Scuola: crescono gli squilibri col federalismo fiscale?

27 Febbraio 2010
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Rosamaria Maggio - Coordinamento Nazionale CIDI

La legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 in materia di federalismo fiscale è una legge di attuazione dell’art.119 della Costituzione.
Il nuovo dettato dell’art. 119, dopo la riforma del titolo V, attribuisce alle Regioni, Comuni , Province e Città metropolitane, l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la compartecipazione al gettito di tributi erariali.
Prevede l’istituzione di un Fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Con queste entrate i Comuni, le Province ,le Regioni e le città metropolitane provvedono al finanziamento integrale delle funzioni loro attribuite .
Per promuovere lo sviluppo economico,la coesione, la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona o provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive .
Quali conseguenze per la scuola dal nuovo impianto tributario?
Noi sappiamo che lo Stato in materia scolastica manterrà la funzione legislativa esclusiva per quanto riguarda le materie del 117 lett. n ed m e cioè le norme generali sulla istruzione e quelle sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP).
In queste stesse materie le regioni hanno competenza legislativa concorrente ed esclusiva per quanto riguarda la istruzione e formazione professionale.
Saranno i decreti delegati a stabilire quali spese saranno a carico delle regioni e degli altri enti locali, ma questi ultimi potranno sostenerle nei limiti dei costi standard associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale
Anche la ripartizione del Fondo perequativo previsto sia in favore delle regioni che degli altri enti. dovrà tener conto del costo standard dal quale non ci si potrà scostare.
E’ chiaro che le spese scolastiche saranno a carico delle regioni e poi dei comuni e delle province in relazione alle rispettive competenze amministrative.
Le entrate saranno evidentemente a carico delle Regioni sia sotto il profilo di compartecipazione a tributi erariali ma anche con l’istituzione di tributi propri e con la distribuzione del Fondo perequativo.
Il primo pericolo è rappresentato dal fatto che “ il calcolo dei livelli essenziali per le prestazioni sociali sia compresso a quote minimali” come dice Andrea Manzella nel suo articolo su La repubblica “I 7 peccati del federalismo fiscale” del 6.5.09. “Che questo pericolo ci sia,dice sempre Manzella, lo suggerisce quella norma del progetto che fissa un “livello minimo assoluto” per le aliquote fiscali che dovrebbero assicurare “il pieno finanziamento del fabbisogno” (art. 8, comma 1, g”)”.
Viene cioè delineato un sistema tributario che partendo dalle risorse che saranno in grado di reperire le regioni e gli altri enti locali,dovranno finanziare tutte quelle spese che derivino dalle materie di legislazione esclusiva e concorrente. Naturalmente per il contribuente non cambierà nulla se non il fatto che mentre ora il maggior impositore è lo Stato ,in futuro sarà la Regione. Le Regioni ovviamente dovranno esercitare questo loro potere entro i limiti stabiliti dallo Stato e nel contempo potranno usufruire di entrate derivanti da compartecipazione a tributi erariali determinati sulla base del criterio della territorialità. Ovviamente in un paese dove è ancora molto forte il divario tra nord e sud questo significherà maggiori entrate ancora per le Regioni del nord. Il Fondo perequativo servirà a consentire alle regioni con minor capacità contributiva individuale di ottenere entrate per garantire i LEP (anche in materia scolastica o sanitaria ad es.),mentre solo le Regioni più ricche(del Nord?) potranno beneficiare di entrate maggiori derivanti da tributi erariali il cui gettito derivi dalla ricchezza prodotta a livello territoriale.
Il che non vieterà ad esempio di superare i LEP qualora ciò non comporti di superare i paletti posti dalla legge in termini di efficacia ed efficienza della spesa pubblica nonché di equilibrio di bilancio..
Si delinea perciò uno Stato che mira a garantire le prestazioni minime e già la riforma Gelmini è improntata a questa logica,ma anche la possibilità che la sperequazione regionale aumenti. Ciò non vuol dire che poi nelle Regioni più ricche vi sarà una istruzione per tutti,bensì’ che in queste Regioni ci saranno maggiori servizi all’interno di una scuola strutturata sulla base di diversi canali.

1 commento

  • 1 Democrazia Oggi - Il federalismo fiscale e Meridione
    7 Marzo 2010 - 06:17

    […] 42/2009 merita qualche riflessione, oltre quella già formulata nei giorni scorsi su questo sito da Rosamaria Maggio. Col Federalismo fiscale va ad esaurimento la c.d. spesa storica degli enti locali. Tendenzialmente […]

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