La riforma dei referendum: pro e contra

19 Gennaio 2019
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Andrea Pubusa

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Quali esigenze intende soddisfare la riforma del ministro Fraccaro sui referendum propositivi? Vuol superare il punto critico dell’attuale disciplina sull’iniziativa popolare, che non vincola in alcun modo il parlamento a deliberare. Così gran parte delle proposte di legge d’iniziativa popolare non sono state mai esaminate dalle Camere e solo pochissime sono diventate legge.
Dunque, l’esigenza è fondata, ma lo è anche il rimedio? Vediamo il nuovo testo. Prevede che quando una proposta di legge di iniziativa popolare è presentata da almeno cinquecentomila elettori e le Camere non la approvano entro diciotto mesi dalla sua presentazione è indetto un referendum per deliberarne l’approvazione. La consultazione non è ammissibile se la proposta contrasta coi principi e i diritti garantiti dalla Costituzione, se riguarda leggi a maggioranza speciale come quelle di attuazione della Costituzione o se non prevede la copertura finanziaria, ossia come far fronte a maggiori spese che con la sua approvazione verrebbero introdotte. Non è richiesto un quorum di partecipanti nella misura finora prevista per il referendum abrogativo (50 + 1% degli elettori). La consultazione è valida se i sì superano il 25% degli aventi diritto, cioè 12,5 milioni di cittadini. La stessa soglia viene adottata per il referendum abrogativo, in modo da uniformare i due istituti. La ratio è evidente: si vuole evitare che la campagna per l’astensione consenta di sommare gli astenuti consapevoli alla fascia fisiologica e passiva, rendendo nulla la consultazione. Per capire la portata dell’innovazione basta pensare che il referendum sulle trivelle con questo quorum sarebbe passato. Alla consultazione dell’aprile del 2016 votarono sì all’abrogazione delle norme oltre 13 milioni di elettori ma senza successo perché, appunto, la soglia non era stata raggiunta. Tuttavia - a riprova delle problematicità della questione - si tenga conto che, se sottoposto a referendum abrogativo, come taluno nel centrodestra annuncia, corre seri rischi, col nuovo quorum, anche il reddito di cittadinanza, la misura più caratterizzante del governo M5S.
Che giudizio dare su questa riforma? Presenta luci e ombre. L’intesa sul quorum, trovata su un emendamento del Pd, non basta comunque alle opposizioni, preoccupate su alcuni aspetti della proposta. Uno di questi riguarda i limiti alle materie sulle quali è ammesso il referendum propositivo. Vengono esclusi i diritti e i principi fondamentali della Costituzione, le leggi a maggioranza speciale come quelle costituzionali ma non i vincoli europei e internazionali. Questo - secondo taluni - consentirebbe di sottoporre a referendum propositivo le direttive europee.
L’altro nodo riguarda il cosiddetto referendum “ballottaggio” tra il testo del Comitato promotore e quello della Camera, se questa ne approva uno difforme rispetto a quello di iniziativa popolare. Così com’è la riforma prevede che in tal caso si vada a referendum per scegliere quale dei due testi adottare. La questione è delicata. In linea teorica, la prevalenza del voto popolare sembra in armonia col principio di sovranità popolare, ma il depotenziamento del parlamento lascia spazio agli umori popolari, che spesso - se malamente sollecitati - possono assumere caratteri negativi e talora addirittura inquietanti. Per esempio, oggi che aria tira in materia di sicurezza, sull’accoglienza e il riconoscimento di diritti ai migranti? Certo, non si può incidere sui diritti fondamentali e c’è sempre la garanzia rappresentata dal vaglio della Corte costituzionale, c’è tuttavia il pericolo di uno scontro forte nel Paese che investe anche il Parlamento. Un punto su cui riflettere con la massima attenzione, tenendo bene d’occhio il bilanciamento dei poteri, che è un principio sacrosanto.
In linea generale, si può dire che l’ispirazione di Fraccaro e del M5S vada contro la propensione oligarchica delle revisione di Renzi in favore del rinforzo della volontà popolare. Anche questo smentisce le accuse di autoritarismo e di fascismo verso i pentastellati. L’obiettivo è senz’altro quello di ampliare gli spazi democratici. Ciò non toglie che le modifiche degli istituti di democrazia diretta, giacché necessariamente incidono sui poteri e sul ruolo del Parlamento, devono essere soppesati con estrema attezione e prudenza.

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