorto, restituendolo ad una prospettiva utopica di libertà. Prospettiva utopica come valore di riferimento che non è nel presente ma può agire per il futuro.
Il punto di partenza è la concezione marxiana dello Stato, soprattutto il riferimento è all’Engels della “origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato”, dove appunto l’estinzione dello Stato è caratterizzata dalla scomparsa d’ogni residuo di potere di classe, implicita nella natura dello Stato.
Lo Stato nasce col nascere delle classi, è un prodotto della storia di classe ed, in quanto un prodotto della storia, è destinato a morire. Il potere di classe, quindi lo Stato, è uno strumento di dominio di uomini su altri uomini. Con la scomparsa delle classi, scompare lo stato, ed al potere sugli uomini subentra il potere sulle cose.
Su questo, che è uno degli aspetti centrali del pensiero marxiano e che assume particolare rilievo nell’elaborazione di Lenin, cioè il tema della dittatura del proletariato, s’inserisce creativamente Gramsci. Il pensatore sardo comprende che, al livello di sviluppo delle società occidentali, il potere non può tradursi in un mero esercizio di forza di una classe sulle altre. Comprende che il potere non è neppure semplice potere economico ma è soprattutto capacità di progetto e di guida, che questa capacità di guida si esercita prima di tutto nella società civile e che questo esercizio di egemonia legittima poi l’esercizio del potere statuale. Egemonia, quindi, come base della legittimazione del potere statuale.
E’ un’operazione culturale che rende fruibile nell’Occidente  un pensiero che sembrava dover essere riferito essenzialmente a certa “vulgata” del pensiero marxiano  veicolata dalla tradizione. Che poi era il travisamento di un pensiero nato in Occidente (segnatamente Germania, Inghilterra Francia) e per l’Occidente.
Se pensate alla fortuna che il concetto gramsciano di egemonia ha avuto ed ancora ha nel dibattito politico ed istituzionale dell’Occidente, capite come Gramsci renda viva una parte centrale del pensiero marxiano.
Lo stesso può dirsi per l’elaborazione pigliariana che recupera ad una dimensione tutta di libertà un pensiero che nelle sue applicazioni storiche è servito a realizzare la dittatura di oligarchie di partito.
Si potrebbe affermare che sono concetti ormai privi di una loro attualità. E’ più probabile che così non sia, visto che sono rimaste insolute le grandi questioni che  l’umanità ha cercato di affrontare nel secolo scorso. Vi è stato un fallimento delle soluzioni date a quei problemi con le esperienze del cosiddetto socialismo reale. Sta di fatto che problemi che cento anni fa sembravano specifici dell’Europa oggi hanno acquisito un carattere globale. Ecco perché dobbiamo fare i conti con essi. E questo ci impone di comprendere i limiti delle vie tentate. Di capire perché erano sbagliate ma non di respingerle con un atteggiamento caratterizzato da chiusura mentale. In questa direzione va oggi letto Gramsci ed è in questa direzione va rivisitata la lezione di Pigliaru sui temi della democrazia.
I problemi della democrazia autonomistica oggi sono profondamente diversi da 40 anni fa. Eppure Pigliaru può aiutarci a comprendere che tasso di democraticità possono avere certe soluzioni che oggi si stanno dando ai problemi della nostra autonomia. La democrazia partecipativa alla quale Pigliaru fa espresso riferimento è molto lontana da soluzioni istituzionali di tipo monocratico. Una democrazia autonomistica che non chiama alla partecipazione non è tale.
Antonio Pigliare c’invita a riflettere e a pensare, a vivere con coerenza, e soprattutto con intransigenza unita alla tolleranza, la ricerca delle soluzioni ai gravi problemi del tempo presente.

1 commento

Lascia un commento