Che Stato e che Democrazia

16 Ottobre 2020
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Alfiero Grandi
da www.transform-italia.it

Una riflessione sullo stato della nostra democrazia non può che iniziare da un quadro più complessivo. Da tempo vengono osservati altri paesi per i quali sono stati coniugati nuovi termini come “democratura”, cioè forme istituzionali che intrecciano forme della democrazia, come elezioni più o meno libere, con altre tipiche di un governo accentrato in èlite ristrette e di una burocrazia strutturata che garantisce che le strutture dello stato siano al servizio del potere, fino a comprimere libertà democratiche individuali e le associazioni autonome, a volte superando i limiti delle garanzie basilari e attentando alla vita stessa.
Diversi paesi come la Russia, la Turchia possono essere inclusi in questo blocco e purtroppo l’elenco sta crescendo perchè i poteri economici e finanziari dominanti hanno un occhio di riguardo per queste situazioni, a cui chiedono garanzie ma si guardano bene dal sollevare questioni di libertà e di democrazia. Finanche la Cina in certe fasi è stata guardata con ammirazione.
Altri paesi mantengono l’impianto democratico ma sono guidati da una maggioranza settaria ed escludente, che tende a uniformare il ruolo dello stato e delle strutture pubbliche alla sua ideologia discriminatoria. La conquista della maggioranza viene fatta coincidere con l’occupazione ideologica dello stato, rimettendo in causa conquiste e diritti fondamentali. In questo novero rientrano Polonia,
Ungheria, ecc. dando vita ad una sorta di dittatura della maggioranza che non si fa ritegno di considerare le proprie opinioni le uniche che hanno diritto di esistere e comprimendo autonomia della magistratura e dell’informazione. Anche questa versione, che cerca di mantenere un equilibrio tra mano libera nello sconvolgimento all’interno e relazioni internazionali basate su convenienze, è in crescita e ha un ampio insediamento nei paesi dell’est.
Pulsioni reazionarie, ideologiche, confessionali sono usate in modo spregiudicato in altri paesi, dove non vengono sostanzialmente modificate le impalcature istituzionali, almeno per ora, ma il governare è interpretato come prevalenza di una parte vincente sull’altra, con la conseguente occupazione del potere, che nella versione di Trump arriva a toni di sfida che mettono in discussione l’esito stesso del voto, ove sfavorevole, facendo balenare un uso di parte del giudizio della Corte suprema, che nel frattempo vedrà modificato il proprio equilibrio a favore dei conservatori.
Autoritarismo, toni addirittura fascisti ? La discussione è lecita ma conta soprattutto il mancato riconoscimento dell’avversario e della sua possibile vittoria, quindi è messa in discussione la democrazia dell’alternanza.
Del resto quanto è accaduto negli ultimi decenni dice che il governo dei processi di globalizzazione ha allontanato grandi masse di cittadini dalle scelte politiche ed economiche. Scelte che per definizione avvenivano, ed avvengono, per decisione di circoli ristretti che hanno reso esplicita una concezione della democrazia come mera presa d’atto delle loro decisioni che non debbono essere contrastate e quindi soltanto subite. Gli attacchi ripetuti alle costituzioni antifasciste del sud Europa che prevedono percorsi democratici, garanzie, diritti, come in Italia, hanno chiarito che le sedi politiche non debbono essere autonome e ogni inciampo o messa discussione è visto come un ostacolo.
Il processo di concentrazione dei poteri economici e finanziari è in pieno svolgimento e investirà sempre più i settori bancario e finanziario con ulteriori concentrazioni.
La stessa UE favorisce questi percorsi all’insegna del fare crescere campioni europei, che spesso tanto europei in realtà non sono.
La rarefazione della percezione del potere finanziario sempre più concentrato, ma lontano, inafferrabile, contrasta con l’immediatezza della percezione della rappresentanza politica che diventa insieme il punto su cui si esercita la maggiore pressione dei poteri esterni e insieme il punto di scarico delle aspettative deluse e dello scivolamento verso la precarietà di fascie crescenti di popolazione, in particolare giovanile. Il potere politico conta sempre meno nelle scelte reali sotto l’attacco dei poteri economici e finanziari e nello stesso tempo è sempre più deludente per le aspettative di una parte crescente della popolazione che viene emarginata, condannata alla precarietà, isolata nella propria individualità impotente Ancora di più ora, di fronte alla crisi di credibilità della politica, in particolare di quella alternativa che risulta essere scarsamente credibile.
