Niente crescita, manovra blindata e salto nel buio. La Sardegna si auto-emargina

30 Dicembre 2018
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Tonino Dessì

- Nonostante lo spazio formale e temporale ridottissimo in cui è stato confinato l’esame parlamentare della manovra finanziaria, sta emergendo chiarissimamente che non è una manovra per la crescita, per il lavoro, per il risanamento del Paese e che economia e conti sono destinati a peggiorare già nel primo semestre del 2019.
È quanto emerge dall’audizione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio e dalle analisi dei principali commentatori.
- Intanto neppure di “quota cento” pensionistica e del reddito di cittadinanza sappiamo concretamente alcunchè ed è verosimile che le somme riservate per gli specifici provvedimenti subiranno i condizionamenti del ciclo del primo semestre del prossimo anno, presentandosi fin d’ora aleatorie.
- Di Maio e - a denti stretti - il suo collega bulimico ieri si sono affannati a dichiarare che la norma fiscale punitiva contro il volontariato verrà modificata, ma solo dopo la sua approvazione, quindi durante l’anno venturo, perché modificarla in corso di discussione alla Camera adesso significherebbe rimandare la manovra finanziaria al Senato. È l’evidenza non solo che di gran parte della manovra blindata neppure il Governo conosce l’esatto contenuto, ma che nel procedimento meramente ratificatorio imposto al Parlamento c’è una profonda distorsione dei meccanismi costituzionali.
- Il fatto che il M5S si appresti a ridefinire la propria iniziativa politica su un pacchetto di nuove proposte di modifiche costituzionali, alla luce di questa vicenda (una legge di bilancio ben più che altre volte formalmente scritta sotto commissariamento esterno, una maggioranza precettata col voto di fiducia in blocco, un’opposizione privata della sua funzione di controllo e di collaborazione emendativa) non può non indurre fin d’ora a esprimere profonda diffidenza verso questi intendimenti. Dico subito che sono contrario alla riduzione numerica dei parlamentari (il Parlamento non può essere ridotto in una fase politica come questa a un conclave ancora più oligarchico) e che osteggerò l’introduzione del vincolo partitico di mandato (vi sono altre soluzioni democraticamente compatibili per ostacolare il trasformismo e la compravendita di parlamentari, senza ridurre ciascuno di loro alla funzione di automi controllati dagli apparati esterni dei partiti).
- Intanto il Governo si appresta a riconoscere alle tre Regioni ordinarie più ricche del Paese lo status differenziato e privilegiato previsto dall’articolo 116 della Costituzione a seguito dei referendum svoltisi in Lombardia e in Veneto e dell’accordo politico stipulato dal Governo Gentiloni con l’Emilia Romagna.
Più che a un embrione di federalismo siamo qui al leghismo istituzionale, finanziario e tributario, avallato piuttosto trasversalmente.
Il sistema-Italia si avvia, senza un disegno alternativo, a diventare sempre meno coeso e meno solidale.
- Colpisce ancora di più sotto questo punto di vista lo spreco di tempo prezioso perpetrato in Sardegna anche nella legislatura regionale ormai conclusa. Il centrosinistra sedicente sovranista è arrivato addirittura sul punto di sposare una riforma costituzionale che avrebbe minato la specialità alle fondamenta, piuttosto che avanzare una seria mobilitazione su una proposta di avanzamento della nostra autonomia.
- Ne ho scritto talmente spesso, di questo tema, da potermi permettere questa osservazione e ne ho tratto tanta sconsolante constatazione di inutilità che oggi non sono disponibile ad accettare giaculatorie programmatiche a mero uso elettorale. E a parte questo, ancora nemmeno si coglie, in nessuno degli schieramenti in corso di formazione, un barlume di riflessione, di consapevolezza, di progetto su questo tema.
Finiremo sorpassati e marginalizzati ancora di più, stando così le cose.
- Aspetto tutti alla chiamata del “voto utile”: non vi aspettate indulgenza.

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