Legge elettorale regionale: riprende la battaglia per un sistema proporzionale e parlamentare

6 Maggio 2022
2 Commenti


E’ stato costituito  il Comitato  per  la Riforma della Legge Elettorale Sarda

Nei giorni scorsi si è costituito il  Comitato per la riforma della legge elettorale sarda. Ne dà conto un resoconto di Lucia Chessa, auspicando una nuova legge elettorale (che entri in vigore entro la consiliatura regionale in corso), che cancelli quella attuale, la peggiore e meno democratica tra tutte le leggi elettorali delle regioni italiane.
Il gruppo dei soggetti che hanno sottoscritto il documento, si sono costituiti in un Comitato per la Riforma della Legge Elettorale Sarda che procederà ad una serie di incontri nei territori di informazione e di sensibilizzazione sul contenuto pesantemente antidemocratico della legge elettorale vigente in Sardegna. L’ipotesi è di raccogliere, nel corso di questi incontri, firme non autenticate, con la sola indicazione delle generalità e di un numero di documento, sull’articolato che qui allego (elaborato a suo tempo da Omar Chessa) che contiene i “pilastri” della nostra richiesta e che comunque ogni gruppo potrà ricontrollare e riverificare segnalando ciò che ritiene opportuno.

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Ecco il Testo della proposta di articolato

Art. 1
1.​Il Popolo sardo è rappresentato dal Consiglio regionale, eletto a suffragio universale diretto con sistema proporzionale senza premi di maggioranza e quote di sbarramento.
2.​La forma di governo della Regione Sardegna è parlamentare razionalizzata.
Art. 2
1.​Il Consiglio regionale elegge tra i suoi membri il Presidente della Regione.
2.​L’elezione consiliare del Presidente della Regione ha luogo per scrutinio palese, a maggioranza assoluta dei membri dell’assemblea nel primo scrutinio e a maggioranza semplice dalla seconda votazione.
3.​Il Presidente della Regione nomina il Vice-Presidente e gli altri membri della Giunta regionale.
Art. 3
1.​La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un quinto dei membri del Consiglio regionale e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.
2.​Il voto di sfiducia del Consiglio regionale determina le dimissioni del Presidente della Regione, se nelle quarantotto ore successive è eletto un successore a maggioranza assoluta dei membri dell’assemblea.
3.​La mancata approvazione della questione di fiducia posta dal Presidente della Regione determina le dimissioni del Presidente e lo scioglimento del Consiglio, se entro venti giorni non è eletto un successore a maggioranza assoluta dei membri dell’assemblea.
4.​Le dimissioni volontarie del Presidente della Regione determinano lo scioglimento del Consiglio regionale, se entro venti giorni non è eletto un nuovo Presidente a maggioranza assoluta dei membri nel primo scrutinio o a maggioranza semplice nel secondo scrutinio.
5.​Nel periodo intercorrente tra le dimissioni e la nuova elezione del Presidente la Giunta regionale è presieduta dal Vice-Presidente della Regione.

Ora - come si vede - questo testo reintroduce il sistema proporzionale e con esso l’elezione del presidente da parte del Consiglio, prevedendo dei tempi stretti di elezione del nuovo presidente in caso di dimissioni o crisi dell’esecutivo. Con questo aggiustamento la proposta intende superare o temperare le debolezze, in punto di stabilità, del sistema parlamentare puro.
La proposta di Omar Chessa è dunque del tutto condivisibile nella prima parte, suscita discussione sulla seconda riguardo al sistema di elezione del Presidente del Concislio regionale.
A ben vedere su questo punto si ripropone la discussione che nel 2017 attraversò i comitati per il NO sardi. A Cagliari infatti ci fu una propensione per il modello siculo, che univa sistema proporzionale a elezione diretta.
Si partiva da un quesito. E’ proprio vero che l’indicazione diretta del Presidente della Regione è un’opzione non democratica? Aiuta questa posizione a entrare in sintonia con l’opinione popolare, condizione per incidere sulle decisioni? Personalmente credo di no. Anzitutto, ormai l’elezione diretta è entrata nella consuetudine democratica. E’ vista come una scelta sottratta ai deteriori tatticismi di partito, che poi oggi sono consorterie intorno ad un personaggio più che organizzazioni di massa solide di stampo novecentesco. E, in questo nuovo ambiente politico frammentato, quale prospettiva ha il ritorno all’elezione del presidente in Consiglio, rimessa alla trattativa fra i gruppi consiliari? Non c’è il pericolo di un peggioramento del funzionamento delle già scassate istituzioni, tale da screditarle irrimediabilmente? Non è meglio introdurre nella disciplina elementi che consentano un miglior andamento? Che scongiurino pericolosi sbandamenti, inerzie deleterie? La legge siciliana ha dimostrato che l’elezione diretta del presidente può non dar luogo ad un depotenziamento del Consiglio. In Sicilia il presidente ha oggi  una maggioranza di due seggi. Ciò vuol dire che deve sempre fare i conti col Consiglio. La stabilità è assicurata, oltre che dal piccolo premio costituito dal listino (sei consiglieri più il presidente, circa l’8%), dalla regola che le dimissioni del governatore eletto manda tutti a casa. Ma anche questa clausola è di per sé negativa? Non è peggio la continua conflittualità per il cambio del presidente. Ricordate il povero Palomba, assediato da molte parti, e soggetto a ben sei tentativi di disarcionamento e sostituzione?
Insomma, quella elettorale è una materia delicata che va trattata con molta attenzione e ragionevolezza. Ed anche un Comitato che non voglia essere minoritario o fare interessi di parte, deve presentare una proposta equilibrata nell’interesse generale. Ci vuole duttilità nelle soluzioni entro principi irrinunciabili (rappresentatività, sovranità popolare, parità di genere, equilibrio fra territori). Le posizioni rigide e unilaterali, di solito, riducono alla predicazione nel deserto, vana e senza risultati. E per organismi sociali come i Comitati questa è la peggior condanna.
Comunque, un plauso a questa riapertura della battaglia per una nuova legge elettorale. Speriamo che conduca ad un risultato positivo. La legge-truffa vigente lede la sovranità dei sardi, i loro diritti elettorali.