In questo humus nascono e crescono domande che non hanno risposte politiche, si creano situazioni di esclusione che portano a rabbia e ribellione e, in assenza di altre risposte, si rivolgono a demagoghi autoritari che non a caso sono gli interlocutori preferiti dei poteri internazionali. La crisi economica e sociale che già esisteva (l’Italia non è mai tornata ai livelli del 2008, nemmeno prima delle conseguenze del Covid) è stata aggravata dai contraccolpi della pandemia.
La frantumazione della società, l’individualizzazione dei drammi sociali in assenza, dei legami storici precedenti, porta  inevitabilmente a stabilire nuovi rapporti, nuove aggregazioni e favorisce il riflusso a concezioni e ideologie precedenti, a subire il fascino di espressioni di supremazia e forza. Questa crisi coinvolge diversi piani, compreso quello delle relazioni internazionali, ormai segnate dalla convenienza dei più forti, assenza in di sedi efficaci di definizione internazionale dei conflitti.
Le divaricazioni sociali sono cresciute durante la pandemia, hanno respinto ai margini della società parti importanti, che hanno accumulato un risentimento senza precedenti, impotenza, frustrazione ma anche con reazioni in grado di sconvolgere assetti ed equilibri.
I populisti si inseriscono in questo punto: la crisi di credibilità delle classi dirigenti è dovuta alla loro subalternità ai poteri economici e finanziari che hanno lucrato con la buona e la cattiva sorte. Non è un caso se Biden ha denunciato nel confronto con Trump l’enorme arricchimento dei già ricchi proprio durante la crisi provocata dalla pandemia. Mentre la società ribolle di risentimento per essere stata abbandonata.
La divaricazione sociale è cresciuta a dismisura e le sinistre non sembrano in grado di progettare  una riunificazione che riduca drasticamente le disuguaglianze, proponendo un nuovo patto tra le classi, tra le aree sociali, tra le persone.
Papa Francesco svolge oggettivamente un ruolo importante perchè ridefinisce la speranza in termini attuali sia per quanto riguarda il pianeta, il futuro della vita su di esso, che per quanto riguarda la priorità del ruolo delle persone. Non è ancora una risposta politica in senso proprio, ma indica un percorso da cui potrebbe originare un filone alternativo di grande interesse e fecondità.
È evidente che una società lacerata, che assiste all’abbandono di intere sue parti, che nega un futuro ai giovani e un equilibrio sociale tra le generazioni crea uno spazio per pulsioni accentratrici e autoritarie, che potrebbero attecchire tanto più di fronte alla crisi delle posizioni populiste organizzate come quella del M5Stelle.
L’Italia è dentro questo contesto e le pulsioni autoritarie e accentratrici la percorrono.
Per questo è importante che le sinistre, comunque definite ed orientate, comprendano che il qui ed ora si chiama organizzare con idee forti e nuovi legami di solidarietà sociale e politica una alternativa possibile alla crisi del populismo facilone e declamatorio, le cui iniziative hanno mostrato contraddizioni e negatività non di poco conto e che ora rischiano di lasciare il passo a una svolta a destra, i cui connotati non sono gli stessi del passato.
Forza Italia ad esempio aveva un difetto di fondo all’origine, che l’ha portata a votare e fare votare in parlamento che Ruby era la nipote di Mubarak, forse il momento di crisi più radicale del ruolo del parlamento, tuttavia non aveva le pulsioni della destra attuale perchè dal suo punto di vista cercava ancora una sintesi, un equilibrio, anche perchè in campo c’era una risposta sindacale di grande forza.
Le pulsioni della destra attuale come ho scritto da tempo vanno in una direzione apertamente eversiva, almeno rispetto all’attuale Costituzione. Non è una mera interpretazione di destra della democrazia costituzionale.
