La Sardegna sprofonda: il Sulcis-Iglesiente più povero d’Italia

13 Dicembre 2010
2 Commenti


Andrea Pubusa

Che tristezza, il mio Sulcis, secondo l’Unioncamere, è la terra più povera d’Italia! Possibile! Abbiamo sempre pensato che l’indigenza più nera colpisse le province del profondo Sud e invece ce la troviamo in casa. ma proprio Carbonia ed Iglesias non l’avremmo immaginato. Centri minerari ad alto tasso di occupazione nel primo dopoguerra, terra di immigrazione da tutta Italia. A Carbonia negli anni ‘60 il Comune ha verificato i luoghi di provenienza dei propri abitanti e ce n’erano di tutte le regioni, di quasi mille comuni. Chi è vissuto a Carbonia negli anni ‘50-’60 conosce tutte le varianti del sardo, ma anche il siciliano, il pugliese, il calabrese, l’abruzzese, il napoletano, il veneto e il toscano. Ad Iglesias ci sono cognomi di chiara provenienza continentale e perfino francese. Nella zona mineraria hanno trovato lavoro e si sono formati una famiglia giovani operai di tutta Italia con alle spalle dure esperienze di lotta: dalle miniere toscane e siciliane, al bracciantato del profondo sud.
Questa massa raccogliticcia di operai e tecnici, grazie ai partiti e ai sindacati, ha formato una comunità coesa, che con grandi lotte, dalla seconda metà degli anni ‘50 ha difeso l’occupazione nei bacini minerari, puntando poi ad una riconversione industriale, a P. Vesme, che oggi, a trent’anni di distanza, risulta completamente fallita. L’esito è la fine di un tessuto economico, con l’aggravnte dell’impossibilità dell’emigrazione. Oggi nel Sulcis-Iglesiente il 30% della popolazione è disoccupata e senza speranze.
Questa terra è stata per l’Isola il varco di tutte le innovazioni politiche e culturali, dai fenici (che s’instaurarono prima a Solci che a Cagliari), agli Spagnoli (che sbarcarono nel Golfo di Palmas), al Socialismo (ch’ebbe nei battellieri di Carloforte e in Cavallera i suoi primi protagonisti prima di dilagare nelle miniere). Tutte le novità politico.culturali  prima sono passate di là. Eppure oggi questa terra ha toccato il fondo e s’intravede anche una mutazione politico-culturale, col crescente successo del centrodestra, un tempo limitato a S. Antioco.
Il problema è grave e investe la classe politica e le forze sociali dell’ ex area mineraria. Gli interrogativi sono inquietanti (e forse spiegano l’incapacità di dare risposte). Come mai non si è riusciti a formare dei gruppi dirigenti all’altezza dei problemi? Come mai ai grandi combattenti del primo dopo guerra è succeduta una dirigenza burocratica, codina e autoreferenziale? La risposta và cercata negli anni ‘70 e ‘80, quando anche il Sulcis fu attraversato dall’avanzamento generale del Partito comunista e, nei paesi, giovani intellettuali formatisi nelle lotte studentesche ed operaie irrompevano nel Partito e nel sindacato. Ma fu del pari metodica la loro emarginazione, la preclusione agli organismi dirigenti. Un’eccidio di possibili amministratori e dirigenti che non conosce pari e il tutto per lasciare al vertice i modesti dirigenti (si fa per dire!), che pian piano hanno portato la popolazione alla rassegnazione e ad essere facile preda del clienteslismo di Giorgio Oppi e di Claudia Lombardo. La débacle alle ultime elezioni elettorali ha qui le sue radici profonde.
Il fenomeno però investe l’intera Sardegna se è vero come è vero che se Carbonia-Iglesias è in testa nella graduatoria delle zone povere, quinta è l’Ogliastra (43.807), settima il Medio Campidano (48.347), ottava Oristano (48.546 euro). Insomma, cinque le sarde tra le peggiori d’Italia nella classifica delle sofferenze bancarie. A star peggio di tutti, in Italia, come si è detto, è Carbonia-Iglesias, con il 27,5% di sofferenze sui prestiti richiesti. Terza Nuoro (13,8), quinta Sassari (12,8), ottava l’Ogliastra (11,5), decima il Medio Campidano (11,2). La media nazionale è 4,9%. Nè può rallegrarci il fatto che in questa classifica la prima provincia del Mezzogiorno e’ Olbia-Tempio con un valore di 23mila euro (al 63esimo posto).
Questa catastrofe economico-sociale è il risultato di governi e classi politiche regionali incapaci di darsi obiettivi comuni e di mobilitare su di essi le istituzioni e il popolo sardo. Vogliamo parlarne? O cosa di peggio aspettiamo ancora?

