I precari di Sassari in difesa della scuola pubblica

28 Febbraio 2010
1 Commento


Movimento dei precari della Provincia di Sassari

Il Movimento dei precari della provincia di Sassari mobilita tutte le forze sindacali , i partiti, i movimenti, i lavoratori, i genitori e i cittadini in generale, in difesa della scuola pubblica affinché con forza e decisione contrastino e blocchino la “riforma” scolastica dell’attuale Governo.
Ecco il documento in vista di una giornata di lotta indetta per il 13 marzo a Sassari.

Noi lavoratori della scuola della Provincia di Sassari,a seguito dei forti tagli applicati alla nostra Regione e a tutte le realtà scolastiche italiane, abbiamo visto cancellati anni e anni di lavoro e competenze acquisite sul campo e subito la conseguente umiliazione del licenziamento, dopo aver coscienziosamente contribuito al funzionamento del sistema dell’istruzione pubblica. La realizzazione di un movimento organizzato su base provinciale nasce dall’esigenza di difendere il legittimo diritto al lavoro e la qualità della scuola pubblica. La nostra non è solo una battaglia per il diritto al lavoro, ma è anche, e soprattutto, una battaglia culturale per la difesa della scuola pubblica, intesa come diritto per tutti, strumento di promozione culturale e sociale e luogo di diffusione dei principi fondamentali della nostra Costituzione.
Intendiamo pertanto contrastare con la nostra azione il progetto di “riforma” della scuola pubblica all’interno del quale si collocano la legge 133/08, l’art. 4 della legge 169/08 e il ddl Aprea, che mirano ad estendere anche al sistema scuola una logica competitiva e aziendale, svilendo tutte le conquiste ottenute nel campo della ricerca pedagogica e didattica e annullando quella tradizione egualitaria su cui si è fondato il processo di rinnovamento democratico della scuola pubblica. Non è possibile esautorare in questo modo la scuola pubblica e creare un sistema dell’istruzione che aumenti sempre più la forbice sociale fra i cittadini più o meno abbienti, perché in questo si esplica, anche, il progetto attuale di riforma delle scuole superiori.
Affermiamo con forza che questa non è una riforma: le riforme determinano processi positivi di avanzamento democratico; quello del Governo è invece un progetto di vera e propria distruzione della scuola pubblica - malamente camuffato da operazione di risanamento del bilancio statale - che sarà portato avanti e realizzato attraverso interventi che non hanno alcun carattere progressivo, non rinnovano e non migliorano il percorso formativo degli studenti. Al contrario le misure adottate dal Governo rispondono ad una concezione astrattamente selettiva e non meritocratica della scuola, che non tiene conto delle diverse esigenze, dei bisogni, degli stili di apprendimento delle nuove generazioni, non dà valore al confronto tra esperienze e culture diverse, reintroducendo elementi di conflittualità interetnica.
Sbandierati come “riqualificazione” del sistema scolastico, i tagli della legge 133/08 e tutti i provvedimenti con cui sono stati attuati non risolvono le contraddizioni che di certo sono presenti oggi nel sistema scolastico, ma si iscrivono in un processo di destrutturazione della scuola pubblica, che vuole impoverirla, dequalificarla nel confronto con la scuola privata e svuotarla dei suoi fondamenti democratici.
Non possiamo più delegare ad altri il futuro della nostra scuola ed è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e cominciare un lavoro profondo,lungo e faticoso. Perché se questo modo di concepire l’istruzione avrà la meglio, noi, quella parte di noi che crede in una scuola diversa sarà definitivamente sconfitta. Denunciamo perciò non solo gli effetti devastanti della controriforma Gelmini nel mondo della scuola, con il drastico ridimensionamento del corpo docente e del personale ATA, l’aumento degli alunni per classe, la riduzione del tempo scuola, l’accorpamento delle classi di concorso, l’istituzione del maestro unico, il taglio degli insegnanti di sostegno, l’eliminazione delle ore a disposizione nelle scuole medie, la riduzione e l’eliminazione di molte materie nelle scuole superiori, ma anche le drammatiche ripercussioni del più grande licenziamento di massa dell’Italia repubblicana sul tessuto sociale, ed in particolare su quello delle regioni già duramente provate del meridione.
Reclamiamo la nostra dignità negata e ribadiamo il nostro dissenso ai contratti di disponibilità che anziché ridarci il nostro posto di lavoro offrono ad una ristrettissima fascia di lavoratori, poco più del 10% del totale, mansioni vaghe ed ultraflessibili, negativamente, in cambio di sottostipendi, aprendo così la strada a forme di lavoro parasubordinato anche all’interno della scuola pubblica.