Il M5Stelle ha la responsabilità di avere aperto un varco alle modifiche della Costituzione con il taglio del parlamento, accettato da buona parte della sinistra politica, che purtroppo il referendum non ha cancellato. Ma se la destra avrà la maggioranza di un parlamento futuro dimidiato, messo sotto scacco, indebolito le conseguenze saranno eversive della Costituzione. Se questa destra attuale vincerà andremo dritti verso il presidenzialismo, dove il presidente non sarà più garante ma sarà il capo della fazione che vince le elezioni, mentre le regioni avranno un potere che finora non hanno avuto, fino alla richiesta del Veneto di Zaia di avere una totale autonomia sul modello del Trentino-Alto Adige.
Tutte regioni a statuto speciale, attraverso il percorso dell’autonomia differenziata, per rendere addirittura “necessario” il presidenzialismo per tenere insieme l’Italia. Naturalmente l’altra faccia di
questo disegno è una separazione del nostro paese sulla base delle velocità e della forza economica, in modo che chi è in grado si collega all’Europa e chi non può si deve rassegnare ad un ruolo residuale. È una rinuncia al principio dell’unità 0nazionale. A questa sovversione della Costituzione e del suo impianto istituzionale verso un decentramento che slabbra l’unità nazionale e crea di conseguenza un assetto accentrato e autoritario, corrisponde un assetto economico e sociale che ripropone vecchi obiettivi come le gabbie salariali e il dualismo economico, lenito da un poco di solidarietà compassionevole.
Una società e un assetto istituzionale come questi non sono solo un pericolo ma un disegno che avanza sull’onda di egoismi, di visioni miopi e sta conquistando posizioni, rischiando di diventare egemone e purtroppo non trova una resistenza degna di questo nome, che si può esprimere e si motiva solo se si ha in mente un’alternativa a questo disegno, che purtroppo finora la sinistra sparsa e rissosa che esiste oggi non sente come la priorità che dovrebbe sovrastare tutto. Questa infatti dovrebbe essere la priorità su cui fare convergere le idee e le forze per tentare di bloccare questo scivolamento che a molti sembra inevitabile e che guarda caso può essere funzionale ai poteri sovranazionali che soffrono la politica dei controlli e dei condizionamenti e che puntano a togliere quel tanto di autonomia decisionale che ancora lo stato potrebbe giocare nella partita per fare tornare l’interesse di tutti dominante a partire da quello dei più deboli e ai margini.
L’Italia corre rischi di autoritarismo, senza dubbio. La palude rischia di inghiottire le sinistre e il loro stesso significato. La disattenzione con cui si guarda allo scivolamento nell’uso delle decretazioni, dei Dpcm ne è la conferma. Pur di tirare avanti sembra che tutto sia sopportabile, invece non è così, quando di prendono cattive strade tornare indietro diventa difficile e a volte impossibile. Ripristinare un corretto funzionamento democratico è una priorità e ridare alle assemblee rappresentative il ruolo che dovrebbero avere è una priorità. Le forze economiche e finanziarie dominanti vogliono mano libera e solo a queste condizioni sono disponibili a un capitalismo compassionevole.
Le sinistre debbono decidersi, o accettano definitivamente di essere subalterne e di conseguenza la società troverà altri canali per farsi rappresentare, altri modi ed altre forme per farsi sentire, oppure
si pongono apertamente l’obiettivo di reagire, di chiamare a raccolta attorno ad alcune bandiere fondamentali di difesa e affermazione dei principi costituzionali fondamentali, recuperando un ruolo
che altrimenti al di là del nome sarà solo quello ci partecipare alle elezioni per fare eleggere un poco di rappresentanti, quasi in attesa, non si capisce quanto consapevole, in attesa che il capovolgimento istituzionale incentrato su regioni e presidenzialismo lasci il passo ad una destra consapevolemente al servizio dei poteri forti che esistono più che mai e che sono sempre più forti, visto che la concentrazione della ricchezza ha raggiunto livelli mai esistiti in precedenza e la disuguaglianza ha raggiunto livelli mai raggiunti prima.
È una fase cruciale, nella quale si deciderà del futuro di tutti e sarebbe bene non lasciare solo al Papa di svolgere il suo ruolo e di mettere in campo un’alternativa politica con al centro questioni di fondo come la salvezza del pianeta e dell’ambiente, il diritto delle persone ad avere un lavoro degno e condizioni di retribuzione di vita accettabili e condivise. Ambiente e lavoro sono ormai inscindibili.

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