Ecco una scheda sulla graduatoria Unioncamere

Se Milano si conferma la citta’ piu’ ricca, alle sue spalle questi 15 anni di storia hanno registrato un rimescolamento di situazioni locali, con province che hanno messo a segno miglioramenti importanti (Rimini, Trieste e Lucca salgono nel 2009 di una trentina di posizioni rispetto al 1995) e retrocessioni davvero pesanti (come quelle di Pordenone, Biella e Lodi che perdono oltre 20 posizioni). Tutto questo secondo la classifica economica di Unioncamere, la federazione delle Camere di Commercio.
Il quadro complessivo, tuttavia, non sembra cambiare nella sostanza, visto che l’Italia continua a viaggiare a due ben diverse velocita’. Infatti, lo scorso anno il Pil pro capite del Mezzogiorno (17mila euro) si e’ rivelato poco piu’ della meta’ di quello del Centro-Nord (attorno ai 29mila euro), risultando inferiore di oltre il 30% rispetto a quello medio nazionale (25mila euro). Del resto, le prime dieci province con il Pil per abitante piu’ elevato (Milano, Bolzano, Bologna, Aosta, Roma, Modena, Bergamo, Mantova, Rimini, Forli’-Cesena) appartengono tutte,
ad eccezione di Roma, al Settentrione, presentando valori che vanno dai 36.530 di Milano ai 30.724 di Forli’-Cesena. A
queste, si contrappongono nelle ultime dieci posizioni tutte province del Meridione (Brindisi, Foggia, Napoli, Trapani,
Vibo Valentia, Enna, Caserta, Crotone, Agrigento, Carbonia-Iglesias), con valori oscillanti tra i 16.020 di Brindisi ed i 14.346 di Carbonia-Iglesias.
Escludendo Roma, la prima provincia del Centro in graduatoria risulta Firenze (al 18esimo posto) con un pro capite di
30mila euro, mentre la prima del Mezzogiorno e’ Olbia-Tempio con un valore di 23mila euro (al 63esimo posto).

2 commenti

  • 1 Antonello Gregorini
    14 Dicembre 2010 - 17:19

    Bisognerebbe parlarne e dopo che se n’é parlato disegnare un progetto di rinascita.
    Mi domando però se davvero esiste la volontà di incidere sulle “radici della decadenza”.
    Quello che scrivo nella nota sotto linkata vale non solo per Cagliari ma per tutta l’Isola

    http://forumcivico.blog.tiscali.it/2010/12/11/le-radici-della-decadenza/

  • 2 Enea Dessì
    15 Dicembre 2010 - 06:06

    Andrea, perchè soltanto Oppi e Lombardo? E Cherchi e Cabras dove li metti? Ho inviato una mail a un amico chiedendogli cosa offre il territorio a una azienda ICT che necessita di 80 assunzioni. Se qualcuno lo sa si faccia avanti, Si richiede quello che viene offerto se si assumono lavoratori in mobilità ma per tutte le assunzioni. Non sentono o fanno finta di non sentire.

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