La novità è grande, ma la situazione è complicata

25 Febbraio 2013
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Amsicora

Una cosa è certa. Berlusconi è resuscitato o,  forse meglio, è stato resuscitato. Questa è la vera novità. L’exploit di Grillo era previsto. Era impossibile non sentirlo. Ma si pensava prendesse da tutte le parti. Invece, ha preso più nel centrosinistra che nel centrodestra. Ha prosciugato Ingroia, che voleva dar voce con più razionalità alle stesse esigenze, ma non è uomo di spettacolo.
Il deludente risultato di Monti era nell’aria. Monti che, doveva fare da traino nella prospettiva di un’alleanza di governo col centrosinistra, è diventato la palla al piede del PD. Ed anche questo era evidente, anche se non si sapeva in quale misura. E’ stato l’abbaglio dei democratici verso Monti a far chiudere le porte in faccia a Rivoluzione civile, limitando così la massima estensione della coalizione. E qui viene in risalto il ruolo di Napolitano, che ha sponsorizzato Monti e posto il veto su un’apertura ad Ingroia, il PM che ha condotto le indagini sulla trattativa Stato-mafia e che ha intercettato Napolitano-Mancino, su cui il Presidente della  Repubblica ha sollevato il conflitto di attribuzioni fra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale. Veto doppio, perché avanzato anche contro il principale alleato di Ingroia, quel Di Pietro unico oppositore al governo Monti da sinistra. Dunque, la linea Napolitano, vero regista della politica dell’ultimo anno in Italia, è stata severamente sconfitta dal voto degli italiani, portando all’attuale cul de sac.
Quanto al cavaliere, viene ancora una volta dimostrato che o il tuo avversario lo accoppi quando è a terra oppure se gli dai la possibilità di rialzarsi, ti colpisce. E’ una vecchia regola della politica. Lo disse anche il segretario fiorentino 500 anni fà, quando individuò nella condotta del Valentino un unico, ma esiziale errore: alla morte del padre lasciò salire al soglio pontificio un uomo, Giuliano della Rovere, alias Giulio II, alias il papa guerriero o terribile, che era stato nemico del padre Alessandro VI e suo, nella convinzione, favorendone l’elezione, di renderselo amico e in debito di gratitudine. E poi sappiamo com’è andata. Berlusconi, fuori gioco un anno fà, come  in tanti hanno  ammonito, ha usato Monti per riprendere fiato, coinvolgere Bersani in una politica antipopolare, per poi tornare con decisione alla ribalta e impedirgli di vincere.
Ora, il quadro è estremamente complesso. C’è la novità Grillo, che porta aria fresca e pulita in parlamento, ma con cui - come lui stesso ha detto - non è possibile fare inciuci. Con lui, però, il PD dovrà fare i conti: non potrà formare maggioranze diverse, pena la disfatta di qui a sei mesi o un anno; non potrà neppure allearsi con Grillo, perché il comico non fa alleanze. L’unica cosa che può fare, se vuol governare, è tirare la carretta sotto la frusta del giullare genovese, che lo appoggerà in senato solo a condizione di porre mano a quelle radicali riforme, che la gente chiede da anni, ma a cui anche il PD è rimasto sordo. E questo è il punto. Il PD non ha voluto la nuova legge elettorale, quella sul conflitto d’interessi, la lotta ai privilegi della casta e tante misure sociali non perché impedito da altri, ma perché il suo corpo dirigente centrale e periferico non le ha volute. E’ ormai da un’altra parte, culturalmente e politicamente. Il suo distacco dalla sua ormai lontana, almeno per una parte, matrice comunista è totale. Non è un caso, ad esempio, che in Sardegna il PD sia contrario in Consiglio regionale a qualsiasi disciplina sul conflitto d’interessi. Un partito siffattto non può oggi allearsi con Berlusconi, ma neppure marciare sotto il pungolo di Grillo. E non potrà però neppure rimanere immobile come l’asino di Buridano che affamato e assetato, messo fra un secchio d’acqua e uno di biada, per l’indecisione è morto di fame e di sete. Come si vede,  gira, gira la causa di questa crisi sta nell’indecisione del PD, nella sua essenza di partito senza storia e senza riferimenti, nè di centro nè di sinistra, avendo mandato alle ortiche ogni retroterra ideale e ogni matrice storica. Non passerà molto tempo e si riaprirà lo scontro politico interno. Lo imporrano le scelte difficili da assumere. Resisterà l’unità interna davanti alle prove impegnative dei prossini giorni e mesi? Renzi ha dato una mano, ma scalpita e fra non molto passerà all’incasso.
Nanni Moretti aveva regione, qualche anno fà, nel dire, a Piazza Navona, che con questi dirigenti il centrosinistra non vincerà mai. Ma ha, ancor più di lui, coglie nel segno Andò,  il regista di “Viva la libertà”, quando dice che per vincere bisogna volerlo, fortissimamente volerlo e il PD, ahinoi!, non lo ha voluto nell’attimo fuggente in cui la vittoria era a portata di mano. Anzi allora si è inventato il proprio becchino, il Prof., e il resuscitatore del Cavaliere, sempre il Prof., con la benedizione di Napolitano. Ora è tutto più difficile, tremendamente complicato.

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