L’esercito europeo è necessario?

24 Settembre 2021
2 Commenti


Andrea Pubusa

Sale forte il tam tam. E’ necessario un esercito europeo. L’assenza di politica comune di sicurezza costituirebbe a breve o medio termine la principale minaccia alla sopravvivenza degli Stati membri contro i nemici esterni. La strada per raggiungere un obiettivo così ambizioso è ancora molto lunga. Secondo i sostenitori, bisogna accelerare.
Lo scorso anno alcuni membri dei SPD del Bundestag hanno proposto la creazione di un esercito europeo comune. Fritz Felgentreu e i suoi colleghi ritengono che, in quel campo, l’Europa abbia ancora molto da fare e forniscono un progetto di risposta concreta. Propongono che questo esercito sia comune e «comunitario»: in altri termini, che venga integrato nelle istituzioni dell’Unione, che sia composto di soldati europei e non di contingenti degli eserciti nazionali. Secondo la proposta SPD l’esercito europeo dovrebbe essere non solo compatibile ma complementare nella difesa dell’Europa  con gli eserciti nazionali; l’appartenenza alla Nato e fuori discussione.
Non mancano ovviamente le critiche. Anzitutto c’è chi obietta che «L’UE non è uno Stato, ma i suoi membri lo sono. È qui che la proposta dello SPD fallisce fondamentalmente». Altri fanno notare che non tutti gli stati son d’accordo per l’esercito comune  e che «L’UE non sopravvivrebbe a lungo ad una operazione militare della Commissione europea contro la volontà di alcuni Stati». In altri termini quali organi presiedono  all’elaborazione delle grandi linee della politica di sicurezza e assicurano la sua corretta attuazione? Chi decide il dispiegamento dell’esercito europeo? E’ il Presidente della Commissione a ordinare un’operazione militare? Su autorizzazione di chi?
Come si vede si tratta di quesiti pesanti e ineludibili, ma c’è la madre di tutte le questioni: questo esercito sarà puramente difensivo e dovrà operare solo in Europa o potrà essere impiegato anche fuori? Potrebbe partecipare ad operazioni di peace making? Ossia a forme di occupazione mascherata di territori non europei? E i costi per mantenere un esercito cd questo tipo che non voglia essere una burletta? Si stima necessario un esercito di almeno di 100.000 soldati in grado di dispiegare 35.000 uomini in modo continuo, per un costo stimato a 25 o 30 miliardi di euro l’anno, ovvero l’equivalente dello 0,3 % del PIL degli Stati membri. E’ «finanziariamente responsabile» per l’Unione destinare un tale importo per un esercito comune?
Di fonte a tali e tati problemi, non sarebbe meglio pensare ad un’Europa di pace e basta?
No, l’esercito europeo non è una necessità. Un’Unione senza esercito comune è garanzia di pace.

2 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    24 Settembre 2021 - 08:28

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=127226

  • 2 Tonino Dessì
    24 Settembre 2021 - 13:44

    Considero il punto di vista esposto non solo idealmente condivisibile, ma anche realistico considerando anche più nella concreta attualità le questioni implicate. Gli USA stanno adottando definitivamente una strategia che poggia su due gambe distinte. All’alleanza indo-pacifica con India, Giappone, Australia, UK (che è integrata dal presidio sudcoreano e dalla tutela politico-militare di una Taiwan già armata fino ai denti) affidano il controllo di quell’area strategica, in chiave di contenimento della Cina. Alla NATO lasciano lo spazio nordatlantico in chiave di controllo sulla Russia, col supplemento dell’area mediterranea, mediorientale e nordafricana. Avranno semmai il problema che, essendo il perno di entrambe le alleanze, dovranno coordinarle in modo non troppo contraddittorio: però potranno giovarsi di un sistema articolato e politicamente flessibile. La UE, differentemente dai suoi singoli Stati membri aderenti alla NATO, in quanto organizzazione effettivamente è fuori da entrambi i sistemi. In queste settimane, con le dichiarazioni della Van Der Leyen, dopo il disastro afghano e dopo la crisi connessa alla disdetta australiana della commessa di sommergibili francesi, si sta cominciando a prendere atto con preoccupazione della rotazione unilateralmente praticata degli interessi strategici statunitensi e si è ricominciato a parlare di una consistente struttura militare comune dell’Unione. La prima, immediata difficoltà interna si è posta proprio con la Francia, che in virtù della propria force de frappe nucleare si è subito candidata a essere il leader della struttura militare europea. È una cosa che nel Continente non va praticamente bene a nessuno. Ma la discussione rischia persino di essere del tutto vana, se non si chiarisce a quale politica estera comune dovrebbe servire una forza armata europea. E anche qui rischiano di esplodere le contraddizioni. Fra l’altro soprattutto tra la Francia da una parte e dall’altra la Germania, la Spagna, l’Italia, in particolare, Paesi i cui approcci al Nordafrica sono del tutto differenti da quelli neoimperiali e postcoloniali francesi. Per non parlare del complicato problema della Russia, che due presenze armate occidentali ai confini, quella atlantica e quella europea, non potrebbe non considerarle ostili. Forse, prima di ragionare di questioni militari, sarebbe meglio ragionare in termini di nuova politica verso l’Est e verso il Sud. Lo smarrimento per il sentirsi praticamente estromessi dall’area indopacifica (quasi fossimo alla vigilia del decadimento della centralità mediterranea che seguì alla scoperta delle Americhe), non dovrebbe farci dimenticare che sia in termini di politiche di pace, sia in termini di riequilibrio economico globale, la Russia può essere, fra le grandi potenze, quella più interessata a un rapporto positivo con l’Europa per sfuggire alla tenaglia sino-americana e che l’Africa con analoghe problematiche geostrategiche resta una delle frontiere decisive per il futuro del Pianeta.

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