Privilegi della casta. Lo speaker della Camera dei Comuni si è dimesso. E la Lombardo?

23 Maggio 2009
2 Commenti


Amsicora

C‘è chi ha chiesto di farsi pagare il giardiniere, chi la disinfezione della piscina, chi il mutuo per la casa: dall’otto maggio il Daily Telegraph, giornale conservatore, pubblica le note spese, sino ad allora gelosamente custodite dal personale della Camera dei Comuni. Il Palazzo è stato preso in contropiede, costretto già dalla giustizia a rendere pubbliche entro la fine dell’anno le richieste di rimborso avanzate dai parlamentari. Sinora erano commissioni ad hoc a fissare ogni anno le norme in materia di rimborso spese, senza alcun controllo indipendente e terzo. Sono gli esiti dei principi dell’interna coporis e della cosiddetta autodichia, secondo cui sulle questioni interne alle assemblee parlamentari decidono gli stessi organismi interni, senza intromissioni esterne, neppure della magistratura. Un principio giusto in tempi di vita costituzionale ispirata a normali criteri morali, una regola discutibile quando si perde di vista l’importanza e il rigore della funzione.
In realtà, l’indennità parlamentare è stata introdotta per consentire a tutti i cittadini di poter essere eletti. I primi deputati socialisti nell’Italia di fine ottocento a Roma facevano la fame. Ce ne fu uno che, non potendosi pagare l’albergo per l’indigenza, dormiva in treno, nel vagone letto  (i biglietti ferroviari gratuiti erano allora l’unico trattamento di favore per i parlamentari).
Acqua sotto i ponti ne è passata! Ora, in Inghilterra, al di là dello stipendio annuale, poco piu’ dell’equivalente di 70mila euro, gli onorevoli britannici il cui collegio elettorale sia esterno alla capitale, hanno diritto a un assegno per la casa a Londra di circa 27mila euro all’anno, e piu’ di 100mila euro per pagare i collaboratori. La diaria è di 28 euro, mentre i viaggi all’interno del Regno sono rimborsati senza limitazioni.
Le norme che regolano i rimborsi spese, interpretati con spirito allegro, hanno portato agli abusi, soprattutto in merito agli esborsi per il domicilio londinese. C‘è chi come il ministro Hazel Blears ha indicato come residenza secondaria l’appartamento di Londra ma quando l’ha venduto l’ha dichiarato come prima casa in modo da non pagarci le tasse. “Mi sono attenuta alle regole della Camera, dice indomita, alle regole del Fisco. Certo, capisco che la gente sia indignata, e mi rincresce per tutta questa storia.” Non scapperà col malloppo, e il ministro ha promesso di rimborsare circa 13imila sterline. Altri, dimissionari, si sono impegnati a farlo, e nelle casse dello Stato dovrebbero rientrare, per ora, circa 130mila sterline.
Heather Brooke, la giornalista americana all’origine di tutta la vicenda, non fa sconti alla classe politica britannica.“Decisamente ai parlamentari è sfuggito qualcosa su come cambino le democrazie, e i rapporti cogli elettori. Pensano ancora di vivere in una sorta di età feudale, di oscuro medioevo dove siamo tutti contenti che spendano disinvolti i nostri quattrini senza dirci il perché e il per come.”
E come darle torto. Ne ha dovuto prendere atto anche il Presidente della Camera dei Comuni costretto alle storiche dimissioni.
Sorge spontaneo un quesito: se l’opinione pubblica avesse nel nostro Paese il peso che ha avuto in questo caso nel Regni Unito quanto tempo Fini e Schifani rimarrebbero al loro posto? E, venendo alla nostra amata isola, quante preoccupazioni dovrebbe avere la Lombardo! I privilegi dei consiglieri regionali sono tali e tanti (anche quelli di chi - come me - lo è stato) da essere ingiustificati e ingiustificabili.
La Presidente Lombardo ha appena assunto la carica e, dunque, più che dimettersi dovrebbe promuovere una revisione del trattamento. Con quale idea guida? Anzitutto di dare la più ampia pubblicità alla materia. Leggi, regolamenti, atti amministrativi, statini sulle rogazioni: tutto in rete, senza esenzioni. Secondariamente, ancorare il trattamento strettamente alla funzione di rappresentante del popolo sardo e alla dignità sua e dell’Assemblea. Niente di meno, ma nulla di più, senza nessun cedimento  a facili demagogie  senza inutili privilegi. Il che vuol dire anzitutto che il trattamento deve consentire al Consigliere una tenore di vita buono, pari, per intenderci. a quello di un buon giornalista o di un buon professionista o di un magistrato o di un alto funzionario. Niente di meno, ma niente di più. Tutte le altre erogazioni devono essere strettamente finalizzate all’esercizio della funzione. E dunque niente macchine blu o altro se non quando si rappresenta ufficialmente l’istituzione. Ai miei tempi c’era un questore non cagliaritano, di cui non si conosceva la voce perché mai è intevenuto in Consiglio, che imperversava per i paesi e gli stazzi del suo collegio elettorale, recandosi a pranzi, cene, matrimoni, battesimi e cresime, sempre con auto blu e autista al seguito. Era necessario alla funzione? Credo porpio di no.
Lo stesso discorso vale per la delicata questione della “pensione”. Il mio barbiere ha 77 anni, lavora dall’età di 12 (da ben 65 anni!) e non smette perché percepisce una pensione di 800 euro. Si può con una o due legislature avere 5 volte tanto? Direi proprio di no. Ma c’è la dignità della carica o in questo caso la dignità per averla svolta. Si potrebbe obiettare che in tanti casi è molto più dignitosa la lunga vita  operosa del mio barbiere e di tanti altri poveri pensionati rispetto a inconcludenti ed anonime consiliature. Ed è vero. Ma ammettiamo che qui ci sia una speciale dignità da considerare e tutelare. Ed allora facciamo come per la legge Bacchelli, sì quella che assicura una vita dignitosa ai vecchi uomini di cultura in povertà. Lo Stato assicura loro un assegno per campare dignitosamente. Per i consilieri e i parlamentari questo vuol dire che avrebbero diritto a pensione a carico dell’istituzione solo coloro che non hanno una pensione propria. O ancora che hanno diritto ad un’integrazione coloro che, pur avendo una pensione, non raggiungono un minimum, che potrebbe essere fissato in 2.500-3.000 euro mensili. Una riforma di questo genere farebbe risparmiare all’erario un bel po’ di soldi, ma sopratutto farebbe passare l’idea che il mandato rappresentativo non è un privilegio ma una funzione, ossia l’esercizio di un pubblico potere a fini generali.
C’è poi tutta la partita della rappresentanza locale (circoscrizioni, comuni, province etc.) e degli enti (presidenze, CdA etc.) dove la funzione non giustifica assolutamente i lauti compensi, veri stipendi, che spesso sono fissati dagli stessi beneficiari. Si dovrebbe tornare all’idea che queste funzioni si esercitano per spirito di servizio, tendenzialmente a titolo gratuito.
Si parla tanto di democrazia partecipativa. Ecco una materia dove questa dovrebbe trovare applicazione. Ad esempio, con giurie popolari scelte con criteri di razionalità e competenza. A queste dovrebbe essere affidati il compito di definire pubblicamente la proposta di trattamento. senza demagogie, ma con l’idea che nessuno possa autodeterminarsi il trattamento economico. E’ un’idea semplice e chiara. Le giurie del resto sono ben note nella letteratura giuridica e sono già state più volte sperimentate sopratutto all’estero. Giriamo la proposta alla presidente Lombardo, dichiarandoci fin d’ora disposti (con spirito di servizio, s’intende!) a collaborare alla sua realizzazione.

