Intervista a Massimo Villone. Taglio dei parlamentari, legge elettorale, autonomia differenziata sotto la lente di un costituzionalista irriverente

15 Novembre 2019
3 Commenti


Andrea Pubusa

Massimo Villone, autorevole costituzionalista e presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale, è venuto ieri a Cagliari, su invito di CoStat-ANPI e Scuola di cultura politica “Francesco Cocco”, per tenere una conferenza sull’attualità istituzionale. Ne ho approfittato per intervistarlo. Ecco il risultato.

- Caro Massimo, sul taglio dei parlamentari i meno giovani ricordano che l’idea non è nuova, la avanzarono fin dagli anni ‘80 alcuni parlamentari PCI. E poi ci fu la proposta di revisione costituzionale  di Rodotà e Ferrara del Gruppo parlamentare della Sinistra indipendente, vicini al Partito comunista. Viene spontanea l’obiezione: quella andava bene e quella dei 5 stelle no, non è che ci sia settarismo o pregiudizio?
- Sicuramente non da parte mia, che talvolta ho sostenuto i pentastellati. Il fatto è che allora esistevano i partiti e i parlamentari non esaurivano la rappresentanza. Nei partiti organizzati c’erano le sezioni e gli organismi politici territoriali ad assicurare il rapporto dei cittadini con le istituzioni, oggi c’è solo il parlamentare. Se li tagli, limiti la rappresentanza.

- Solo questo? O c’è anche qualche altra criticità nel taglio?
- Sì, sì, c’è dell’altro. Il taglio dei parlamentari lascia sguarnite intere aree periferiche del paese e riduce spesso a uno, due o tre i rappresentanti in talune regioni. La conseguenza è che sopravvivomo solo le grandi forze, quelle minori scompaiono. Una perdita secca per la rappresentanza e per la democrazia.

- Insomma, il vecchio sogno di Renzi in salsa gialla?
- In certo senso sì, si dà il potere politico a cerchie sempre più ristrette. C’è un cambio di passo, cambia il regime, che assume caratteri oligarchici.

- Gioca anche la legge elettorale, non ti pare?
- Le legge elettorale è centrale. Molti pensano che il bilanciamento venga da una legge elettorale rigorosamente proporzionale. Lo dicevano anche alcuni osservatori di area moderata. Poi…

- Poi? Cosa è successo?
-
Di Maio ha rilanciato il vecchio slogan né di destra né di sinistra e sul tema è calata la tensione.
- Si è ripreso a parlar d’altro?
-  Sì, è riapparso il tema dello sbarramento, che porta con sé quello del voto utile. Insomma, si pensa a premiare i grandi a danno delle forze più piccole, delle minoranze. Per farla breve il discorso sul proporzionale diventa incerto e nebuloso, con tutte le conseguenze negative facilmente immaginabili.

- E se ci sarà il referendum noi dei Comitati che facciamo?
- Il referendum è probabile, sono già state raccolte una cinquantina di firme di senatori e ce ne vogliono 64 per rendere obbligatoria la consultazione popolare. Se ci sarà dobbiamo essere in campo…

- Però con poche speranze di vittoria…
- Credo anch’io, ma ricorda che anche con Renzi partivamo strabattuti in partenza e abbiamo vinto. Tuttavia il nostro dovere è esserci, non tirarci indietro. C’è un pericolo di riduzione della nostra democrazia e noi dobbiamo difenderla, dobbiamo comunque portare i nostri argomenti a livello di massa. Con coraggio.

- Questo è sicuro, non verremo meno al nostro dovere di democratici conseguenti. Ci saremo anche a Cagliari e in Sardegna. Tanto più che sul rappeto c’è anche l’autonomia differenziata…
- Si anche questa è una iniziativa pericolosa perché tende a divaricare ancor più il paese…

- Regioni ricche sempre più ricche e regioni povere sempre più povere. D’accordo, ma la legge quadro del Ministro Boccia non elimina il pericolo?
- Al di là delle intenzioni del Ministro, la legge quadro è una legge ordinaria e qualsiasi futura legge può derogarla o abrogarla. La garanzia dunque è debole. Poi c’è il vincolo di maggioranza che blinda le intese. Le regioni forti del Nord avranno un potere enorme nell contrattazione col governo, difficile bloccare le loro richieste.

