L’ordinamento non può avere lacune: se è in pericolo la salute ci dev’essere pur qualche organo che interviene a tutela!

9 Ottobre 2020
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Tonino Dessì

Eppure, Andrea, qualcosa che non convince proprio sul piano giuridico resta, nel provvedimento collegiale col quale la I Sezione del TAR Sardegna, presieduta dallo stesso Presidente del Tribunale che ha adottato il decreto cautelare monocratico nel senso domandato dai ricorso governativo ha sostanzialmente confermato quel decreto, aggiungendovi qualche ulteriore considerazione in tema di ripartizione delle competenze sussidiarie fra Stato e Regioni e in tema di condizioni epidemiologiche della Sardegna.
Insisto a chiedermi perché il TAR abbia continuato a sovrapporre al tema della delimitazione delle competenze opinabilissime valutazioni epidemiologiche (il giudice potrebbe solo giudicare palmarmente insufficienti quelle addotte dalla Regione come presupposti del fatto, ma, salvo aver disposto l’acquisizione di un parere tecnico d’ufficio accreditato contrario, non potrebbe sovrapporsi di propria scienza alle valutazioni dell’autorità amministrativa).
Secondo me tutto ruota proprio sull’interpretazione delle disposizioni legislative statali che hanno attribuito ai Presidenti delle Regioni la potestà di adottare sul territorio di competenza “provvedimenti più restrittivi” a fronte di un aggravarsi della situazione epidemiologica locale e “nelle more” dell’adozione di DPCM governativi.
Il giudice amministrativo infatti, a mio avviso si rende conto, implicitamente, che potrebbe porsi un problema proprio qualora queste condizioni si verificassero e qualcosa qualcuno dovesse pur fare.
Limitarsi a dire che la Regione non può far nulla e che anche sull’eventuale aggravarsi delle condizioni locali deve attendere (semmai richiedere) nuovi provvedimenti statali generali significherebbe ammettere che l’ordinamento presenta una lacuna irrisolvibile.
Cosa che tuttavia sul piano giuridico non si può fare, perché in ogni situazione occorre trovare la norma applicabile al caso concreto: nel caso dell’amministrazione questo è un obbligo, a pena di rispondere dell’eventuale omissione.
Perciò il TAR ricorre a due ambiti argomentativi di merito, sui quali è lecito dubitare tanto del fatto che rientrino nel potere di apprezzamento del giudice in un processo amministrativo quanto della loro fondatezza nel caso concreto.
Il primo ambito di argomenti deriva dal rilievo che l’ordinanza regionale sarebbe intervenuta immediatamente a ridosso del DPCM col quale il Governo avrebbe adottato misure valide per tutto il territorio nazionale, che il TAR giudica “adeguate” (anche per l’Isola).
Il secondo riguarda tutta la lunga serie di considerazioni del TAR sulle condizioni epidemiologiche dell’Isola volte a contestare quelle contenute nelle motivazioni del provvedimento regionale (senza tener conto, in quanto sopravvenute e inconferenti rispetto all’atto oggetto di esame, le motivazioni supplementari contenute nella nuova ordinanza regionale di proroga della precedente).
Sulla appropriatezza di questa sovrapposizione in questioni di merito mi pare di non dover aggiungere nulla a quanto rilevato nelle due note di Democrazia Oggi, ma non concordo sulla considerazione che si tratti di mero contorno, ritenendo piuttosto che il TAR abbia in tal modo integrato la ricostruzione della fattispecie per completare un iter logico altrimenti deficitario.
È questo, che mi induce a confermare l’opinione circa una decisione conforme a quel “riflesso d’ordine” dei giudici amministrativi ormai consolidato sulla gestione della pandemia, che fa loro propendere “a prescindere” per gli orientamenti governativi, non assumendosi altre responsabilità oltre la contingenza politica del caso specifico.
Ciò detto, alla fin fine, forse è meglio considerare la partita chiusissima.
Ormai i buoi sono scappati e il difetto iniziale della fase acuta (non aver preso centralmente provvedimenti di isolamento delle due “regioni focolaio”), ripetuto all’inverso nella decisione di concludere il lockdown indiscriminatamente (senza prevedere, anche mediante accordi bilaterali tra Governo e Regioni interessate, misure regionalizzate, che mettessero al riparo le Regioni relativamente Covid-safe), ora si ripropone insoluto e non sembra poterlo risolvere un giudice, a nessun livello.
Con una differenza sostanziale in termini diacronici.
Che la pandemia è ripresa, che ci accompagnerà strutturalmente per lungo tempo e che, anche nella forma soft del decreto-legge di ieri, vista la sua non brillante scrittura, si porranno problemi non irrilevanti di gestione amministrativa e persino di ordine pubblico.
A questo punto, sì, meglio che tutte le responsabilità vengano centralizzate. Per motivi metagiuridici, ma anche per opportunità inevitabilmente d’ordine pratico e di conseguenza d’ordine giuridico.

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