Quattro mesi di scioperi e manifestazioni di piazza di tutti i tipi non hanno minimamente scalfito la determinazione del governo a proseguire nella sua opera di distruzione della scuola statale (l’unica veramente pubblica, che non fa distinzioni fra ricchi e poveri, fra figli di extracomunitari o italiani, e l’unica che tutela e che contemporaneamente si arricchisce della presenza degli alunni disabili).
Siamo oggi più che mai convinti che uno dei pochi strumenti rimasti nelle mani dei lavoratori della scuola contro l’arrogante sordità del governo siano le azioni di boicottaggio della burocrazia scolastica, come lo sciopero degli scrutini e della didattica. Azioni del genere richiedono l’appoggio degli studenti e il sostegno politico e tecnico dei sindacati, perciò riteniamo ormai indispensabile, partendo dalla nostra autonomia come movimento, proporre un’alleanza organica ai movimenti studenteschi e a quei sindacati che decideranno con ancora più forza e decisione di contrastare le politiche scolastiche del governo.
Siamo tuttavia consapevoli che da solo un semplice accordo tra organizzazioni di categoria non può risolvere nulla; pertanto riteniamo indispensabile che i lavoratori della scuola partecipino alla costruzione di una piattaforma che, unificando tutte le lotte dei lavoratori precari e stabili (anch’essi ormai purtroppo sempre più precari a causa della crisi del sistema economico!) in un unico progetto di difesa dei diritti sociali, contribuisca a ricostruire la consapevolezza della comune appartenenza al mondo del lavoro sotto attacco.
Le richieste del Coordinamento sono:
1) l’immediato ritiro di tutti i provvedimenti in materia di istruzione e ricerca portati avanti dal Governo, compresi il decreto cosiddetto  “salvaprecari” e la recente controriforma del sistema universitario;
2) l’abolizione del tetto massimo di un insegnante di sostegno ogni due alunni diversamente abili su base provinciale e ripristino delle deroghe per l’assegnazione di ore aggiuntive per casi di disabilità gravi (Legge 224/04);
3) l’immediato ritiro del piano per l’impiego parasubordinato dei lavoratori della scuola licenziati;
4) l’immediata utilizzazione di tutti i lavoratori della scuola inseriti  nelle graduatorie su tutti i posti disponibili;
5) l’istituzione di un piano triennale finalizzato alla progressiva immissione in ruolo di tutti lavoratori della scuola e la chiusura delle graduatorie ad esaurimento fino ad un loro reale termine;
6) la realizzazione di un piano di edilizia scolastica che affronti la difficile situazione in cui sono costretti ad operare quotidianamente docenti e studenti;
7) il ritiro dei finanziamenti statali, diretti e indiretti, alle scuole private, che sottraggono importanti risorse all’istruzione pubblica;
8) la salvaguardia e tutela delle scuole delle piccole realtà locali;
9) il rispetto della legge sulla sicurezza, di massimo 25 alunni per classe;
10) l’impiego di consistenti risorse finanziarie per la progressiva messa in sicurezza degli edifici scolastici;
11) l’obbligo del rispetto delle graduatorie ad esaurimento e della stipula di regolari contratti da docenti, come da Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, per le assunzioni nelle scuole paritarie;
12) il rispetto della normativa europea in merito al potenziamento della seconda lingua straniera;
13) la conduzione delle ore di “religione cattolica” a ore di “storia delle religioni”, con condizioni contrattuali dei docenti di tali materie uguali a quelle dei colleghi delle materie differenti.
In ragione dei danni gravi a carico del sistema dell’Istruzione locale, e nazionale, della situazione drammatica che ha causato la disoccupazione dei docenti “precari” e/o condizioni di lavoro inammissibili, che spesso vedono la mancata liquidazione dello stipendio da parte delle scuole, ledendo un diritto dei lavoratori, e non per colpa dei dirigenti ma per le esigue, o nulle, risorse date dal Ministero, della riduzione dell’offerta scolastica e della perdita di ore importanti di lezione, per l’eliminazione delle ore a disposizione nelle scuole medie, il Coordinamento dei Precari della Scuola della Provincia di Sassari chede, per la giornata di giovedì 4 marzo alle 16, la riunione degli Stati Generali della Scuola della Provincia di Sassari, alla presenza del Presidente della Provincia di Sassari, dei sindaci della Provincia, dei dirigenti scolastici, dei sindacati, dei genitori, dei lavoratori della scuola, precari e di ruolo.
Una manifestazione regionale in difesa della scuola pubblica, che si terrà a Sassari il 13 marzo alle 16, da piazza Santa Maria a piazza d’Italia.

