L’Italia? Un sultanato governato da una destra antidemocratica

3 Gennaio 2011
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Andrea Pubusa

Esaurite tutte le effusioni buoniste di rito, finite inevitabilmente nella crapula, possiamo guardare alla vicenda nazionale e regionale senza infingimenti? Tanto più che i fatti di questi giorni offrono più di un motivo di riflessione.
Che Paese è mai il nostro che ha un Presidente della Repubblica che promulga una legge, la c.d. riforma Gelmini sulla Università, ammettendo ch’essa in alcune parti viola la Costituzione? Non era suo preciso dovere di Custode della Costituzione rinviarla alle Camere? Poi, quasi a rimedio, Napolitano pone i giovani, che gli avevano chiesto di non promulgarla, al centro del discorso di fine anno. Dice cose giuste. Ma quale credibilità può venire da due atti, a distanza di giorni, di segno diametralmente opposto? Anzi, il secondo sembra voler coprire le manchevolezze del primo, quasi a copertura di un senso di colpa per non aver corrisposto alla fiducia riposta nel Presidente dalla delegazione studentesca.
E non ha un segno contraddittorio il pestaggio degli studenti e il dialogo subito aperto al Colle? Certo s’intravede una diversa sensibilità. In piazza l’ordine ad impartire una lezione ai giovani veniva da Maroni, al Colle c’è un signore che ha trascorso tutta la sua vita nel PCI, anche se poi, con molti gesti, ha lasciato intendere d’esserne largamente pentito o, peggio, di essere stato lì, ma per sbaglio..
Anche ai nostri pastori prima il bastone a Civitacecchia e poi la carota (milioni a gò gò, a parole) del Ministro Galan. Solidarietà generalizzata dei politici sardi con ansia da caminetto di fine d’anno. Di fatto, però, rimane solo il pestaggio, l’impedimento all’esercizio di libertà costituzionali, tutto l’altro chissà se verrà (aspetta e spera…).
C’è qualche intreccio con la vicenda Fiat. I media parlano dell’accordo Fiat, mentre quella vicenda evidenzia un disaccordo radicale fra sindacati (alcuni al servizio di Marchionne), altri con la pretesa di trattare e di firmare l’accordo dopo una trattativa e non genuflessi davantti al padrone. Ma quale il trait d’union coi pastori? Qui iniziano le dolenti note. Quell’accordo viola la Costituzione, che tutela le associazioni sindacali e la libertà sindacale. Stabilisce anche che i contratti contengono norme giuridiche (sono fonti del diritto) da applicare nelle aule di giustizia al pari delle leggi, ma vuole che la loro approvazione avvenga con procedure democratiche, rispettose della rappresentanza dei lavoratori, e certo tale non è un’approvazione che nasca dall’esclusione di un importante organizzazione sindacale, che vuole si tenga conto di posizioni e interessi diversi. Ecco allora che l’ “accordo” Fiat fa il paio col pestaggio dei pastori. Due vicende paradigmatiche di violazione di diritti fondamentali, di libertà inviolabili, per ordine o col plauso dei nostri governanti.
Avete sentito nei giorni scorsi Sacconi, Maroni, La Russa e Gasparri? Hanno detto qual’è in Italia la Costituzione materiale, quella vigente, quella che loro applicano nei loro atti di governo. Un’Italia con un governo contro il lavoro e i lavoratori, un’Italia razzista, un governo che ammette la libertà per i propri adepti (gli allevatori leghisti che bloccano il traffico in autostrada e gettano carrettate di merda a Roma) e usa la violenza contro gli altri (gli studenti, i pastori sardi). I dirigenti e i sindaci leghisti hanno manifestato spesso qual’è la loro visione sulle libertà, mostrando di far proprie posizioni non lontane da quelle che stavano alla base delle odiose discriminazioni razziali di stampo fascista.
Ed allora perché meravigliarci se altri Paesi e un Presidente democratico come Lula ci vedono quali noi realmente siamo? Ci considerano un Paese, senza Costituzioone, che ha sospeso molte libertà costituzionali, uno Stato governato da personale proveniente dalle fila dei movimenti fascisti, con ministeri, regioni e comuni (compresa la capitale) occupati perfino da picchiatori fascisti. Che dire se all’estero i democratici leggono il voto del 14 dicembre pro Berlusconi come la volontà del nostro Parlamento di non aderire neanche ad una destra moderata (quella di Fini e Casini), rispettosa della Costituzione? E, del resto, quale immagine dell’Italia offre Berlusconi nel mondo se non questa? Un sultano, che intende la politica estera come cura degli interessi economici propri e dei propri amici. Un sultanato in cui la legge vale solo per gli altri, ma non per il sultano e i suoi amici. Un sultanato in cui il parlamento è nominato in larga parte dal sultano e in minor parte dai piccoli visir che lo circondano. Un luogo dove tutto è soggetto o alla diversa forza dei capibastone o a quella del danaro. E’ un’immagine non diversa da quella della Russia dell’amico Putin.
Cari compagni/e ed amici/e, certo suscita turbamento che un criminale come Battisti non venga estradato, ma ne creano ancor di più le motivazioni dell’Avvocatura dello Stato brasiliana. Se assumessimo con serietà la terrificante verità del messaggio di Lula forse, noi democratici, la smetteremmo di trastullarci nelle nostre divisioni e ci interrogheremmo non astrattamente sul reale tasso di democraticità del nostro Paese e della nostra rappresentanza, anche nel centrosinistra. Forse faremmo qualcosa di molto forte con ferma determinazione. Ma per ora cazzeggiamo con auguri e buonismi di circostanza.

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