 

2 commenti

  • 1 Aladinpensiero
    6 Maggio 2022 - 07:55

    Anche su aladinpensiero online: http://www.aladinpensiero.it/?p=133111

  • 2 Gianni Pisanu
    6 Maggio 2022 - 17:01

    Affrontare decisamente la questione soglie. Se soglia deve esserci che sia uguale per tutti. partiti, movimenti o liste; apparentate, collegate, coalizzate o meno devono avere lo stesso trattamento.
    La soglia può essere del 2, o del 3, o del 4 %, l’importante è che sia uguale per tutti.
    La stabilità indicata come obiettivo da perseguire dallo statuto potrebbe essere favorita da una dotazione in seggi consiliari, in misura ragionevole, max.10% compreso il seggio presidenziale, attribuita al Presidente eletto, e costituirebbe con 5 seggi il primo nucleo della maggioranza, che ove non nascesse dall’esito elettorale, dovrebbe formarsi sul programma che il presidente eletto sottopone al consiglio regionale. Il Consiglio dovrebbe essere eletto con un sistema proporzionale.
    La quota del Presidente per la realizzazione del programma, che andrebbe a potenziare la lista o coalizione più votata, sarebbe formata dai 5 consiglieri eletti nelle liste apparentate col Presidente eletto che abbiano conseguito i quozienti più alti. I restanti 54 consiglieri – il 90 % - da eleggere con sistema proporzionale.
    Proporzionale come?
    Un accenno alla suddivisione del territorio regionale. Considero indispensabile il superamento delle circoscrizioni provinciali, data la evidente disomogeneità come numero di abitanti/elettori e perciò fonte sicura di effetti distorsivi. Pertanto Collegi e non Provincie. Il numero degli elettori del collegio con meno elettori non potrà essere comunque inferiore di oltre il 15-20% rispetto a quello più grande.
    Con 10 collegi x 6 seggi si avrebbero collegi da circa 170.000 abitanti,
    con 15 x 4 seggi gli abitanti per collegio sarebbero 110.000,
    I numeri sono esemplificativi tenuto conto della scelta su elezione diretta del Presidente- Premio di maggioranza sì o no oppure opzione per elezione indiretta del presidente nell’ambito del Consiglio.
    Il sistema elettorale del senato ante mattarellum potrebbe essere preso come riferimento in quanto consentiva l’utilizzazione della intera cifra elettorale regionale per ciascuna lista e l’individuazione nell’ambito del singolo partito dei candidati che ottenevano i migliori riscontri nei rispettivi collegi. Il tutto senza contenziosi di sorta.
    Anche il sistema delle ultime elezioni provinciali depurato dal 60% garantito per il presidente sarebbe una buona soluzione. In tutti e due i modi si attingerebbe per la quantificazione dei seggi alla intera cifra elettorale regionale.
    Sarebbe garantito il pieno rispetto della volontà degli elettori e una rappresentanza proporzionale con pari condizioni di partenza fra candidati e schieramenti.
    In conclusione, mi preme soprattutto un punto: la composizione del consiglio regionale deve rispondere alla volontà degli elettori, cosa non facile se non si formano collegi omogenei. Bisogna evitare le distorsioni che derivano dalla diversa dimensione del bacino elettorale pur applicando un perfetto (sulla carta) sistema elettorale. In Sicilia alla faccia del proporzionale avviene regolarmente che nei collegi/provincie, dove per i seggi consiliari viene considerata la cifra elettorale di collegio, i partiti piccoli e medi sono semplicemente cancellati, tranne nei collegi di Palermo o Catania. In Sardegna con caratteristiche simili abbiamo moltissimi contenziosi per l’attribuzione dei seggi. Pertanto non basta dire proporzionale per ottenerlo.
    In questa sede mi fermo a questo breve contributo che spero potrà essere utile in qualche parte, e spero che gli estensori della proposta si aprano alle disponibilità di idee e esperienze e abbiano successo nel difficile varo di una buona legge elettorale.
    Gianni Pisanu

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