Carbonia. I 72 giorni della “non collaborazione”. Arrivano infine i minacciati aumenti delle tariffe SMCS, sciopero generale senza attendere la decisione della Camera del lavoro. Costituito il Sindacato Provinciale Industrie Estrattive.

8 Maggio 2022
1 Commento


Gianna Lai

Oggi domenica, nuovo tassello della stori di Carbonia dal 1° settembre 2019.

 

E’ al Consiglio di gestione che la SMCS, direttore generale l’ingegner Spinoglio, comunica le nuove tariffe imposte alla città, un quintale di carbone per le famiglie degli operai, da 12 a 900 lire, ricevendone in cambio, non una contestazione netta ma, piuttosto, una proposta di aggiustamento da definirsi non oltre le 300 lire complessive, una volta sentite le rappresentanze sindacali e di fabbrica. Certamente anche il Consiglio di gestione non esente da responsabilità, avendo detto i minatori a chiare lettere no agli aumenti, sono le Commissioni interne e le leghe ad esprimere ancora il mandato degli operai, respingendo qualsiasi modifica dei prezzi, di fronte all’Associazione Provinciale degli Industriali. Ma, avendo mantenuto con forza l’azienda, per bocca degli industriali, aggiornato il prezzo del carbone a 900 lire il quintale, qualche componente la delegazione comincia a esprimersi a favore delle 300 lire di aumento, come prima apertura, onde non si interrompano subito le trattative, tuttavia da verificare interpellando ancora le maestranze. In modo equivoco, ricorda Aldo Lai, allora dirigente Autoferrotranvieri Regionali CGIL, messa confusamente a verbale, insieme all’accordo raggiunto su altre questioni marginali, passa l’ipotesi di aumento come approvata, “pensando naturalmente l’azienda di poter, in modo gretto e meschino, giocare a dividere la massa e a creare disordine tra i lavoratori”. Il giorno dopo in vigore le nuove tariffe, aumentano i prezzi di carbone, affitti, elettricità,”parte integrante della retribuzione operaia”, mentre aumentano i prezzi dei generi di prima necessità anche nel resto del Paese.
E rispondono i minatori con la proclamazione immediata dello sciopero, senza neppure attendere l’intervento del sindacato e della Camera del lavoro, Velio Spano in quei giorni a Roma, particolarmente impegnato nell’attività parlamentare e nel dibattito politico interno al partito. Inizia così la lunga agitazione dei 72 giorni, dopo la richiesta di un ennesimo intervento dell’Alto Commissario, come ricorda L’Unità del 5 ottobre, che prosegue, tra il rifiuto del cottimo, ovvero la “non collaborazione”, e gli scioperi articolati per turno e secondo le miniere di appartenenza, fino al 17 dicembre. A rendere più ampia la protesta nel Sulcis, in agitazione anche i dipendenti delle Ferrovie Meridionali Sarde per il rinnovo del Contratto nazionale di lavoro, 800 agguerriti ferrovieri, ancora dipendenti della SMCS, a fianco, naturalmente, delle Ferrovie Secondarie e della Società Tramvie Sarde, come aveva annunciato allarmata la questura, fin dal mese di settembre, nella sua relazione mensile.
Il Consiglio generale delle leghe dichiara allora lo sciopero, leggiamo su L’Unità del 7 ottobre 1948, sospendendo a sua volta il cottimo, intanto per protestare contro l’artificiosa applicazione delle tabelle stesse ma, sopratutto, contro i licenziamenti e i trasferimenti, contro gli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità, contro il rifiuto della Carbosarda di ricevere i rappresentanti degli operai. Mentre si fa sempre più compatta l’agitazione dei minatori, che rivendicano gli aumenti salariali già previsti in precedenti accordi, avendo il maggior impegno degli operai, negli ultimi mesi, portato ad un aumento della produzione, i costi diminuiti di ben 1.500 lire la tonnellata di