Un’assemblea di teste pensanti, che dribbla i veri problemi de Il Manifesto

17 Novembre 2010
1 Commento


Gavino Piredda, studente di legge
Ecco il secondo intervento (dopo quello di Andrea Pubusa) sull’assemblea di avantieri a sostegno de Il Manifesto.

Bella assemblea di teste pensanti, canute o calve. Spettacolo all’altezza sia all’inizio con la lettura di un testo e le canzoni di Elena Ledda e Palmas, e, alla fine, col duo Biolchini-Arthemalle che ci parlano dell’oscura vicenda dello scempio dell’anfiteatro romano.
Il dibattito: un sentito, anche se un po’ rituale, impegno a mantenere in vita una testata storica della sinistra a difesa della generale libertà di informare ed essere informati. Interessante la contestazione del mercato che non può certo regolare tutto e tanto meno le libertà fondamentali. Anzi queste libertà sono fondamentali e inviolabili - come dice la Costituzione -proprio perché fuori mercato. Come ha sostenuto più d’uno nel dibattito, l’intervento pubblico è finalizzato a mantenere spazi di libertà che il mercato è destinato immancabilmente a chiudere. Come si tutela l’ambiente e la salute ed altri diritti fondamentali con il finanziamento pubblico, così si deve tutelare la libertà di stampa.
Nel mezzo di questa pacata discussione si colloca l’intervento, dichiaratamente provocatorio, di uno studente, che invita a prendere atto della morte de Il Manifesto in considerazione dell’età ormai avanzata dei convenuti. E’ una sollecitazione a riflettere sulla fattura del giornale, sui suoi contenuti e sui suoi lettori. Tutti intervengono a negare che la giovinezza sia un dato determinante, ma omettono di considerare che, data l’età, i presenti nel 1971, quando il giornale è nato, avevano meno di trent’anni e qualcuno anche meno di venti. Valentino Parlato, presente all’assemblea, uno dei padri fondatori, forse si avvicinava alla quarantina. Insomma, una straordinaria impresa di giovani che introducevano elementi di novità e rottura nel pur ricco alveo della sinistra di allora. Ora, a vedere i presenti, Il Manifesto sembra aver mantenuto i vecchi sostenitori senza averne conquistato di nuovi. E’ un problema? Direi si sì. Merita d’essere discusso? Direi ancora di sì. Ad essere onesti, Il Manifesto sembra riprodurre il vizio capitale di tutte le grandi imprese della sinistra rivoluzionaria, che frutto di giovani e giovanissimi, diviene col tempo appannaggio di gerontocrazia, senza una capacità di rigenerazione interna. E’ successo così alla Rivoluzione d’ottobre ed ora, sotto i nostri occhi, a quella cubana. Il Manifesto, in piccolo, mostra lo stesso difetto. Perché non pensare ad un radicale rinnovamento della direzione e a robuste nuove immissioni nella redazione. Così fu rilanciata L’Unità da Furio Colombo e Padellaro e così è nato e naviga bene anche come vendite Il fatto quotidiano, che non prende soldi pubblici. Insomma, la sopravvivenza de Il Manifesto dipende solo in minima misura dal finanziamento dei lettori, pur importante; è legata soprattutto alla sua capacità di essere un giornale non solo dell’intellettualità colta e anziana del nostro Paese. Deve intercettare anche chi oggi, in ragione dell’età, vive ed opera nei gangli vitali e decisi della società, dalla fabbrica alle università.
Quel mio coetaneo - col suo intervento - voleva stimolare a questa riflessione difficile ma necessaria. La sua positiva provocazione, però, è caduta nel vuoto.

1 commento

  • 1 Antonello Zanda
    17 Novembre 2010 - 18:38

    Caro Gavino, mi devi far capire come dall’analisi delle presenze in un’assemblea locale, deduci che “Il Manifesto sembra aver mantenuto i vecchi sostenitori senza averne conquistato di nuovi”. Mi sembra che per fare una valutazione così complessa ci voglia qualche dato in più. “Il Manifesto sembra riprodurre il vizio capitale di tutte le grandi imprese della sinistra rivoluzionaria, che frutto di giovani e giovanissimi, diviene col tempo appannaggio di gerontocrazia, senza una capacità di rigenerazione interna”. Stai parlando di qualcosa che conosci?. La direzione del Manifesto oggi è di Norma Rangeri, che non definirei certo appartenente alla “gerontocrazia”. Ma forse volevi dire che quando uno ha una memoria storica come quella di Valentina Parlato deve stare zitto, non scrivere più, e lasciare spazio agli altri purché giovani. Io che leggo il Manifesto quasi quotidianamente mi sono invece accorto che ci sono molte firme giovani. E poi quali sono i giovani? Quand’è che uno smette di essere giovane (a quale età?). Il giovane che è intervenuto l’altra sera ha in realtà detto una grande cazzata, perché auspicare la morte di un giornale che vende 20 mila copie, poche o molte che siano, e che ha un numero di lettori molto superiore ai 20mila, giovani o vecchi che siano i suoi lettori, è e resta una cazzata! E la cazzata è ingigantita dal fatto che non ha spiegato perché e non è entrato nel merito di una dichiarazione così volgare e arrogante. Un quotidiano dovrebbe morire perché non parla ai giovani come lui? E perché? La verità è che il giovane che è intervenuto appartiene probabilmente alla categoria dei giovani che si informa solo in internet o che non legge i quotidiani. Guarda i dati riguardanti la vendita di tutti i quotidiani e ti accorgerai che il calo è drammatico e riguarda tutti. Non ho trovato la sua provocazione né positiva (è positivo augurarsi la morte di una testata storica”), né costruttiva: non ha fatto alcuna proposta costruttiva (non era in grado di farlo né era sua intenzione). Ha detto solo: dovete morire!

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