Tra incendi e apparati dove va la Sardegna?

29 Luglio 2021
1 Commento


Andrea Pubusa

Scorrendo i titoli dei giornali sardi, leggere il testo è troppo doloroso, ti colpiscono alcune notizie. Questi giorni certamente la distruzione dei boschi è il fatto che colpisce. Altri, per esempio Tonino Dessi’ su questo blog, hanno fatto le loro analisi e hanno proposto i loro rimedi. Tonino con la speciale competenza che gli deriva dall’essere un ambientalista da sempre (da quando era un eccesso esserlo di fronte all’industrialismo imperante), l’artefice dell’impianto della legge urbanistica regionale e dall’essere stato un ottimo assessore all’ambiente per quel mix di competenza, conoscenza delle situazioni e amore per la Sardegna che lo ha sempre caratterizzato.
Non ho nulla da aggiungere, se non che questo scempio, questa devastazione, sembrano segnare un passaggio di fase, mettere in luce uno strappo tra la coscienza popolare e l’ambiente in cui viviamo. L’ambiente cessa di essere il contesto prezioso in cui la comunità vive e diviene oggetto esterno di razzia. Molti di noi non ne capiscono o intuiscono la ragione, ma e’ proprio l’imprescrutabilità delle motivazioni, la loro insensatezza, la loro follia, a rendere angosciosa la situazione.
E’ lo stesso distacco in fondo che si manifesta fra politica e problemi della comunità. E in questo non c’è distinzione fra maggioranza e opposizione, fra Solinas e Zedda, omologhi anche nel loro percorso, in cui in fondo i proclami sono solo strumentali a raccogliere voti, ad acchiappare il seggio.
L’espulsione del territorio dai beni fondamentali da salvare è uguale all’espropriazione della politica dalle comuniutà. Siamo insomma una regione senza testa e senza corpo.

La distruzione dell’ulivo millenario di Tanca Manna a Cuglieri ne e’ il simbolo.

L’altra notizia che mi ha colpito a questo proposito è il passaggio del presidente della seconda sezione del Tar, dalla funzione giudicante a quella di segretario generale della regione. E sia ben chiaro non ne faccio una questione di managerialità, latitante un pò dappertutto; no, mi colpisce che un alto magistrato si riduca al ruolo di collaboratore di un dato ceto politico discutibile e mediocre, nel caso nostro impersonato dal Solinas. Ho sempre avuto profonda stima e rispetto per il dott Scano e la confermo, ma proprio per questo vedo in questa sua scelta una deminutio del suo ruolo. C’è anche un’altra considerazione che faccio, da cittadino e da avvocato: quante perplessità sulla terzietà del magistrato discendono da scelte che, seppure ad alto livello, lo pogono in posizione latamente “servente” della politica.
La magistratura amministrativa ha sempre avuto questa vicinanza con l’amministrazione, nasce dal suo grembo nella seconda metà dell’Ottocento, e non se ne è ancora staccata, ma, proprio per questo, quante decisioni destano il sospetto di non essere assunte in perfetto punto di diritto?
Ci vorrebbero gesti di rottura, di limpida distinzione dei ruoli, e quello del dr. Scano mi pare vada i direzione opposta.

1 commento

Lascia un commento