1 commento

  • 1 Cristian Ribichesu
    28 Febbraio 2010 - 19:19

    La scuola italiana da anni soffre più problemi, ma la soluzione intrapresa per il suo miglioramento è certamente criticabile. Il tutto, come molti ben sanno, si è risolto in una drastica riduzione di personale, con un taglio di 42.104 docenti e 15.167 collaboratori scolastici (1.928 docenti e 591 collaboratori scolastici in meno per la Sardegna nel 2009/2010), per un totale di 52.171 posti di lavoro in meno in Italia per il corrente anno scolastico, che ammontano a 131.900 se considerati i tagli di tre anni consecutivi, e a fronte di un aumento di 37.441 alunni nel 2009 rispetto al 2008, “stipati” in classi che sono diminuite di 3.826 unità. I finanziamenti per l’Istruzione, poi, sono diminuiti nel tempo, dato che per il 2009 si è registrata una riduzione del 45,77% rispetto al 2001, e del 21,66% rispetto al 2008, e così l’investimento pubblico per questa voce risulta inferiore alla media dei paesi Ocse in proporzione al Pil.
    Proprio uno dei capitoli di spesa che maggiormente risentirà dei tagli della “riforma” è quello riguardante i docenti precari, che nello scorso anno scolastico erano 130.835, cioè il 15,66% dei docenti della scuola italiana. Negli anni, nonostante le esigenze di personale, il precariato scolastico è aumentato, poiché si è scelto di usufruire del lavoro di questi docenti risparmiando sulla stabilizzazione, tanto che dei 130.835 precari in servizio nel 2008/2009 ne sono stati licenziati 110.553 alla fine delle attività didattiche. Perciò sembra che ora si voglia diminuire il precariato non stabilizzando e allontanando sempre più dal ruolo i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento provinciali, le stesse da cui si attinge per l’assunzione a tempo indeterminato e determinato.
    E allora non si può che rimanere allibiti davanti ai commenti di cittadini che, estranei al mondo scolastico, ma tempestati dalle informazioni non sempre corrette, credono che si stia operando nel miglior modo possibile per il progresso della Scuola, addirittura pensando che si voglia perfezionare tutta la categoria dei docenti con l’istituzione di “innovativi” corsi di formazione per futuri insegnanti neo-laureati, come riferito dal Ministro all’Istruzione questo settembre, mentre si vogliono tagliare 133.000 precari (più di 80.000 insegnanti) che già hanno superato concorsi o scuole di specializzazione Ssis. Ma come si può parlare, infatti, di formazione di nuovi docenti se vogliono tagliare quelli che fanno parte delle graduatorie ad esaurimento? I nuovi corsi di formazione potrebbero o potranno apportare delle migliorie, ma non si può pensare di non assumere chi fa parte delle graduatorie ad esaurimento e che già ha affrontato un percorso lungo di formazione professionale: laurea; concorsi e/o specializzazione con selezione; ulteriori corsi di perfezionamento; anni di lavoro precario, anche coprendo 200 chilometri al giorno, e continua formazione in itinere.
    Certamente se si vuole migliorare il livello qualitativo dell’apprendimento sarebbe opportuno diminuire il numero massimo degli alunni per classe. Così, mentre tutti i Paesi OCSE vengono richiamati a investire maggiormente nell’Istruzione, mentre lo studio recente del settembre 2009 della Banca d’Italia, “I rendimenti dell’istruzione”, evidenzia i vantaggi economici dati da un maggior finanziamento del sistema scolastico, in Italia si prosegue con i tagli e si diramano informazioni che non sempre rappresentano la realtà, addirittura tenendo i genitori all’oscuro dei problemi che si stanno verificando quotidianamente nelle scuole, con una riduzione dell’offerta formativa a danno della formazione dei loro figli.
    In ragione di tutto ciò, e in seguito ai numerosi problemi verificatisi nel mondo della scuola, fin dall’inizio di quest’anno scolastico, nel territorio locale, il coordinamento dei precari della scuola della provincia di Sassari denuncia inoltre:
    • il danno arrecato alla scuola media, dove, con la cancellazione delle ore a disposizione, ogni qualvolta si assenti per un giorno un docente, si vede spesso la divisione degli alunni di una classe in altre differenti, sovraffollandole. Contemporaneamente, sempre alle scuole medie, secondarie di primo grado, si è negata la possibilità di lezioni individualizzate per quegli alunni con problematiche particolari che, generalmente, venivano seguiti proprio dai docenti che avevano ore a disposizione. Inoltre, troppo frequentemente, per non dire quasi tutti i giorni e in moltissime scuole della provincia (ma la stessa cosa capita in ambito regionale e nazionale), in mancanza di un docente, delle classi vengono fatte entrare a scuola un’ora dopo o fatte uscire un’ora prima, con un danno per l’andamento didattico disciplinare degli alunni, incalcolabile.

