Essere socialisti oggi

28 Ottobre 2009
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Gianfranco Sabattini

Abbiamo dato risalto all’iniziativa svoltasi lunedì a Cagliari con Luigi Covata per la presentazione della nuova serie di Mondoperaio. Lo abbiamo fatto anzitutto perché c’interessa tutto ciò che si muove nell’area democratica e di sinistra. E certamente il rilancio di una testata storica e molto gloriosa della sinistra italiana è un atto importante e coraggioso. Covatta poi ha precisato anche a Cagliari che la rivista non vuole essere un organo di questa o quella componente socialista, ma un luogo di riflessione e di battaglia politica sui grandi temi del Paese, in ordine ai quali chiamare a raccolta il meglio dell’intellettualità socialista e della sinistra riformista. L’iniziativa è dunque molto interessante e meritevole di attenzione e simpatia, anche perché il Partito socialista italiano ha avuto una posizione particolare nell’ambito dei movimenti socialisti europei: pacifista (non firmò i crediti di guerra nel primo conflitto mondiale), antifascista, fondatore della Repubblica democratica, coautore della Costituzione, ispiratore di grandi riforme come lo Statuto dei Lavoratori, la scuola dell’obbligo, il processo del lavoro e alcune altre. Nel PSI hanno militato grandi personalità della sinistra da Nenni a Morandi, a Lombardi, a De Martino, a Pertini. Poi è arrivato il ciclone Craxi, innovatore all’inizio, con Amato, Bassanini, Ruffolo ed altri, ma che poi ha affogato il PSI nel malaffare. Un suicidio politico, anche se non pochi socialisti addebitano ancora quella morte alla mano della Magistratura. Assassinio, dunque, non suicidio.
Mondoperaio, comunque, non sembra volersi porre nel solco della recriminazione, ma in quello della proposizione di analisi sui grandi problemi del mondo di oggi. E lo vuol fare anche in modo critico verso la deriva di altri partiti socialisti europei, rilanciando la peculiarità storica del socialismo italiano.
Pubblichiamo, dunque, volentieri la riflessione del Prof. GF. Sabattini ed auguriamo a Mondoperaio i migliori successi (che sarebbero poi successi della sinistra italiana).

Oggi, il problema della povertà trova origine non più come in passato nell’indisponibilità di un’occupazione stabile. Ciò perché i sistemi economici moderni, per reggere la competitività, devono innovare continuamente, originando una disoccupazione non più congiunturale, ma strutturale ed irreversibile. In tal modo, la povertà nasce, non solo a seguito della perdita della stabilità occupazionale, ma anche dall’impossibilità di inserirsi nel mercato del lavoro, dall’impossibilità di stabilizzare la propria posizione lavorativa e dall’impossibilità di disporre di livelli pensionistici sufficienti a garantire uno standard minimo di vita alle fasce più anziane della popolazione.
Che fare di fronte a questa nuova emergenza nata dalla crisi del “capitalismo socialdemocratico”? La risposta presuppone, l’elaborazione di una “nuova ideologia” che ponga al centro dell’azione politica, innanzitutto il perseguimento graduale di forme di governo sempre più estese del processo di mondializzazione delle economie nazionali; in secondo luogo, la rinuncia a perseguire, come nel passato, il pieno impiego della forza lavoro, divenuto impossibile per via delle condizioni di operatività dei moderni sistemi economici; in terzo luogo, l’eliminazione della povertà, non attraverso politiche ridistributive, ma attraverso una radicale riforma dell’attuale struttura del welfare state centralizzato e burocratizzato, con l’istituzionalizzazione di un reddito di cittadinanza universale ed incondizionato, erogato a tutti i residenti attraverso il riorientamento delle risorse destinate oggi al finanziamento della previdenza e dell’assistenza pubbliche; in quarto luogo, la mobilitazione dell’iniziativa individuale resa possibile dal potenziamento di tutte le forme di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e dall’orientamento dell’impegno dello Stato non più verso una politica ridistributiva, spesso all’origine di ineguaglianze e di ingiustizie, ma verso la predisposizione di tutto quanto è necessario perché i cittadini, dotati di un reddito, possano, con una partecipazione dal basso, contribuire alla rivitalizzazione dei sistemi economici moderni.
Per operativizzare questa nuova prospettiva ideologica in termini di azione politica è necessario, diversamente da quanto sostiene l’ideologia neoliberale, perseguire la rimozione delle differenze personali e impersonali attraverso una distribuzione ugualitaria ex post, e non ex ante, delle opportunità sociali. Una parificazione delle posizioni individuali così realizzata non si colloca dalla parte del libero svolgersi degli automatismi di mercato come accadrebbe se si adottasse l’ideologia neoliberale, ma si collocherebbe nel segno della rimozione o del contenimento di qualsiasi forme di discriminazione fondata su squilibri reddituali. Ciò perché, all’interno dei moderni sistemi capitalistici, non esiste alcuna differenza tra chi non dispone di risorse materiali a causa delle sue carenti condizioni psico-fisiche e chi, pur dotato di una “sana e robusta costituzione”, non dispone ugualmente delle risorse materiali per la sua autorealizzazione. Allo stato attuale, l’istituzionalizzazione del reddito di cittadinanza rappresenta il paradigma che differenzia la “visione da destra” (conservatrice) dalla “visione da sinistra” (riformatrice) delle politiche d’intervento per il governo dei moderni sistemi sociali.
Sulla base di questa nuova prospettiva di azione politica diventa possibile attendersi che l’idea socialista, ridestata dal “sonno” nel quale è da tempo sprofondata ed emendata dei limiti della propria storia, possa divenire ancora una volta la forza ispiratrice dell’azione necessaria ad ammansire gli “animal spirits” del capitalismo di prima della fine degli anni Settanta del secolo scorso. In altri termini, è solo attraverso un “aggiornamento” delle loro idee-guida che i partiti socialisti democratici possono concretamente aspirare a ricuperare la loro capacità di rispondere positivamente alle tante sfide del mondo attuale. Il loro aggiornamento avrà come banco di prova un futuro piuttosto prossimo, perché le risposte che saranno in grado di dare ai molti problemi sociali attuali consentiranno di stabilire, su basi sperimentali, se il loro stato di crisi è un’eclissi temporanea, oppure un definitivo tramonto; ovvero se la loro riproposizione deve fungere da “stampella” per la sopravvivenza del capitalismo contemporaneo, oppure deve fungere da strumento per la sua trasformazione. E’ in questa prospettiva che deve essere intesa l’esigenza dei socialisti riformisti italiani di ricuperare una “nuova identità”; ciò, al fine di elaborare appropriate risposte ai problemi del Paese prima di pensare alle possibili “alleanze”. Senza una nuova identità, il socialismo italiano può solo aspirare a diventare una “mosca cocchiera” dei partiti della sinistra tradizionale, peraltro carenti di qualsiasi ipotesi progettuale riguardo al futuro del Paese.

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