Carbonia. I 72 giorni di Velio Spano. “Offensiva antioperaia”: contro l’avvenire del Bacino, “gli interessi dell’imperialismo straniero e della Montecatini”. Affidare la gestione della Carbosarda agli operai

4 Settembre 2022
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Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019.

 

Prosegue lo scritto di Velio Spano su Rinascita del dicembre 1948: “I dirigenti di questa azienda parastatale hanno disgraziatamente la stessa esosa mentalità degli industriali privati, …il sistema più semplice, quello di incidere sul livello di vita delle masse lavoratrici”, così inzia il paragrafo intitolato “Offensiva antioperaia”, entrando poi nel vero e proprio “gergo” aziendale : “eliminare il disordine, …… stabilendo nuovi criteri di applicazione dei cottimi (…..togliere al cottimo stesso ogni carattere di incentivo alla produzione), scalando di categoria gli operai, mordendo con ogni pretesto sulle singole voci componenti il salario: in ogni caso incidendo sul livello di vita degli operai, una gran parte dei quali viene oggi a guadagnare parecchie migliaia di lire al mese in meno dei periodi corrispondenti degli anni scorsi.

I dirigenti [n.d.a.] hanno proseguito con una interpretazione arbitraria, …. un vero e proprio sabotaggio degli accordi di maggio, trasferendo dalle miniere alle bonifiche non elementi superflui e improduttivi ma operai qualificati dell’interno, minatori, armatori, stradini, in guisa tale che circa il 60% dei trasferiti alle bonifiche, come manovali, sono operai qualificati e spesso specializzati”. Per questo “la direzione ha praticato una politica di allettamento alla smobilitazione, un premio di 30mila lire in denaro per chi si licenzia volontariamente: circa 800 operai hanno accettato il trasferimento e la squalifica, un numero molto maggiore lo ha respinto ed è andato a elevare il livello professionale delle miniere metallifere, oppure a finire al lavoro coatto nelle miniere del Belgio. Infine i dirigenti Carbosarda hanno avuto l’idea geniale di decurtare i salari, aumentando i prezzi delle pigioni, del carbone concesso ai dipendenti, dell’energia elettrica : un alloggetto che costava 63 lire al mese, costa oggi 132 lire, un posto-letto per scapolo costa oggi al giorno, ciò che prima costava al mese, i sei quintali di carbone concesso ridotti a quattro, mentre il prezzo è stato elevato da 12 a 300 lire, quello della corrente elettrica da una lira e mezzo a 10 lire”, al punto tale che gli aumenti oggi “costituiscono una brusca e ingiustificata riduzione del salario di 1500-2000 lire mensili. D’altra parte tutte queste misure son state applicate attraverso un giuoco sottile di inganno, di pressione, di corruzione. La direzione è riuscita a modificare l’applicazione dei cottimi eludendo la vigilanza delle Commissioni interne, in modo che gli operai hanno cominciato ad accorgersi solo dopo qualche mese che venivano sistematicamente derubati; ed è riuscita in qualche caso a ingannare le Commissioni interne sui licenziamenti e i trasferimenti, passando oltre il loro parere; è riuscita infine a farsi complice del Consiglio di gestione (oggi apertamente sconfessato dalle masse e dal Comitato nazionale), prima valendosi del fatto che l’animatore dei Consigli era stato arrestato (il segretario della Camera del lavoro Marco Giardina, n.d.a.), poi corrompendone alcuni membri e approfittando della semplicità di altri, infine evitando addirittura di convocare i membri effettivi e facendo invece partecipare i supplenti, più docili. Il grande argomento dei dirigenti aziendali, per giustificare i loro provvedimenti ingiustificabili, è oggi l’accordo ottenuto da un Consiglio di gestione addomesticato. Ma gli operai non marciano, hanno potuto constatare ….. che niente è stato fatto per migliorare l’organizzazione del lavoro, le attrezzature, niente per eliminare gli sprechi, il disordine aministrativo e gli errori tecnici, niente per utilizzare il fino e i residui sterili del carbone. Le sole economie sono state quelle realizzate sulle spalle degli operai, …. che hanno assisitito all’attentato contro il livello professionale delle maestranze, ai licenziamenti e ai trasferimenti arbitrari, alla falcidie dei salari, denunciando volta per volta questi fatti. Il 6 ottobre il sindacato ha dichiarato la non collaborazione e il passaggio dal lavoro a cottimo al lavoro a economia, l’agitazione è cominciata il 7 ottobre. Immediatamente la produzion è calata del 50% circa”.

