Carbonia.1942-1943, i bombardamenti su Cagliari. Dalla Regia Prefettura al Ministero dell’Interno, ‘Si registra un grande disordine nella vita civile’. L’assenteismo delle autorità nel soccorso alla popolazione, irreperibili i capi di industria e di aziende

1 Marzo 2020
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 Gianna Lai

Post domenicale sulla storia di Carbonia. Il primo è del 1° settembre.

Tre le Divisioni mobilitate in Sardegna,  proseguono incessanti, con cadenza da bollettini di guerra,  le comunicazioni  della Regia Prefettura al Gabinetto del Ministero dell’Interno in Roma.  12  bombe  sul capoluogo causano, il 2 giugno 1942 due morti, 15 feriti, colpiti 67 fabbricati; 75 bombe e 210 spezzoni incendiari,  il 7 e l’8 giugno, provocano altri 15 morti e 11 feriti, 170 le ditte danneggiate, colpita la VII^Divisione ancorata nel  porto: 15mila persone lasciano la città. Cagliari, una città stremata, se dal 2 marzo di quell’anno ’si attendono con ansia  due piroscafi, preannunziati carichi di 38 mila quintali di grano, in provincia’. Dove manca il sapone, che proviene esclusivamente  dal Continente, alle forze armate le riserve di carne destinate ai civili. E  dove ’si è dovuto tribolare, aggiunge il Prefetto a settembre,  per assicurare il pane a tutta la popolazione, mentre ritarda il grano dal Continente’,  non essendo giunto  a maggio in città il piroscafo per avaria nel porto di Livorno. Sicché, entro il 3 giugno, non ci sarebbe stata più farina in provincia, nè sarebbe potuto bastare il raccolto di grano locale  per il futuro. E dove risultano del tutto insufficienti anche i concimi. Giungerà  solo ad agosto il  carico di grano, per appena seimila quintali, distribuito agli agricoltori e alle città  minerarie insieme al vino, presso le quali si erano ‘verificate delle lamentele, perchè si tacita prima il fabbisogno dell’esercito’. Compreso quello di gasolio, divenendo sempre più ‘difficili gli spostamenti delle F.F.A.A’, a causa della penuria di carburanti. Del tutto insufficienti anche le scorte di concimi per l’agricoltura, unici provvedimenti possibili, la vigilanza e la chiusura di alcuni negozi, anche per ragioni igieniche, e la  chiusura, pur in contrasto con la popolazione, delle mole sarde, per impedire che il grano venga macinato alla macchia.  Così fino al mese di dicembre, quando l’affondamento dell’ennesimo piroscafo nella costa orientale della Sardegna, contenente quintali di patate e di altri beni alimentari, mette in ginocchio città e provincia: ‘mancano del tutto grano, patate, zucchero e i generi di prima necessità, perchè non arrivano più le navi in porto’.
Intanto, ad agosto, incursioni sull’aereoporto di Elmas e Decimo provocano due  morti e tre feriti tra i militari, si risponde con le difese antiaeree da Cagliari, S. Antioco, Carbonia e Serbariu, a seguito di un mitragliamento a Calasetta, mentre un ‘doloroso incidente si verifica in loco, abbattuti a Cagliari due aerei italiani, scambiati per nemici’.  E poi ancora bombe su Elmas, Monserrato e Pirri, segnalate il 9 novembre 1942, dalla Legione territoriale dei Carabinieri Reali, fino alla più allarmante Relazione prefettizia del 4 dicembre, dopo ‘gli sbarchi nemici nella costa occidentale africana, ancor più  difficile la situazione determinata dallo stato di allarme, poichè non arrivano più i piroscafi a causa della precaria navigazione nel Tirreno’. Tra la popolazione  si è diffuso il convincimento che  la difesa dell’isola ‘non sia molto efficiente dopo che, a seguito dell’occupazione nemica della  Corsica, una delle tre Divisioni ha lasciato l’isola’. Mentre, segnalate questa volta dal prefetto a dicembre, per il mese di novembre, ancora ‘5 incursioni e lanci di bombe dirompenti e incendiarie, 50 spezzonamenti incendiari su Elmas e il territorio circostante, che hanno provocato 9 morti tra civili e militari e 11 feriti’.  