Carbonia. Le prime manifestazioni contro la fame in città. Il ’sovversivismo popolare’

19 Luglio 2020
1 Commento


Gianna Lai

Proseguiamo con le puntate domenicali sulla storia di Carbonia. La prima il 1° settembre 2019.

Come dice la storica Giannarita Mele, ’si rompe l’immobilismo sociale che caratterizza la Sardegna’, durante i moti del pane, le manifestazioni popolari  contro la fame, verificatesi in tantissimi centri dell’isola ancora sotto il controllo delle truppe alleate. E a Carbonia, tra la fine del 1943 e i primi del 1944, esse pongono  urgente il problema della protesta che nasce spontanea, senza la presenza di un’organizzazione ben definita. I comunisti sulcitani le avevano definite  ‘un movimento isolato degli operai’, nell’assemblea di sezione del 17 novembre 1943, e avevano stigmatizzato, perciò,  l’uso dello sciopero di piazza come arma di protesta, quando fosse privo di qualunque appoggio da parte del sindacato. Proprio mentre era urgente, invece,  definire l’intesa ‘con tutte le forze dei partiti democratici’,  nel sostegno al Comitato di Concentrazione antifascista appena sorto. In quella stessa riunione, le premesse per l’organizzazione nel territorio  del ’sindacato minatori’, ma ancora avrebbero invaso piazze e strade le proteste ‘improvvise e violente’ di operai, donne e bambini, provocando  immancabilmente l’intervento  dell’esercito  a disperdere i dimostranti, come ricorda  lo stesso Renato Mistroni. E precisa anche, Mistroni,  quale fosse l’impegno dei comunisti nella costruzione di modi nuovi di affrontare  i problemi, proprio a livello di massa. Così come già abbiamo  letto sui verbali delle assemblee 17 e  28 novembre 1943, a proposito della disciplina di partito e dell’imposizione  agli iscritti di rispettarne le decisioni, in particolare, di fronte alle manifestazioni spontanee di piazza. Ed ancora nel verbale del 20 febbraio 1944, dove si delinea chiaramente la proposta dei comunisti rivolta alle autorità locali, al Comando alleato, cioè, ed al prefetto, per la costituzione di squadre, formate anche da iscritti alle sezioni del PCI, che vigilino sui prezzi dei generi alimentari, sulla gestione degli spacci cooperativi, degli alberghi e delle mense operaie. Ponendo, come soluzione finale,  il passaggio di tutte le cooperative di consumo  ad un unico ente provinciale, che avrebbe dovuto assicurare l’approvvigionamento cittadino a prezzi più bassi. E poi, per alleviare le fatiche quotidiane della popolazione,  direttamente gli alberghi avrebbero dovuto assicurare le tessere annonarie agli operai che ci vivevano, carne, pesci e  supplemento di pane, onde evitare loro lunghe code  presso gli spacci aziendali.   Perché, il problema della sopravvivenza doveva essere affrontato subito, non essendo più tollerabili i ritardi e i disordini nella distribuzione dei generi di prima necessità, né  il mantenere ancora a lungo gli operai sotto il ricatto del mercato nero, proprio mentre si fa più drammatica la situazione con l’arrivo continuo di  nuove masse di lavoratori  ad abitare la città.
Interlocutori il Comitato di Concentrazione antifascista, le forze d’occupazione, il prefetto e l’Alto Commissario, di fronte ai quali il nascente sindacato libero vuole essere espressione e rappresentanza degli interessi del lavoro.
Ed è in tale contesto che vanno collocate le prime manifestazioni organizzate  dalle leghe dei minatori, nel gennaio del 1944,  per sollecitare più eque e tempestive  distribuzioni di viveri agli abitanti della città: la protesta sorretta da massicce astensioni dal lavoro, durò ben 15 giorni e, alla fine, gli operai ottennero miglioramenti, seppure temporanei, delle razioni alimentari, ma dovettero riprendere le agitazioni, ancora sostenute dal sindacato e dal partito comunista cittadino, per recuperare il premio di assiduità tolto dall’Azienda ai lavoratori che avevano partecipato alla protesta.