E si apre il paragrafo conclusivo, “Gli obiettivi della lotta attuale”, con la denuncia di una guerra fredda di pressioni e di minacce contro gli operai, che hanno ribadito le loro ragioni e la loro volontà di lotta. Sospesi a decine e poi licenziati, essi hanno risposto “continuando ad andare regolarmente al lavoro; l’organizzazione sindacale ha risposto trascinando nell’agitazione i capisqudra e i sorveglianti, che hanno cessato di compilare i fogli cottimo e i fogli di produzione a economia. La direzione ha incominciato a multare illegalmente i sorveglianti e licenziandone alcuni, … che hanno continuato a recarsi regolarmente al lavoro, … ha corrisposto ai lavoratori una paga decurtata del 50% sul salario a economia, gli operai hanno risposto stringendo la cintola e i denti, le organizzazioni sindacali hanno risposto suscitando intorno agli operai la solidarietà di lotta dei minatori di tutta Italia, la solidarietà materiale degli impiegati e degli altri strati della popolazione, dei commercianti cittadini, la solidarietà delle popolazioni contadine del Sulcis”.

E nel mentre, “la direzione ha cercato di disgregare il movimento e non c’è riuscita, di organizzare il crumiraggio e non c’è riuscita. Alcuni dirigenti hanno cercato di ricorrere alla provocazione, come nel gennaio ‘47, … e non ci sono riusciti. Un tentativo di trovare una via d’uscita, promosso dalla CGIL a Roma, è fallito principalmente per opera dello Spinoglio, uomo della Montecatini. La direzione ha offerto agli operai un contributo integrativo sui salari a economia, che devono essere per contratto, senza discussione possibile pagati integralmente”, ma non ha preso in considerazione alcuna delle richieste operaie, mentre “gli uomini del governo hanno avvallato le posizioni dei dirigenti, nascondendosi dietro la pretesa del Tesoro di non concedere finanziamenti stanziati se non vengono prese effettive misure di risanamento”. Così le autorità locali sarde, “la stampa governativa e persino i bombardieri della reazione clerico-padronale, come il socialtraditore Corsi, insultano gli operai, elevano inni alla Carbosarda e persino allo Spinoglio”. Mentre per i lavoratori resta “l’obiettivo più alto, ristabilire nell’azienda un clima in cui gli operai possano discutere trattare, spazzar via il clima di dittatura che vi è stato creato, … si può e si deve oggi affermare che i sabotatori della produzione sono quei dirigenti e quei padroni che respingono gli operai nella non collaborazione”.

E poi l’invito finale di Spano, “Se gli operai della Carbosarda, vinti dalla fame, cedessero oggi, nessun problema sarebbe risolto, perché la vertenza risorgerebbe inevitabilmente a breve scadenza e nessuna prospettiva seria di risanamento sarebbe aperta … La cosa appare particolarmente chiara a Carbonia dove convergono, contro l’avvenire del Bacino, gli interessi dell’imperialismo straniero, gli interessi del capitale monopolistico concorrente, specie della Montecatini, gli interessi delle forze reazionarie malcontente del fatto che questo poderoso nucleo operaio sia schierato sotto le bandiere del Partito comunista … In queste condizioni la non collaborazione, oltre a essere il mezzo più efficace di pressione sindacale, è il mezzo migliore per far scoppiare le contradddizioni e per porre il problema con rilievo sociale sufficiente a far riflettere tutti … Gli operai di Carbonia non sarebbero riusciti a smascherare i dirigenti con lo sciopero, ci son riusciti con la non collaborazione. Per questo la vertenza della Carbosarda che era una vertenza sindacale in partenza, è diventata oggi una questione generale di classe, l’indice di una delle questioni fondamentali della riedificazione democratica del nostro paese”. E conclude Spano, “bisogna dissipare l’atmosfera di sospetto e di terrore che pesa oggi sul Bacino, ricrearvi un’atmosfera di fiducia almeno sul terreno produttivo, … solo a questa condizione potrà essere efficacemente applicato il grande piano Levi che è indispensabile e urgente applicare … Ci sono in Italia tecnici valorosi e onesti, capaci di ricostruire la fiducia e di edificare, in una economia di pace, le fortune dell’azienda? Noi crediamo che ci siano. Ma se il governo non è capace di trovarli o non vuole trovarli, resta aperta l’altra strada: affidare la gestione della Carbosarda agli operai e lasciare che quei tecnici se li trovino gli operai stessi. I minatori di Carbonia hanno dimostrato con la lotta in corso …. che Carbonia si può salvare soltanto in un clima di libertà e quindi di ordine, in un’atmosfera di democrazia, sul terreno di una politica economica veramente nazionale, …. e attendono ora la risposta dal governo, responsabile di questa grande ricchezza nazionale”.

A fine dicembre le dimissioni di Velio Spano da segretario della Camera del lavoro.

 

 

 

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