Regione: una legge elettorale pro astensione

28 Giugno 2013
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Andrea Pubusa

Ecco scodellata la nuova legge elettorale sarda con poche luci  molte ombre. Luce, una sola l’abolizione del listino, quella schiera di persone, nominata d’ufficio, eletta al diretto servizio del  Presidente, una sorta di guardia del corpo. Idea d’altre epoche storiche, partorita da menti malate, cui si deve lo sfascio istituzionale (e non solo) del nostro Paese.
Per il resto la nuova legge regionale ha solo ombre. E’ ancora frutto di menti, a cui è sconosciuta perfino la materia che stanno trattando. La legge elettorale infatti disciplina la trasformazione del voto degli elettori in seggi. Dunque è quella che regola la rappresentanza, elemento centrale, anche se non unico, di qualsisasi sistema democratico.
E’ intuitivo che la rappresentanza è meglio assicurata dai sistemi interamente proporzionali, ma è anche vero che l’applicazion integrale dei principi talora è sconsigliabile perché può produrre qualche controindicazione. Tutti i sistemi proporzionali conoscono quindi piccoli correttivi, in genere volti a contenere l’eccessiva frammentazione della rappresentanza. Ma una cosa è un correttivo, altra cosa è uno stravolgimento. Lo è, ad esempio, su scala regionale uno sbarramento del 5% alle liste che si presentino da sole, fuori da qualsiasi coalizione. Lo è il 10% per una coalzione. Per intenderci stiamo parlando di decine di migliaia di voti. Vi sembra che la lista che abbia 15-20 mila voti non debba avere un seggio nel Consiglio regionale? Vi pare che una coalizione che non raggiunga il 10%, ma il 9% debba vedere vanificata la propria rappresentanza?
Si obietta: la legge elettorale deve favorire la governabilità. Ma cosa s’intende per governabilità? Scegliere prescindendo o contro la volontà popolare? E’ governabilità quella che stimola oltre misura l’astensione? A ben vedere l’unico antidoto contro le giravolte è l’ancoraggio sociale dei partiti, il carattere non personale delle liste. Sono le consorterie a creare fibrillazioni continue, a prescindere dal sistema elettorale.
Col sistema elettorale occorre bilanciare con rigore alcuni elementi: anzitutto la rappresentanza, cui è collegato il contenimento dell’astensione, ossia il favor partecipationis, limitando nel contempo la frammentazione. Ebbene, un sistema che meglio mette insieme questi elementi è un sistema proporzionale con ragionevole sbarramento. In sede regionale uno sbarramento del 2-3% (venti-trentamila voti) è serio. In passato, prima delle folli manomissioni degli anni ‘90, in Consiglio regionale c’erano 7-8 partiti, radicati nella storia italiana e sarda. Gli altri rimanevano alla stato di movimenti, con un utile funzione di stimolo politico esterno. A ben vedere la frammentazione è incentivata proprio dai premi di coalizione, come previsto dalla legge recentemente approvata. Per lucrare i seggi-premio, le coalizioni si vedono incentivate a non escludere alcuno, con la conseguenza che sigle messe sù da qualunque avventuriero o fuoriuscito trovano ospitalità in lista, salvo poi il turismo politico dopo l’elezione. Quale vantaggio ne ricavi una seria governabilità, intesa come capacità di studiare e risolvere i problemi, come radicamento sociale delle liste e delle coalizioni, non è dato sapere. Non c’è stato periodo della storia regionale più ingovernabile e ingovernato di quello attuale. Più si fanno leggi elettorali strane più cresce l’ingovernabilità. Si ricorda spesso come esempio negativo la Presidenza Palomba, ma si dimentica di dire che, seppure con varie crisi, ha governato per l’intera legislatura e che ha prodotto molto di più di quelle successive. Per credere, provate a fare un inventario delle leggi di quella legislatura e paragonatelo con quelli delle presidenze successive. Se si bada ai risultati, quelle giunte furono senz’altro più produttive di quelle venute dopo. Paradossalmente al sistema presidenziale corrispondono legislature quasi prive di legislazione, paralizzate non dalle crisi di giunta, ma dagli scontri endemici nella maggioranza. Alle crisi di giunta del passato si è sostituita una crisi strisciante permanente, una incapacità totale di affrontare grandi questioni.
Ed allora quanto tempo ancora e quanti guai dovrà sopportare questa disgraziata comunità regionale prima che si torni alle cose semplici e razionali? Ossia ad un sistema elettorale regionale proporzionale con un ragionevole sbarramento per le singole liste in modo da assicurare ch’esse abbiano un’accettabile radicamento e rappresentatività sociale, unico antidoto  ai giri di valzer e ai disinvolti trasformismi. In questo contesto sostanzialmente proporzionalistico si può trovare anche il marchingegno per far sì che il Presidente risulti scelto direttamente dal corpo elettorale. Peggio di come le cose stanno andando, anche per deficit democratico, non si andrà. Si può solo migliorare, anche se con molta fatica.

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