Ne tratta, come abbiamo visto, il verbale di  riunione del 20 febbraio 1944 quando, a metà del mese, nuovi brevi scioperi spontanei contro la scarsità degli approvvigionamenti, si verificarono di nuovo in città. Di nuovo  veri e propri moti per il pane, li definisce di  ’sovversivismo popolare’ Girolamo Sotgiu nella sua Storia della Sardegna durante il fascismo, anche  a San Giovanni Suergiu, Sant’Antioco e Carloforte,  Arbus  e Villacidro, ma anche a Cagliari e nel resto della Sardegna. A Carbonia la protesta parte dai minatori di Tanas  e di Serbariu che, abbandonati in massa i pozzi, attraversano le vie della città,  nonostante l’appello lanciato nei giorni precedenti dal PCI, per invitare i lavoratori a desistere dalle manifestazioni di piazza, quando non fossero organizzate. Si diceva, secondo  voci incontrollate circolanti già da tempo nel Sulcis, che abbondanti scorte di viveri fossero  giunte da tempo in città,  ben custodite dentro i magazzini controllati dagli Alleati, i quali  non intendevano farne distribuzione ai lavoratori, né alla popolazione. Quando la manifestazione, del tutto pacifica, giunse presso il Comando alleato, tra la via Roma e la via Trieste, già imponente per la presenza di oltre duemila operai, un certo numero di persone si staccò improvvisamente dalla folla, dando inizio ai disordini e assaltando il carro del signor Zanfretta, che lì transitava, carico di pane destinato agli alberghi operai. Sembrò il segnale della rivolta, cui avrebbe fatto seguito, nelle ore successive, l’invasione degli spacci di via della Vittoria, Piazza Matteotti e  Corso Iglesias, come racconta Vincenzo Cuttaia: donne e bambini, velocissimi nella formazione di ‘gruppi di assalto’ che, dopo aver fatto man bassa di pane e provviste, altrettanto rapidamente si sciolgono. Madri di famiglia e ragazze che, improvvisamente, irrompono nei locali con forza e  invadono i magazzini, riempiendo sacchi, grembiuli e borse di farina e altri beni, appoggiate dai bambini che, immediatamente, nascondono il bottino nelle case e negli orti più vicini. Una sommossa popolare vera e propria, contro le sofferenze e le privazioni della guerra, assai difficile da contenere per le autorità cittadine e per i dirigenti della sezione comunista. A disperdere la folla direttamente l’esercito, senza tuttavia forma alcuna di violenza ma, nei giorni successivi, una decina di arresti, a seguito delle perquisizioni ordinate dalla polizia, come raccontano i testimoni, Renato Mistroni e Vincenzo Cutaia. Mentre il movimento giovanile comunista  contribuiva al recupero delle derrate alimentari, insieme ai carabinieri, onde  ristabilirne l’equa distribuzione ai vari quartieri, rimasti del tutto privi di beni.  I dirigenti della Sezione Lenin giudicarono molto gravi quei disordini ed anche Velio Spano, dalle pagine di Rinascita, espresse la sua preoccupazione per Carbonia e per gli altri luoghi della Sardegna nei quali  si erano ripetute, allo stesso modo, le stesse  proteste. Causate dalla ‘miseria che gravava sulla popolazione, e tuttavia molto pericolose, perché avrebbero potuto ostacolare la ripresa della vita su nuove basi democratiche’, ed essere utilizzate, ‘dalle forze reazionarie dell’isola, come pretesto per aggravare il clima chiuso di depressione sociale’. Ed anche il Primo Congresso regionale del Partito comunista d’Italia, svoltosi ad Iglesias nel marzo del 1944, avrebbe in quei giorni adottato, nei confronti delle manifestazioni di piazza, una risoluzione che così venne riassunta da ‘Il Compagno’, numero unico del 13 aprile1944, ‘per quanto riguarda la linea politica da seguire in questo momento,  il Congresso ha condannato qualsiasi sommossa, qualsiasi atto inconsulto, che non può che ostacolare il raggiungimento del fine  immediato che si propone il partito, la lotta contro i tedeschi e l’instaurazione in Italia di un governo democratico’.
Così  il racconto dei fatti  nella Relazione mensile del prefetto di Cagliari al Ministro dell’Interno e all’Alto Commissario, 31 gennaio 1944, ‘A Carbonia alcune decine di minatori hanno saccheggiato lo spaccio alimentare. La forza pubblica ha subito dominato  la situazione con l’arresto dei sobillatori e il recupero di molta refurtiva’. Individuando il malessere popolare causato dalla ‘rarefazione dei prodotti alimentari che porta al procacciamento di generi presso il mercato nero e a una sempre maggiore svalutazione della moneta e all’intensificazione del baratto delle merci’. E rifererendo degli stessi eventi nel resto della Sardegna, ‘la Concentrazione antifascista collabora con gli organi governativi…. : spirito di collaborazione anima le autorità alleate civili e militari’.

1 commento

Lascia un commento