Carbonia 1948. Nove i morti della miniera in quell’anno. Proteste operaie sul salario e campagna per il Consiglio di gestione

31 Ottobre 2021
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Gianna Lai

Nuovo post domenicale sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

Nove i morti di quell’anno nelle miniere di Carbonia 1) e intanto sono anche ripresi numerosi i  licenziamenti, fin dalla prima settimana di gennaio, mentre continua lo stillicido sul ritardo nel pagamento dei salari, denuncia  L’Unità il 2 di quel mese, “per mancanza di fondi, dicono dalla Ceva gli impiegati”. Certamente responsabilità grave dell’azienda, ancora  una volta, costringere gli operai alla protesta sul salario, cui si aggiunge il mancato riconoscimento delle indennità già definite in accordi Confindustria-CGIL,  ed è la stessa  Relazione prefettizia, alla voce Pubblica sicurezza, ad annunciare lo stato di agitazione del 5 gennaio di duemila minatori, tra Bacu Abis, Nuraxeddu e Serbariu,  per non aver ricevuto l’acconto sul salario. E poi il 14 gennaio, sempre per  la mancata corresponsione delle paghe  dato che, come denuncia ancora L’Unità del 16 gennaio, “solo l’80 per cento del salario è stato corrisposto a Carbonia”. Mentre si allarga il fronte della protesta, nello stesso giorno all’intero Iglesiente, dove gli operai della Pertusola manifestano contro la riduzione della giornata lavorativa da 6 a 5 ore, a causa delle gravissime ripercussioni sul salario. E cresce dovunque l’allarme per le  minacce del governo su una possibile riduzione delle indennità di carovita in caso di ” scioperi e proteste” e in città, sopratutto,  per l’arrivo continuo di forza pubblica contro la mobilitazione popolare.  “Stamani  a Carbonia sono affluiti numerosi camion di carabinieri del battaglione mobile, armati di moschetti”, si legge ancora su L’Unità del 16 gennaio, massiccia presenza di forza pubblica e non per semplice vigilanza, se ancora umerosi sono i fermi di lavoratori in quei mesi, “arresti di operai a Carbonia ad opera degli sbirri di Scelba”, avrebbe ancora denunciato, sempre  L’Unità, il 13 marzo successivo. A seguito  degli “scioperi a catena”, così la questura di Cagliari nella nota al prefetto, in corrispondenza della campagna per il sostegno al Consiglio di Gestione, subito dopo insediato alla Carbosarda, e della campagna elettorale per il 18 aprile.
Protese e manifestazioni,  le retate tengono buoni gli “scalmanati” e sono di  monito a tutti gli altri, vedi Bianciardi.
mentre non viene meno l’impegno delle sinistre,  delle leghe e della Camera del lavoro sui Consigli di gestione,  pur se  mutato il quadro politico che ne aveva determinato l’avvio durante i mesi precedenti. In particolare dopo gli arresti di novembre che avevano visto il coinvolgimento dei dirigenti sindacali e dello stesso segretario della Camera del lavoro, avvocato Marco Giardina. Ora Antonio Selliti il nuovo segretario, proveniente dalla Resistenza nel Nord d’Italia, affiancato da Mario Corona e Pietro Cocco, membro del Comitato direttivo della Federazione regionale minatori e Segretario della Lega minatori di  Bacu Abis. E mutato il quadro politico, in particolare, dopo “il voltafaccia” dell’amministratore delegato Stefano Chieffi, prima possibilista sul Consiglio di gestione a Carbonia,  e dello stesso onorevole Angelo Corsi.  Ed è durante l’ assemblea della vigilia, le elezioni fissate per il 20 gennaio, che Velio Spano, ribadendo il significato politico dei Consigli e della partecipazione operaia alla luce della Carta costituzionale appena entrata in vigore, mette in guardia i lavoratori sulla posizione assunta dai rappresentanti della  Democrazia Cristiana cittadina. I quali tolgono il loro sostegno alla lotta, aveva annunciato anche L’Unità del 16 gennaio, in seguito “alle manovre di Chieffi contro il Consiglio di gestione”, invitando i lavoratori cristiani, e “i simpatizzanti della stessa corrente nel sindacato CGIL, a non partecipare alle elezioni del 20 gennaio” che, per questo, non avrebbero potuto avere, sempre secondo i dirigenti Dc, “alcun valore  né riconoscimento”
Si intrecciano fra loro la campagna per le politiche del 18 aprile  e quella per il Consiglio di gestione,  pur se solamente  coinvolte  le categorie operaie ed impiegatizie essendo, la dirigenza SMCS, contraria ad eleggere propri rappresentanti. Una campagna che si protrae a lungo per il suo riconoscimento, fondata sull’attività da svolgere in seno al Consiglio, il problema della riduzione dei costi, di  un maggiore rendimento globale in tonn/uomo, e quindi della necessità di un serio addestramento professionale che ponesse fine a quel carattere di improvvisazione, sempre dominante in azienda. Adeguamento delle  retribuzioni e “premi di incoraggiamento e di emulazione, con forme di propaganda e incitamento, e tariffe di cottimo semplici e comprensibili anche per l’operaio analfabeta, onde  incoraggiarlo a lavorare di più”. Verso la razionalizzazione del processo produttivo, verso la riconversione economica della zona,  che avrebbe dovuto comprendere anche la ripresa dei lavori nell’Azienda Agraria ACaI di Sebariu e nella bonifica del Basso Sulcis. Per garantire una ripresa delle coltivazioni che desse prodotti in abbondanza e mettere fine agli approvvigionamenti dalla penisola, la produzione agricola compromessa per l’espansione delle miniere e il conseguente spostamento in massa dei contadini e dei pastori. Questo uno dei cavalli di battaglia del Consiglio di gestione, in particolare con l’inizio della campagna antimalarica americana, onde restituire al territorio, un tempo molto fertile, la sua antica vocazione.
Così già si leggeva nella pagina de L’Unità della Sardegna il 9 gennaio 1948: “Il Comitato  di iniziativa lavora alacremente, dopo una grande assemblea popolare al Circolo n°3,  in cui si è espresso l’appoggio  dei commercianti  e degli impiegati,  oggi assemblea al Circolo n°2,  domani al n°5, domenica assemblea popolare nella piazza  Roma”. In nome della  Costituzione della Repubblica fondata sul lavoro e sulla “effettiva  partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica  e sociale del Paese”, perché sono in particolare i dirigenti comunisti a richiamare spesso la Carta repubblicana nella lotta in difesa del lavoro durante quei mesi a Carbonia: impegnativa la   propaganda nelle sezioni, per sostenere le nuove iniziative.
Costituzione repubblicana e  riconoscimento del lavoro fin dall’Articolo1: dice Vittorio Foa che   “Le masse popolari diedero alla democrazia il senso di una rottura col passato, di una diretta partecipazione popolare alle decisiono sociali e politiche e di un controllo operaio sulle scelte produttive”. questo certamente lo spirito che animava  la battaglia sui Consigli di gestione anche  Carbonia. E tale l’impegno dei dirigenti comunisti, in particolare Velio  Spano e  Renzo Laconi in città, nel quadro della battaglia che si combatte a livello nazionale, per allargare l’esperienza di lotta dalle fabbriche del Nord al resto del Paese.

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