A Sanluri Soru mostra di non aver capito la lezione del voto

29 Marzo 2009
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Andrea Pubusa

Renato Soru mostra una sorprendente vena umoristica chiamando la sua nuova creatura “Sardegna democratica”. Ma ora vuole davvero stupirci. Sentite cos’ha detto ai suoi reduci radunati in paese: “Il progetto del Pd è essenziale per la democrazia in Italia, ma il partito deve aprirsi di più alla società civile e non perpetuare i vecchi metodi della politica, dove tutto viene deciso in una stanzetta, in cui si riuniscono 4-5 persone che decidono e si dividono gli incarichi”. Per Soru questo è un eccesso intollerabile. La stanzetta è uno spreco e la riunione un’inutile perdita di tempo. Poi decidere in 4-5 è veramente un’intemperanza. Secondo il suo modo di vedere per decidere basta e avanza lui. Gli altri possono inviare una mail osannante al suo blog o partecipare alle sue adunate: battono le mani entusiasti e non finiscono di ringraziarlo perché generosamente si prende il disturbo di decidere per loro, sgravandoli anche della dura fatica di pensare. Con questa miscela di incredibile incosapevolezza di sé, populismo e con un pubblico numeroso di tifosi, Renato Soru ha fatto la sua prima uscita pubblica dopo le elezioni regionali del 15-16 febbraio, partecipando a Sanluri, suo paese natale, a un’assemblea che ha dato l’avvio di “Sardegna Democratica”. In realtà, come uscita è la seconda. Sabato a Cagliari c’è stata la prima, quando è uscito ostentatamente, subito dopo aver parlato per primo, ad una pubblica assemblea del PD di analisi del voto, seguito dai suoi fedeli, non senza aver detto che la responsabilità della debacle elettorale è dei sardi che non l’hanno votato e del PD che artatamente non ha voluto farli votare per lui e il suo listone. La prima uscita ha il valore simbolico di una rottura e la seconda in paese ne è la conferma.
Sentite cosa ha detto  Sanluri: “Non riesco a immaginare cosa potrebbe succedere se dovesse fallire il progetto del Pd. Andremo incontro a una vera deriva democratica, di cui abbiamo già segnali evidenti. Nel Paese e nell’isola è partita la restaurazione, con la cancellazione della stagione dell’autonomia praticata e della responsabilità. Per questo sono un iscritto del Pd e con Sardegna Democratica non penso a un movimento, un circolo o cose simili, ma a un’associazione che diventi un luogo di dibattito e confronto, tra quanto si riconoscono, iscritti o no, nelle idee di una forza progressista come il Partito Democratico”.
Lasciamo da parte l’autonomia praticata, per la quale potremmo chiedere un’opinione ai sindaci di destra, di sinistra e di centro, ma che un’associazione capeggiata da Soru sia un luogo di dibattito e confronto è un vero paradosso. Come lo sono state le dichiarazioni rese dal seddorese alla TV sulle cause della sconfitta, dovuta - a suo dire - alle tante divisioni e rotture nel PD e nel centrosinistra, dovute naturalmente a quanti non si sono accodati a lui. E’ colpa perfino del Consiglio regionale, covo di inguaribili indisciplinati che non hanno ratificato sempre e senza fiatare le sue proposte-diktat.  L’ego del nostro è così smisurato che chi non si mette in riga dietro di lui è antidemocratico, oscurantista e, manco a dirlo, antiambientalista.
Spesso abbiamo avanzato un paragone fra Soru e il Cavaliere, e certo sul modo d’intendere la democrazia e le istituzioni i due, da buoni padroni, si assomigliano molto. Ma una differenza c’è ed è grande: Berlusconi ha sempre avuto una straordinaria capacità di unire. E’ riuscito a mettere insieme la Lega separatista e AN che ha una tradizizone centralista e gerarchica che negava persino le autonomie regionali. Per questo il Cavaliere vince. Per questo in questi giorni vive la sua apoteosi con la creazione di un grande partito di destra di fronte ad un centrosinitsra sconfitto e ad una sinistra scomparsa. Ed è per la stessa opposta ragione che Soru perde: anzichè unire, divide, anziché cercare e valorizzare gli alleati, li umilia e li caccia. Ed è quanto sta facendo anche  adesso con “Sardegna democratica”, partendo da Sanluri.

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