    • Il danno arrecato alle scuole elementari, dove molti docenti, che hanno dato la disponibilità, vengono richiamati dal giorno libero, per evitare le nomine dei supplenti; dove molti docenti di ruolo sono costretti a supplire in tutte le classi e per tutte le materie, anche religione, eliminando totalmente le compresenze, causando l’impoverimento dell’offerta formativa;

    • Il danno alle scuole secondarie di secondo grado, le superiori, per i buchi causati dalla riduzione del personale; dove si sono verificati casi di mancate nomine; dove, per la mancanza di ore a disposizione, si sono usati colleghi di sostegno, privando per delle ore gli alunni disabili del servizio tutelato dalla legge 104;

    • I sistemi di ammortizzazione sociale annunciati dal Ministro, con tanta enfasi, che ancora non sono concretamente operanti, dato che molti docenti non hanno neanche ricevuto il pagamento del tfr dello scorso anno, e, lavorando quest’anno per poche ore, hanno perso la disoccupazione di 800 euro per lavorare per poche centinaia di euro, e magari a parecchie decine di chilometri da casa e pagati non sempre puntualmente anche per quelle poche centinaia di euro (non si immagini tanto, 300, 400, 500 euro). In definitiva si rimarca il grave danno economico nei confronti dei docenti precari, molti dei quali non vengono pagati nelle scuole in cui lavorano, puntando il dito non sulle dirigenze scolastiche, spesso con finanziamenti sempre più esigui per i vari capitoli di spesa, quanto sul sistema più generale che, evidentemente, con questi ulteriori tagli, priva anche le stesse scuole delle risorse per pagare i supplenti, ledendo il diritto tutelato dalla legge per il pagamento degli stipendi nei tempi opportuni, e ragionevoli;