- E che richieste! Vogliono tutto autostrade, porti, ferrovie…
- Una vera secessione. Poi vogliono che rimanga nella regione il loro gettito tributario, che è dato anche dalle società con sede al Nord e stabilimenti al sud…

- Ne sappiamo qualcosa noi in Sardegna, senza andar lontano la Saras che sta nel golfo di Cagliari e ha sede a Milano…
- Bisogna tornare all’idea che ci dev’essere uguaglianza nelle prestazioni pubbliche, dalla sanità alla scuola, ai trasporti e così via. Questa è la via che ci indica la Costituzione, questa è la battaglia da fare…

- E l’autonomia speciale?
- So che in Sardegna ci tenete all’autonomia speciale e condivido la vostra posizione. Dico solo che l’autonomia non dev’essere la vostra solitudine. Da soli perdete voi e perdiamo tutti. Bisogna unire le forze democratiche.

3 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    15 Novembre 2019 - 09:26

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=101882

  • 2 Aladinpensiero
    15 Novembre 2019 - 11:41

    Riflessioni quasi notturne.
    Il professor Massimo Villone parla semplice e chiaro, anche quando le cose sono complicate. E riesce a comunicare egregiamente grazie alla sua schietta napolinità, che mostra un viso rassicurante perfino sorridente anche quando dice cose tremende. E sarebbe? Beh, ci ha detto che chi detiene il potere vero in Italia ha già deciso che il Nord e il Centro (protagoniste le Regioni Lombardia, Veneto e Emilia Romagna) devono mollare il Sud per congiungersi alle regioni forti dell’Europa. Se fossero andati in porto gli accordi stipulati alla fine della scorsa legislatura dal sottosegretario Pd Bressa del Governo Pd Gentiloni con le tre nominate Regioni, si sarebbe certificata una vera e propria secessione a vantaggio del Nord contro il Sud, con una iniqua distribuzione di risorse a favore del Nord, in certa parte sottratte al Sud, anche quando prodotte al Sud (lampante l’esempio delle Imprese che producono al Sud che fiscalmente hanno sede al Nord). Il colpaccio stava riuscendo perché il successivo Governo giallo-verde si muoveva in continuità con il ministro leghista, Erika Stefani, perfettamente schierata con Zaia. Il cambio di governo poteva segnare lo stop di questa vicenda, ma l’attuale ministro Pd Francesco Boccia, sembra incapace di arginare questa deriva. E perché? Perché queste decisioni sono già state prese altrove. I processi sono stati rallentati, ma tutto va in una direzione che appare inesorabile. Che fare? Che fare soprattutto in Sardegna per la Sardegna? Dice Villone: “cari sardi avete ragione a difendere la vostra autonomia speciale, ma non illudetevi, dovete scegliere da che parte stare. Posto che l’isolamento comunque vi danneggerebbe, dovete scegliere se inseguire il Nord o fare alleanze con il resto del Sud. Ma sappiate che il Nord non vi vuole e che non vi resta che stare con il Sud. Cioè stare con i poveri contro i ricchi”. Che facciamo allora noi sardi? Intanto approfondiamo l’analisi e poi cerchiamo di ragionarci sopra e cerchiamo strade politiche percorribili con qualche possibilità di successo. Ma, ci chiediamo anche: noi sardi chi? Chi siamo? La maggioranza dei sardi come la pensa, se pure pensa. Quanti eravamo oggi riuniti siamo solo noi o rappresentiamo molti altri. E quanti? Siamo solo “profeti disarmati”? Come dice Villone ognuno faccia la sua parte. E noi del CoStat la faremo. Ci può bastare forse per non ripiegare nel privato e invece continuare con più vigore e convinzione una battaglia politica.

  • 3 Aladinpensiero
    17 Novembre 2019 - 13:04

    Disponibile l’audio degli interventi sul sito web della Scuola di Cultura Politica Francesco Cocco: https://www.scuoladiculturapoliticafrancescococco.it/disponibile-laudio-degli-interventi-allincontro-dibattito-sul-taglio-dei-parlamentari/

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