“Sono una donna, non una velina, vergognati!”

20 Giugno 2009
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Red

“Sono una donna, non una velina, vergognati!” “Dimettiti”, Questo cartello forse meglio di ogni altro commento riflette il sentimento di molta parte dei normali cittadini italiani. Sopratutto delle donne. Il cartello è stato portato ieri da una donna nel gruppo dei contestatori che hanno accompagnato con numerosi fischi i 30 minuti circa di comizio del Cavaliere a Cinisello Balsamo. E’ una reazione ferma alla visione che Berlusconi ha delle donne, intese sopratutto come puttane e oggetto di sollazzo. Infatti, dagli squallidi fatti di cronaca di questi giorni emerge un tipo di donna, protesa alla prostituzione verso i potenti pur di entrare nel loro mondo e in quello dello spettacolo. Uno svilimento totale del faticoso processo politico-culturale che vede le donne protagoniste della loro liberazione a beneficio di una società più ricca d’intelligenze, giusta e più eguale.
“Abbiamo anche contestatori, evviva!”, ironizza il premier rivolgendosi ai suoi contestatori. “Non avete dignità - incalza - non sapete cos’é la democrazia e la libertà, siete ancora, oggi come sempre, dei poveri comunisti”. Dai contestatori l’attenzione del Cavaliere si sposta poi alla sinistra più in generale:”E’ inutile che sperate di buttare giù il governo e la maggioranza con trame giudiziarie e attacchi mediatici. Siamo la maggioranza del paese e in democrazia la maggioranza governa”.
Ma il suo viso stravolto dimostra che la paura è grande. Per la prima volta anche la Chiesa e gli ambienti cattolici sono in subbuglio. L’idea della donna e della famiglia che emergono dalle gesta del Cavaliere indignano anche loro. Dopo aver apertamente avversato un sant’uomo come Prodi, non si può fingere di non vedere in quale immondezzaio vive il Premier. E così l’Avvenire chiede conto a Berlusconi della sua condotta. Il premier Silvio Berlusconi dovrebbe - dice il giornale dei vescovi - fornire “il più presto possibile” un chiarimento sui tanti interrogativi, sulle voci sul suo conto che hanno portato anche ad una inchiesta a Bari. “Il punto centrale è la necessità di arrivare il più presto possibile ad un chiarimento sufficiente a sgombrare il terreno dagli interrogativi più pressanti, che non vengono solo - sottolinea il giornale della Cei - dagli avversari politivi ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier”. “E’ lecito domandarsi - si chiede l’Avvenire nel suo editoriale - se il presidente del Consiglio abbia finora scelto la linea di resistenza migliore e i difensori più appropriati al suo caso”. Ma anche se “non fosse possibile eliminare ogni ombra, perché ad esempio su alcune questioni il bandolo della matassa é in mano alla magistratura, si pongano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchere e di tempeste mediatiche”. “Senza illudersi - conclude Avvenire - che l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui comportamenti privati. Alla lunga, tutto finisce per avere un prezzo. E il pericolo, soprattutto in questo caso, è che a pagarlo non sia soltanto il singolo debitore di turno, ma l’interno Paese”.
E’ il concetto che riprende Fini, che giustamente vede nella vicenda incrinarsi per la prima volta il consenso dei cittadini comuni verso il Premier.
Ma qual’è il mondo che emerge da questa vicenda? L’ipotesi degli inquirenti baresi è che il giro di escort (così si chiamano le puttane d’alto bordo) ingaggiate dall’imprenditore barese, Giampaolo Tarantini, venisse impiegato in residenze esclusive di personaggi potenti - senza distinzione di colore politico - e che possa nascondere, o preludere a tentativi di corruzione.
Al momento - trapela da fonti giudiziarie - il filone della corruzione è però frutto solo di un sospetto. Inoltre, come è trapelato ieri, i magistrati già negli anni scorsi, indagando su Tarantini, hanno intercettato telefonate nelle quali si parla di festini a base di cocaina organizzati in sontuose dimore dai conoscenti di Tarantini ma non collegati al presunto ingaggio delle escort.
Tarantini avrebbe ingaggiato e versato migliaia di euro a donne per farle partecipare a feste. Perché lo avrebbe fatto? Per entrare - secondo gli inquirenti - nelle grazie di uomini di potere e per ottenere successivamente, da questi, favori per la sua attività professionale legata, almeno fino alla fine del 2008, alla società barese Tecno Hospital che fornisce protesi sanitarie.
La società è coinvolta a Bari in due indagini: una, che fa riferimento a fatti della fine del 2008, del pm Giuseppe Scelsi, dalla quale è nata l’indagine sul giro di ragazze che, dietro pagamento, partecipavano a feste anche a palazzo Grazioli; l’altra condotta dal pm Roberto Rossi che invece fa riferimento a fatti che partono dal 2003. In tutte e due le indagini i magistrati ipotizzano il reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in epoche diverse. Ma viene contestato anche il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti nei confronti di persone che parlano al telefono di festini a base di cocaina.
Tarantini teme di diventare il capro espiatorio dell’intera vicenda.”Temo - ha dichiarato all’Ansa - che questa maliziosa e falsa rappresentazione della realtà, davvero priva di ogni fondamento, sia soltanto funzionale a precostituire a mio danno l’immancabile e predestinato ruolo di colpevole”.
Ma stavolta le cose semrano andare in modo diverso: la vicenda stà scavando nel profondo della società italiana, rimettendo in duscussione il modello di vita, il modo di pensare e di fare che Berlusconi finora aveva saputo imporre al Paese. Insomma, per dirla gramscianamente, l’egemonia culturale del berlusconismo mostra crepe evidenti. C’è uno scatto di orgoglio e di consapevolezza, che coinvolge molti italiani moderati, finora ammaliati dal Cavaliere.

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