2 commenti

  • 1 M.P.
    23 Maggio 2009 - 17:46

    Le tue considerazioni, che tu hai spiegato in modo semplice e chiaro, sono assolutamente identiche a quelle di tutte le persone di buon senso.
    Se la Sardegna dovesse diventare indipendente, come si furoreggia questi giorni (lo dico senza ironia perchè sono perfettamente d’accordo con l’iniziativa, speriamo che serva!) allora questi conticini che tu proponi servono e come!
    Più difficile farlo per l’Italia tutta, dove la cosa sarebbe del tutto impossibile in quanto, prima di arrivare a soluzioni del genere, come minimo ricomincerebbe la stagione delle stragi (stai attento anche tu, prudenza nel proporre roba del genere!).
    Se come dici hai esperienza diretta (ma come te altri qua dentro), non sarebbe male divulgare tutti gli sprechi sardi, comprese le Province e le sette vite delle Comunità Montane o come diavolo si chiamano adesso. Poi l’insieme di altri Enti con funzionari e managers. Limitando l’analisi alla Sardegna si potrebbe anche riuscire a fotografare bene la situazione e a renderla comprensibile a tutti i sardi.
    Ci sarebbe da leggere per il prossimo inverno!

  • 2 Enea Dessì
    23 Maggio 2009 - 19:33

    Qualcuno degli eletti nei consigli provinciali sardi, per percepire il trattamento previsto per coloro che risiedono a più di 50 Km dalla sede provinciale, ha cambiato residenza. Mi viene in mente il fascista che riportava a Mussolini: “Duce, Duce, i fascisti rubano” e la risposta fu “non sono fascisti, sono italiani.” Mi viene in mente che anche qualcuno (comunista) addebitava i costi dei propri massaggi shiatzu sui conti della camera dei deputati. Comunque la proposta di Amsicora la ritengo giusta e degna di essere presa in considerazione.

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