Al via la fase costituente dei Progressisti sardi: un nuovo inizio o l’ennesimo bluff?

8 Dicembre 2021
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Andrea Pubusa

 
Massimo Zedda ha annunciato la campagna di adesione alla fase costituente Progressista. C’è già un comitato promotore regionale. Lo compongono i rappresentanti dei diversi territori dell’Isola ed i consiglieri regionali del partito. In una riunione a Santu Lussurgiu, si  e’ partiti da una considerazione:«Il centrosinistra vince dove si presenta unito, con un’idea chiara di politica, di società, con progetti per migliorare la qualità della vita delle persone. Per questo –– si legge nel documento conclusivo – serve una sinistra forte, moderna, inclusiva, capace d’interpretare e proporre il cambiamento. Nelle prossime settimane proseguiranno gli incontri nei territori». Giusto, anche se si tratta di un’ovvietà (idest banalità). Con le attuali leggi elettorli o ti unisci o perdi. Vince lo schieramento più compatto e diffuso. A ben pensarci, è sempre così, al di là dei sistemi elettorali.
L’osservazione fondamentale, però, non è questa, è piuttosto che si rimane in un perimetro tutto elettoralista e politicista. Ma i temi non lo sono? I punti che saranno alla base del momento fondativo del partito Progressista nell’isola sono quelli dei diritti, del lavoro, della salute, dell’ambiente, della conoscenza e della mobilità. «È l’avvio di un percorso costituente in Sardegna – ha spiegato Zedda – dove dev’essere chiara l’alternativa al peggior governo della storia dell’Autonomia».
Che sia il peggiore è sicuro o quasi. Ricordate quello di tal Masala? Ma il punto non è questo, è che dopo questa premessa ovvia (idest banale) si passa al solito (idest rituale) appello, a chi se non a tutte le forze laiche e progressiste? E perché cosa se non per la sempre auspicata unità? E per quale fine ultimo? Il socialismo? Non scherziamo. Dicono i promotori: di fatto, si apre il lungo percorso verse le elezioni regionali del 2023. Ma guarda un po’ le elezioni, non il raicamento sociale e nel mondo del lavoro!
Gli appelli si sprecano e si incrociano,  per certi versi il proclama è stato rilanciato anche da Francesco Boccia, deputato Pd e responsabile Regioni e Enti locali della segreteria nazionale. «Il lavoro di costruzione di un campo largo – ha detto – non si riferisce a un insieme di sigle politiche ma alla condivisione di valori progressisti e riformisti. Ci si ritrova dalla stessa parte se abbiamo la stessa idea di società e se ripartiamo dalla centralità della persona. Così come quando insieme garantiamo i diritti civili, se tuteliamo i più deboli, se riduciamo le diseguaglianze, se insieme facciamo la battaglia contro il consumo del suolo e a favore della decarbonizzazione, così come quando ci battiamo per la scuola e la sanità pubblica. Bisogna costruire il perimetro entro cui chi ha cuore questi principi e questi valori saprà ritrovarsi lavorando insieme a una società aperta, giusta, sicura ed equa».
Ha ragione la piccola-grande Greta? Bla, bla, bla, e ancora bla, bla, bla?
In realtà, i partiti, quelli veri, non sono mai stati fondati su astratezze, anche se positive, sono nati da un movimeto reale di lotte continue e spesso dure, nei luoghi di lavoro, nei quartieri, nei territori. E lì, nelle lotte, che si sono uniti soggetti reali su obiettivi reali. Il Partito socialista nacque così e anche quello comunista e perfino quello popolare. La via che indica Zedda e i suoi amici non è questa, è la solita via verso il seggio, perseguita dai soliti noti. Un gruppo di nullafacenti che vive non di lavoro, ma di manovre e belle parole imparate e ripetute a memoria, speculare al raggruppamento avverso, da cui differisce sol perché loro usano altre parole. Ma i ceti subalterni, le fasce sociali in sofferenza chi le organizza? Che futuro hanno? Possono le loro speranze essere riposte sulle belle parole dei sedicenti progressisti. Basta questo a costruire una forza reale o è l’ennesimo bluff?

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