Pd e LeU per giustificare il capovolgimento di posizione dal No al Sì creano ulteriore confusione

12 Settembre 2020
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Alfiero Grandi

La scelta del Pd era preannunciata, quindi nessuna vera sorpresa. Purtroppo è una decisione che crea ancora più confusione.  L’ansia di trovare giustificazioni alla decisione di schierarsi per il Si al referendum, dopo avere votato Si nel quarto voto alla Camera capovolgendo le tre precedenti votazioni contrarie, porta a giravolte senza fine e ancor meno convincenti. Peggio il tacon del buso come dicono in Veneto. La proposta ventilata dalla direzione del Pd di lanciare una iniziativa per superare il bicameralismo omogeneo tra Camera e Senato, paradossalmente, conferma che il taglio del parlamento che si voterà il 20/21 settembre è ancora più incomprensibile e inaccettabile, in quanto non è detto che i correttivi migliorino la situazione. Prima il Pd e LeU hanno chiesto dei contrappesi al voto sul taglio del parlamento, con l’impegno di approvare una nuova legge elettorale e apportando altre modifiche alla Costituzione. Ora, non solo dopo un anno è sostanzialmente tutto fermo e la confusione sotto il cielo è grande, ma si cerca di compensare questo blocco, di fatto, oltre che con impegni a parole del tipo faremo questo e quello con una nuova proposta che investe il ruolo della Camera e del Senato, quindi una ulteriore modifica della Costituzione.
Così si delinea un futuro di continue modifiche della Costituzione per aggiustare (il taglio del parlamento) quello che aggiustare non è possibile.
Era già difficile per Pd e LeU giustificare un capovolgimento di posizione, dal no al sì, ora la confusione diventa massima. Se erano queste le vere intenzioni perché semplicemente non si è preteso di cambiare la proposta voluta fortemente dai 5 Stelle e da questi imposta all’attuale maggioranza? Cambiare fin dall’inizio in parlamento il testo avrebbe allungato di qualche mese, ma almeno sarebbe stata risparmiata al paese dopo oltre un anno la commedia delle modifiche richieste e mai arrivate. Del resto il testo del taglio del parlamento è stato sostanzialmente concordato durante il governo Conte 1 tra Lega e M5Stelle e non si vede perché cambiando la maggioranza con l’ingresso del Pd e di Leu non era possibile concordare un nuovo testo, inserendo da subito le modifiche in modo comprensibile.  Naturalmente anche un testo modificato poteva risultare inaccettabile ma almeno tutte le carte sarebbero state sul tavolo e il giudizio sarebbe stato più lineare. Invece così siamo arrivati ad un pasticcio in cui non ci sono veri punti fermi se non il taglio del parlamento, del quale sarebbero beneficiari solo i 5 Stelle, o almeno così pensano loro.  Questa ansia di cambiare qualcosa è solo la conferma che il taglio del parlamento è semplicemente sbagliato. Per fortuna il risultato del referendum può ancora bloccare questa proposta e consentire di discutere dopo la bocciatura di questa manomissione della Costituzione serenamente di come rilanciare il ruolo del parlamento nel nostro assetto costituzionale.
La verità è che sia i contrappesi che questa  nuova trovata di differenziare il ruolo della Camera da quello del Senato sono solo strumenti propagandistici per cercare di convincere a votare comunque sì, ma in realtà confermano che il taglio del parlamento è un grave errore che può avere gravi conseguenze sul futuro della nostra democrazia. Ciliegina sulla torta: forse non ci si rende conto, presi dall’ansia, che la proposta di rendere identici i requisiti per votare ed essere eletti alla Camera e al Senato, rendendo le camere ancora più identiche tra loro, contraddice la proposta di correggere il  taglio del parlamento con una differenziazione del ruolo delle Camere. Se vincerà il No anche la maggioranza parlamentare attuale avrà tutto il tempo per chiarirsi le idee. D’altra parte lo stesso Zingaretti ha affermato che un’eventuale vittoria del No non avrebbe conseguenze sulla tenuta del governo, uno spauracchio agitato strumentalmente per creare il timore di una possibile caduta del governo. La vita del governo non dipende dal risultato del referendum perché il M5Stelle avrebbe tutto da perdere da una crisi con questa motivazioni che porterebbe dritta a elezioni anticipate, quindi la vera posta in gioco il 20/21 settembre è semplicemente respingere il taglio del parlamento. Taglio del parlamento che anziché impostare un rilancio del ruolo del parlamento, centrale nella nostra democrazia, gli porta un serio colpo che rischia di precipitarlo in una condizione di subalternità, compiendo il primo passo verso il superamento del ruolo del parlamento vaticinato da Davide Casaleggio, nel volgere di qualche decennio. La democrazia parlamentare ha certamente difetti ma è l’unica democrazia che conosciamo e che funziona e sarebbe un errore sottovalutare le conseguenze del taglio del parlamento per poi dovere poi rimpiangere successivamente di non averlo bloccato in tempo votando No al prossimo referendum.
La nostra Carta fondamentale non può essere cambiata a seconda delle vere o presunte convenienze di questo o di quel partito, così l’Italia rischia che il taglio del parlamento possa diventare il cavallo di troia per stravolgere la Costituzione, ritenuta fino a qualche anno fa la più bella del mondo anche da PD e LeU. Per cortesia lasciate in pace glorie politiche  del passato, nessuno può seriamente pensare che autorevoli personalità politiche come quelle che vengono richiamate oggi avrebbero mai fatto sceneggiate come Di Maio ed altri con il taglio delle poltrone di carta davanti al parlamento o avrebbero motivato il taglio del parlamento con un ridicolo risparmio di costi.
La vittoria del No diventa ogni giorno sempre più importante di fronte alla confusione e alle contraddizioni della maggioranza che questa iniziativa del Pd non fa altro che confermare.

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