Come stà l’economia sarda? Ciò che Banca d’Italia e Crenos non dicono

28 Luglio 2009
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Gianfranco Sabattini

Prosegue l’analisi del Prof. Sabattini sullo stato dell’economia sarda alla luce del rapporto della Banca d’Italia. La prima parte è stata pubblicata venerdì scorso. 

Poiché la maggior parte del reddito delle famiglie trae origine, per una media regionale pari al 77,4% del reddito complessivo, dal settore dei servizi, principalmente dalle attività della pubblica amministrazione, viene spontaneo chiedersi: attraverso quali vie le famiglie che traggono il loro reddito all’esterno delle attività della pubblica amministrazione hanno potuto mantenersi, se tutte le altre attività versavano in stato di crisi? Evidentemente attraverso la trasformazione in forma liquida del loro risparmio conservato nella forma di titoli finanziari detenuti presso le banche e attraverso l’indebitamento. Ecco, dunque, l’emergere di una grave lacuna che l’analisi della Banca d’Italia, come pure l’analisi del Crenos, ha mancato di sottolineare. Che si tratti di una lacuna nessuno può negarlo. Che il Crenos abbia cercato di “ovattarla” può anche passare sotto silenzio, in considerazione del fatto che la sua “distrazione” al riguardo si inquadra all’interno di un rapporto scritto da posizioni “genuflesse” nei confronti di una parte politica ben determinata; ma che essa sia passata sotto silenzio da parte di un’istituzione pubblica “sovra partes” è grave. Di un’istituzione pubblica preposta alla vigilanza del buon andamento delle variabili finanziarie di un dato contesto economico se ne può certo apprezzare la neutralità, ma non se ne può giustificare il silenzio sui potenziali effetti negativi sul sistema reale se, a livello finanziario, emergono delle palesi disfunzioni. Infatti, come si può giustificare un aumento del credito al consumo in un momento di crisi generalizzata delle attività reali del sistema regionale, senza nel contempo riflettere sugli esiti negativi che sull’economia regionale può provocare un crescente indebitamento ed una crescente decumulazione del capitale detenuto dalle famiglie? Non viene, in questo modo, compromessa ogni possibilità di una pronta ripresa dell’economia regionale allorché saranno superate le difficoltà attuali? Non sarebbe opportuno che, anche a livello regionale, la massima autorità finanziaria, così come avviene a livello nazionale, “formuli consigli” perché questi entrino a pieno titolo a fare parte dell’agenda dell’autorità politica? Non sarebbe opportuno che tali consigli contribuissero ad apprestate politiche pubbliche orientate a salvaguardare le relazioni più appropriate, da un punto di vista reale e da un punto di vista finanziario, alla pronta ripresa della crescita e dello sviluppo dell’economia dell’isola? Una risposta in positivo a questi interrogativi da parte di un’istituzione importante come la Banca d’Italia è nelle aspettative di tutti i sardi che da troppi anni vivono le conseguenze della precarietà nella quale pare condannata a restare la loro base produttiva.

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