    • L’inefficacia dei progetti regionali contro la dispersione scolastica, che dovevano essere finalizzati anche all’inserimento lavorativo dei precari, almeno per il 60% dei totali finanziati alle scuole, attraverso dei contratti semestrali, ma che per continui rinvii, come la richiesta di un’ulteriore dichiarazione di disponibilità da parte dei precari, in linea teorica, se dovessero essere avviati a febbraio, vedrebbero il termine a luglio, con concrete difficoltà d’attuazione, dato che nelle scuole medie le attività terminano il 30 giugno ed è improponibile un recupero scolastico, facoltativo, in estate; l’inefficacia dei progetti regionali che dovevano servire anche per il completamento dell’orario di servizio dei supplenti ma che, in molte scuole, sembrerebbero incompatibili con le ore di servizio, ponendo molti colleghi docenti precari nell’impossibilità di avere un orario di lavoro completo;

    • Il danno a carico di molti lavoratori precari ATA, collaboratori scolastici, inseriti in prima fascia, che, pur avendo maturato 180 giorni di lavoro lo scorso anno, ma in modo non continuativo, si vedono superati dai colleghi di seconda fascia che lo scorso anno hanno lavorato per 180 giorni continuativi, il tutto per effetto della così detta legge “salva-precari”;

    • La carenza d’informazione sul disagio che si sta creando nella scuola ogni giorno, con disagi poco noti alle famiglie e a danno della formazione degli alunni;

    • Il danno arrecato alla formazione degli alunni e per il danno arrecato ai lavoratori precari della scuola, in assoluto disprezzo di alcuni diritti principali, come quello al lavoro, all’uguaglianza, all’istruzione.