carbone estratto, per ammissione dello stesso amministratore Chieffi. Indifferente la SMCS anche a questa richiesta, propensa piuttosto a far passare la non collaborazione per sciopero bianco, fino a voler impedire il lavoro in galleria, così da ridure il numero dei locomotori e da interrompere l’erogazione dell’energia elettrica e della distribuzione dell’aria nei pozzi. Una vera serrata, grande difficoltà nella produzione e abbassamento del ritmo di lavoro, secondo L’Unità del 10 ottobre, che aggiunge come i dirigenti vadano “dicendo in giro, con grande disonestà, nelle settimane successive, che responsabili di quell’esito sono i sindacalisti”.
La Carbosarda tiene duro con minacce e intimidazioni, gli aumenti sono giusti e condivisi, sostiene la direzione, il documento, tuttavia, su quello che l’azienda intende per accordo, non ancora reso noto né in miniera né in città. E si inaspriscono i rapporti, la SMCS intende reggere lo scontro, forte di tutto quel carbone giacente nei piazzali, fino a che lo sciopero non si trasferisce in città con le manifestazioni e i comizi di nuovo dapertutto, i rioni coinvolti nella protesta dalle leghe di quartiere, impegnata l’UDI e le donne delle Commissioni femminili del PCI a sostenere la mobilitazione a fianco degli operai. Perchè quegli aumenti dei prezzi sui generi di prima necessità, forniti dall’azienda stessa e, dunque, “parte integrante della retribuzione operaia”, avrebbero messo a dura prova la sopravvivenza stessa degli abitanti, riducendo le famiglie a una condizione persino al di sotto della mera sussistenza.
Sembra che l’azienda voglia di nuovo precipitare Carbonia al tempo dei moti del pane, ma ora l’organizzazione è fortemente sostenuta a livello territoriale e politico da sinistre e CGIL, appena costituito il Sindacato Provinciale Industrie Estrattive, segretario Pietro Cocco, come ricorda L’Unità del 20 ottobre. Ed è proprio durante questa imponente mobilitazione cittadina, organizzata per tenere a battesimo il nuovo organismo sindacale, che la Camera del lavoro indice per l’11 ottobre il comizio di Velio Spano, in fermento e pronto alla lotta l’intero territorio del Sulcis. Le forze dell’ordine già padrone della piazza, affollata da oltre 15.000 persone, Spano riprende il suo discorso esattamente nel punto in cui l’aveva interrotto il 1 settembre, sul disagio del Paese per la politica della DC e sull’intervento delle forze di polizia come attentato alle libertà democratiche. “I dirigenti dell’azienda vedono aumentare ogni giorno i loro stipendi”, denuncia ancora parlando della manovra SMCS di trasformare la non collaborazione in sciopero totale e del tentativo, fallito, di corrompere una parte degli operai attraverso l’erogazione di premi destinati a chi avesse continuato a produrre secondo il sistema del cottimo. E del suo inveterato malcostume di far degenerare i rapporti tra i lavoratori, pensando di metterne a dura prova resistenza e solidarietà di classe, come leggiamo su L’Unità del 12 ottobre 1948.
Alti stipendi per i dirigenti, denuncia Velio Spano, vi corrisponde omai da mesi il ritardo nel pagamento dei salari agli operai, ora decurtati dall’aumento dei prezzi nelle forniture Carbosarda alla città. A niente valgono le richieste di Commissioni interne e leghe, onde venga riunito al più presto il Consiglio di gestione per spiegare l’equivoco, se di questo si tratta, che lo avrebbe visto tra i compartecipi di quella decisione. Proprio mentre proseguono le trattative sindacali tra Unione Provinciale degli Industriali e rappresentanze operaie di miniera, a ribadire l’opposizione dei lavoratori contro gli aumenti e contro i tentativi di serrata nei cantieri.

1 commento

Lascia un commento