PNRR. È in gioco una questione di democrazia

21 Aprile 2021
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Alfiero Grandi

 

Pubblichiamo la relazione introduttiva al convegno sulla transizione ecologica indetto, fra gli altri, dal Coordinamento per la democrazia costituzionale.

Tre Associazioni hanno deciso di sfidare il governo ad essere coerente con le affermazioni di Draghi alle Camere sulla transizione ecologica al momento dell’insediamento. Sfidiamo il Governo ad avere coraggio nelle scelte, ad ascoltare i cittadini e le loro associazioni. Il governo Conte aveva costruito un PNRR essenzialmente raccogliendo i progetti già esistenti in materia di energia, di ambiente, di innovazione, sembrava restare solo il problema di ridurre i progetti per fare bastare le risorse. Era stata immaginata una struttura esterna alle istituzioni (governo, parlamento, regioni, comuni) per decidere e attuare i progetti. Non era previsto l’ascolto della società, delle associazioni, degli esperti, per costruire scelte condivise. Oltre un terzo delle risorse messe a disposizione dall’Europa venivano destinate a sostituire spese già decise, finanziate dal bilancio dello Stato, riducendo così l’impatto potenziale di queste risorse straordinarie per rimettere in moto occupazione, ricerca, investimenti. Capiremo nelle prossime settimane se Draghi presenterà in parlamento proposte coraggiose e radicali. La pandemia, ad esempio, ha dimostrato che per Europa ed Italia è indispensabile essere sostanzialmente autosufficienti nella produzione di strumenti sanitari, di medicinali in grado di garantire la salute, il bene primario. Il documento sulla transizione ecologica del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, dell’Associazione Laudato Sii, dai giovani di NOstra avanza proposte prima che il Governo abbia deciso, con l’intenzione di insistere anche dopo. È in gioco una questione di democrazia. Il problema di fondo è introdurre nel sistema economico e sociale italiano una forte accelerazione di ricerca e innovazione sulla transizione dall’uso dell’energia fossile a quella da fonti rinnovabili, la cui estensione in Italia da tempo ha rallentato proprio quando doveva accelerare. Perché si realizzi l’ipotesi minima di 200 nuovi GigaWatt di fotovoltaico nel 2050 bisogna realizzarne almeno 80 entro il 2030, così occorre il ricorso massiccio all’eolico offshore, per il quale l’Italia ha tecnologie e competenze, finora usate all’estero, per questo sollecitiamo il Ministro competente a presentare all’Unione europea il piano per la realizzazione in mare, ad esempio a Civitavecchia. Né si comprende perché questa scelta dovrebbe essere fatta nell’Adriatico e non nel Tirreno, se non per la resistenza conservatrice dei gruppi energetici che preferiscono continuare con l’uso del fossile. Certo, si rendono conto che il carbone è al capolinea, ma tentano di mantenere ancora l’uso del gas per produrre energia elettrica in grandi impianti centralizzati, facendo correre all’Italia il rischio di contraddire gli impegni di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050. Una combinazione tra eolico off shore, fotovoltaico, idrogeno prodotto rigorosamente con energia verde, un’accumulazione importante per coprire gli eccessi di domanda di erogazione potrebbero consentire di cambiare a fondo l’economia italiana e di riconvertire aziende energivore, che hanno per decenni messo in contrasto ambiente e lavoro, che spesso hanno prodotto inquinamento nocivo per la salute e l’ambiente, insieme a disoccupazione. Un grande sogno da realizzare: rendere coerente il rispetto e il risanamento dell’ambiente, a partire dall’atmosfera, con la creazione di innovazione, di ricerca e di posti di lavoro di qualità, per lasciare alle future generazioni un mondo migliore di quello che abbiamo trovato. Per questo non serve cambiare la Costituzione ma le politiche energetiche e ambientali. Da settori imprenditoriali e finanziari vengono proposte conservatrici. Non si taglia l’emissione di CO2 per un favore all’Europa, ma per noi stessi, la nostra vita, la sua qualità, per il futuro dei giovani. Il PNRR non è la diligenza da svaligiare per continuare i propri affari, per giustificare le scelte aziendali. I fondi europei per l’Italia debbono essere indirizzati al futuro. Per questo va respinto in Europa il tentativo di rilancio del nucleare da fissione che una forte lobby guidata dalla Francia vorrebbe fare passare come energia rinnovabile per ottenere i soldi europei. L’Italia deve impedire il rilancio del nucleare da fissione, tanto più per produrre idrogeno, per di più costa meno farlo con le rinnovabili. Le dichiarazioni rassicuranti di uffici studi compiacenti sui depositi di scorie radioattive sono funzionali a negare che il nucleare non solo è una tecnologia a rischio catastrofico, ma è un percorso senza uscita e nessun paese finora ha risolto il problema del confinamento delle scorie nucleari. Questo seminario si collega idealmente con le proposte delle associazioni ambientaliste, della coalizione Clima, con la lettera aperta dei “veterani dell’energia”. Appoggiamo la richiesta dei giovani di Friday for future di essere coinvolti nelle decisioni. I sindacati possono svolgere un ruolo importante per superare fratture storiche tra lavoro e ambiente perché oggi è possibile avere più lavoro di qualità nel pieno rispetto dei vincoli ambientali.

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