E poi, 4 notti di bombardamenti continui su Cagliari, che hanno provocato altre 10 mila persone in fuga’ e sarebbe ottima cosa, aveva già detto il prefetto a dicembre, ‘che lo  sfollamento si  intensificasse e fosse reso obbligatorio ma,  particolari condizioni della provincia, e il fatto che i 3/4 del territorio sia malarico, lo impedisce’. Mentre la difesa costiera, ‘per quanto è dato conoscere, non è molto efficiente, scarsa  di armi atte a impedire un eventuale sbarco nemico, ritenuto molto probabile negli ambienti militari….., così come  ci viene assicurato che le  mitragliatrici, poste a difesa delle coste, mancherebbero dell’olio lubrificante indispensabile al loro funzionamento’. Il fronte interno sempre più indebolito dalla mancanza di cibo, perchè la guerra nel Tirreno si fa dura,  ‘nei giorni di capod’anno viene affondato un sommergibile italiano e poi un piroscafo nei pressi di Capo Ferrato con 7mila tonn di carbone’, destinato alle  Ferrovie dello Stato, che non possono bruciare Sulcis. E intanto proseguono  ‘incessanti le incursioni,  a gennaio, di aerei nemici nei cieli della  provincia. Bombardamento a Elmas il 21, bombe dirompenti e spezzoni e piastrine incendiarie, 5 morti e 22 feriti tra militari tedeschi e italiani. Silurati, vicino a Cagliari, tre piroscafi da carico’. Fino ai fatidici giorni di febbraio: ‘in 12 giorni 3 incursioni su Cagliari, il 17 e il 26 con 400 morti, e il 28 febbraio, per il quale resta  ancora imprecisato il numero delle vittime: semidistrutto il porto e gli edifici della Questura, del Commissariato  e della Ferrovia, mentre la gente invade i rifugi e non ne esce neppure alla ricerca di cibo’. E si  registra ‘un grande disordine nella vita civile, perché irreperibili risultano i capi di industrie e di aziende e gli impiegati’, allo stesso modo, paralizzato l’andamento della  pubblica amministrazione. Fino al  bombardamento del 31 marzo, ‘che affonda ancora due navi nel porto’, su una ‘Cagliari deserta, le camicie nere a vigilare in città, le famiglia alloggiate in baracche,  per evitare le malattie infettive’. Quasi impossibile la distribuzione dei generi di prima necessità, ‘neppure giunti i 12 camion assicurati dal Ministero della guerra, da due mesi manca pane e pasta, dopo che son stati bombardati mulini e pastifici, né sono mai giunti i rifornimenti promessi con i motovelieri’.
Nel mentre,  ‘continua insistente l’attività aerea nemica, 13 sorvoli, lanci di bombe e spezzoni colpendo anche piccoli paesi rurali’. Ormai abitato solo un rione di Cagliari, gli uffici della Finanza, della  Prefettura, le banche  decentrati fuori città. In allarme la popolazione per i continui attacchi aerei, e ci sono ‘85mila persone che vorrebbero allontanarsi dalla costa per paura di sbarchi, e che non possiamo sfollare  per mancanza di  mezzi di trasporto e di alloggi’.      A partire dal mese di maggio, sono i Carabinieri Reali della Legione territoriale di Cagliari, dislocati a  Nuoro, Gruppo interno di Cagliari, a fornire dettagliati rapporti al Prefetto, che invierà poi l’informativa da Lunamatrona, sua nuova sede. Più dura, severa,  la loro disamina, già nel promemoria   del 15 giugno, in cui si denuncia, a firma del tenente Ferruccio Chiesa, la mancanza di nafta per i trasporti della provincia, che l’autorità militare non è disposta a prestare per gli usi civili.  E poi ancora in quello del 17 e 18 giugno, su ‘il bombardamento del 17 febbraio che  ha  distrutto per i 4/5 la città’. Per sottolineare  con indignazione ‘l’assenteismo delle autorità nella rimozione delle macerie e nel soccorso alla popolazione’, confuse esse stesse, le autorità, ‘col popolo nel panico e nella fuga’. E per denunciare  la ‘grave la mancanza di assistenza agli sfollati e ai sinistrati, che ha accresciuto il senso di sfiducia  di cui la cittadinanza è ormai pervasa’. Mentre ‘continua lo sfollamento precipitoso e senza controllo,  e vi sono proteste nei comuni dove si son trasferiti gli sfollati. Quanto mai stentate le condizioni di vita in tutti i luoghi dello sfollamento, dove mancano del tutto grano, zucchero, pasta e, da tempo, il sapone, mancando i mezzi di trasporto’. Soppresse anche le corriere SATAS per mancanza di carburante, paralizzata la provincia, ‘torpore e apatia di tutti gli uffici pubblici, bisogna evacuare del tutto Cagliari’, è l’ultimo accorato appello dei Carabinieri Reali, ‘vi manca di che vivere e, onde impedire i furti, è necessario imporvi il coprifuoco’. Fino al bombardamento di  maggio, il 23 maggio: 1051 i morti in città, dal 1940 al 1943, sotto le bombe, nel corso dell’intera guerra.