    In poche parole a oggi esistono i casi dei docenti supplenti non pagati regolarmente, con ritardi di mesi; le numerose situazioni di alunni che, in mancanza di un docente vengono divisi in varie classi, sovraffollandole, anche oltre i limiti imposti dalla legge sulla sicurezza, e creando un problema per la normale conduzione delle lezioni, che in questo modo vengono spesso interrotte; l’ingresso posticipato di un’ora o l’uscita anticipata per molte classi in cui si verifica l’assenza di un docente; la mancata nomina di molti docenti e l’impossibilità di seguire in maniera individualizzata gli alunni difficili, per la mancanza delle ore a disposizione.
    E questa è solo la descrizione critica del quadro presente, che diventa ancora più drammatica in considerazione del riordino previsto da questa maggioranza governativa per il ciclo delle scuole superiori, le secondarie di secondo grado, dove, differentemente dall’operato di altri Paesi, si riporteranno le ore di lezione a 60 minuti, contraendo il pacchetto dell’offerta formativa, con l’eliminazione o la riduzione di alcune materie, come Geografia, Storia dell’Arte, Musica, Diritto, Lingue straniere, Italiano, Latino, e dove si creerà un canale a due vie, licei da una parte e istituti tecnico-professionali, con gli enti di formazione professionale, dall’altra, che aumenterà ancor più la forbice sociale fra i cittadini più e meno agiati, in totale contro i principi costituzionali che vedono uguali possibilità per tutti, indipendentemente dalle condizioni economico-sociali di ciascuno. Il “riordino” delle superiori, inoltre, vedrà una pesantissima contrazione dei posti di lavoro che, a cascata nelle scuole dei vari ordini e gradi, nonostante i pensionamenti, si prevede porterà alla perdita di migliaia di posti di lavoro anche fra i docenti di ruolo, ovviamente i più giovani con meno punti. Quindi, se da anni si ribadisce che la classe docente italiana è, per media, la più anziana d’Europa, indicando l’esigenza di un ricambio che, per un lavoro altamente usurante e di grandissima responsabilità (si educano e si istruiscono le giovani generazioni), servirebbe ad inserire nuove energie, si agisce diversamente portandoci anche in questo caso lontano dai parametri europei.
    Non evidenziamo, poi, un altro aspetto grave, cioè il fatto che il Ministro Gelmini, e la maggioranza insieme, abbia affermato, nell’estate 2008, da una parte che gli insegnanti che da anni lavoravano con supplenze annuali non avrebbero perso il posto di lavoro, e invece molti sono disoccupati da circa un anno e senza nessuna speranza di assunzione futura, e dall’altra che i docenti che avessero, nel mentre, iniziato un percorso scolastico con una classe, avrebbero lavorato con continuità in quella scuola fino al termine del ciclo di studi delle classi prese. Cioè, in parole povere, i docenti precari e di ruolo che avevano insegnato in una prima media nel 2008 avrebbero dovuto continuare con quella classe per altri due anni, fino alla terza media, e così, dalla prima fino alla quinta, per le superiori, in difesa della continuità didattica, proprio perché il Ministro ribadiva che i precari supplenti annuali dovevano essere stabilizzati nelle scuole in cui lavoravano, perché i continui spostamenti danneggiavano la didattica. Invece anche questo aspetto è stato disatteso, offendendo sia i docenti che gli alunni e i genitori degli alunni.
    Come ribadito, la “riforma” Gelmini è data essenzialmente da un enorme taglio a carico del personale scolastico precario, con ricadute pesanti sulla didattica offerta nelle scuole, e contemporaneamente un danno incalcolabile nel breve termine, ma pesante e grave per le conseguenze negative che apporterà nel sistema socio-economico del Paese intero in un futuro recente.
    È statisticamente provato che un maggior investimento in cultura, istruzione e ricerca comporta un conseguente miglioramento sociale ed economico. Qualsiasi sistema, inoltre, per funzionare deve avere a disposizione tutte le risorse che lo completano organicamente, risorse umane, finanziarie, organizzative e strutturali, mentre questa “riforma Gelmini” taglia tutte queste voci. Si rimane allibiti, inoltre, davanti all’affermazione del Ministro all’Istruzione di voler migliorare la Scuola con una nuova formazione dei docenti, dato che i docenti preparati e qualificati esistono e da anni lavorano come precari in mezzo a mille difficoltà. E intanto molti docenti precari, supplenti, come scritto, stanno lavorando in previsione di uno stipendio il cui pagamento viene posticipato nel tempo, perché in molte scuole mancano le risorse finanziarie per pagare supplenti, materiali e sussidi didattici, e le manutenzioni spesso sono carenti, troppo. In ragione di tutto ciò il Governo, proprio vedendo la riduzione progressiva dei finanziamenti per l’Istruzione, avrebbe dovuto aumentare le risorse per la Scuola, non diminuirle facendo breccia nei problemi esistenti e creando una voragine. In merito alla Sardegna, inoltre, si ribadisce che, anche in considerazione dell’alto indice di dispersione scolastica e dei bassi livelli di apprendimento scolastico caratterizzante la nostra regione, fanalino di coda d’Europa e d’Italia, sarebbe opportuno prevedere l’assunzione di più personale docente proprio per il miglioramento dell’offerta formativa, non il contrario, dato che non è possibile impostare una riforma senza considerare le problematiche locali, perché in questo modo, sulla base di un taglio orizzontale di falsa uguaglianza, s’imposta un trattamento disuguale a danno delle regioni che già sono più penalizzate.
    Evidentemente, in questa grave situazione ai danni di uno dei principali comparti dello Stato, il principale ente educativo di formazione culturale pubblica, non si può più tollerare uno stato di apatia complice della deriva della scuola. Invece, è importante che, davanti alla prova provata del malfunzionamento scolastico, per il taglio di risorse ed organici, davanti all’effettiva esigenza di più personale scolastico, in una scuola che vede classi sempre più numerose e difficilmente gestibili, tutti, genitori, docenti precari e di ruolo, dirigenti, politici di ogni schieramento, si attivino per difendere la scuola pubblica, la formazione dei giovani e la sorte degli stessi docenti e collaboratori precari. Uno sforzo di coscienza, in questo frangente, risulta doveroso, e nessuno degli interessati può esimersi dal collaborare.

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