Ricompaiono le note del prefetto il 2 luglio 1943, ‘distrutti anche pastifici e molini, da due mesi a Cagliari non si distribuisce il pane, del tutto paralizzati i servizi pubblici’ e, a chiudere sommessamente l’informativa, ‘con la  distruzione di Cagliari, ove è  concentrata tutta la vita economica, industriale e commerciale della provincia, la situazione diventa sempre più critica, per il trasferimento degli uffici in modo disordinato nelle zone interne, mancando i mezzi di trasporto e le comunicazioni telefoniche, a causa delle continue incursioni nemiche.  Dirigenti, funzionari e impiegati hanno abbandonato Cagliari, presi dal panico, le Ferrovie ormai a disposizione solo delle F.F.A.A.’
Ma neanche funzionano gli uffici decentrati dopo la distruzione del capoluogo, leggiamo di nuovo il 17 giugno del 1943, nelle note della Legione territoriale Carabinieri Reali di Cagliari in Nuoro: cessata di funzionare da qualche mese la Regia Questura, cui inutilmente il Comando del  Corpo d’armata aveva chiesto ausilio per ‘uno studio sull’ordine pubblico nel capoluogo’, rallentate anche le attività dell’Arma per deficienza dei servizi postelegrafonici. La provincia è ormai nelle mani ‘della speculazione privata, dapertutto, sui beni di prima necessità, aggravata dalla  presenza di numerosi reparti di truppe italiane e tedesche, i quali sottraggono al consumo popolare la maggior parte della verdura, della frutta, del latte e delle uova ad esso destinate. Conseguentemente lo spirito pubblico è depresso e la fiducia nella vittoria delle forze dell’Asse fortemente scossa, a causa degli insuccessi militari e dei continui bombardamenti. Per il  timore di un imminente sbarco nemico in Sardegna e per la penuria di generi di prima necessità, per il continuo mitragliamento dei treni e delle vie di comunicazione, che impediscono i collegamenti. Un forte malumore deriva, in particolare dalla impossibilità di trovare sul mercato scarpe da lavoro per contadini e operai’. A firma del Tenente colonello del Comando del gruppo, Italo Cristallo.
Per chiudersi, queste informative della regia prefettura di Cagliari sotto il regime fascista,  con la nota del 14 agosto sulle manifestazioni in Sardegna, dopo il 25 luglio: ancora a relazionare al prefetto, nella sua sede di Lunamatrona, i Carabinieri Reali di Cagliari in Nuoro: ‘Il profondo rivolgimento politico iniziatosi il 25 luglio scorso con le dimissioni  del capo del governo, ha avuto in questa zona una vasta eco di giubulo e di sollievo per la diffusa opinione che la caduta del fascismo dovesse coincidere con la fine della guerra. Astenutasi da manifestazioni pacifiste, la popolazione dimostra vivissimo desiderio di pace, gente che poco conosce il contagio di idee estremiste, invece la caduta del fascismo ha dimostrato il tradizionale attaccamento di questa popolazione alla dinastia, mentre  irrimediabilmente segnate si ritengono ormai le sorti della guerra’. A firma del col. Ferruccio Chiesa.

1 commento

  • 1 Steri GianPaolo
    30 Agosto 2023 - 23:35

    Dei feriti a Carbonia non ne ha mai parlato nessuno, mia mamma e sta la più grave dei feriti uno spezzone le ha deturpato la faccia con 44 punti e un’altro spezzone le bucato la fronte, è stata ricoverata per 44 giorni in ospedale salvata da un infermiere che l’ha portata in bici in ospedale. Aveva mia sorella in braccio io le stavo a fianco. Sento ancora il sibilo delle bombe e le urla di mia madre
    A Carbonia dei feriti d i quel tempo non ne ha mai parlato nessuno, una città di menefreghisti, intendo tutti gli amministratori che si sono susseguiti fa 1943 a oggi.

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