Immigrazione: dov’è l’orgoglio italiano?

29 Luglio 2013
1 Commento


Giulio Lobina

Dov’è l’orgoglio italiano?
C’è poco da fare. Non solo si tratta l’immigrazione come una piaga da combattere, ma ci si dimentica anche dell’”uso” che gli europei hanno fatto per secoli degli africani. Dell’uso, sì, perchè abbiamo usato i “negri” come forza lavoro ovunque avessimo possedimenti.
Abbiamo per secoli violentato le loro donne, bruciato i loro villaggi, rubato le loro risorse naturali. Abbiamo per secoli violato i diritti umani con la schiavitù e ora abbiamo anche il coraggio di lamentarci se arrivano naufraghi e “clandestini” nelle nostre coste? Siamo un popolo che non conosce la storia. Ecco cosa siamo. Siamo un popolo che dovrebbe chiedere scusa a queste persone per tutto quello che abbiamo fatto.
Sbagliano a venire qui. Certo, sbagliano. Sbagliano perchè tornano da chi li ha sfruttati per secoli credendo d’esser trattati almeno come persone. E invece, fin da quando siamo piccoli, ci hanno educato alla “paura dell’uomo nero”. Nelle dicerie e nei racconti degli anziani…anche di quelli che, da giovani, neri diventavano nelle miniere di carbone del Belgio e della Germania, per mandare qualche soldo a casa. Ma ci dimentichiamo tutto. E quando dimentichiamo la storia non solo siamo ignoranti, ma poveri e vuoti. Siamo niente. Niente, come i corpi dei bambini africani corrosi dal sale dell’acqua del mare che bevono per non morire. Vuoti come la bocca di una madre africana che non ha più saliva da sputare nella bocca di un bambino di bambù che troverà in mare la sua tomba.
E muoiono così. Muoiono disidratati. Svuotati dentro. Corteccia d’albero cavo.
Potessimo comprendere tutte queste cose quando osserviamo un senegalese che cammina sulla spiaggia carico come un mulo o un somaro. Potessimo chiedere scusa per ogni passo che percorre. Per tutte le volte che si brucia i piedi sulla sabbia rovente, per tutte le volte che ci sorride anche quando non compriamo nulla, quando perde 5 minuti del suo tempo in 500, 1000 ombrelloni su una spiaggia, nella speranza di vendere almeno un bracciale.
Non lo so, ne sento di tutti i colori in questi giorni. E mi chiedo in che Italia stiamo vivendo. Una Italia che trasforma il gesto di un extracomunitario squilibrato in “regola”. E si dimentica che la regola oggi è la violenza sulle donne perpetrata da mariti, amanti, fidanzati, ex, datori di lavoro.
Potessimo chiedere scusa ad ogni donna e ad ogni extracomunitario che incontriamo nella nostra vita, forse, quel giorno qualcuno riconoscerà i diritti inviolabili dell’uomo come sacrosanti e non solo come parole scritte in una Dichiarazione Universale.
Se non cambiano i cuori, non cambia neppure la politica. E siamo vuoti dentro, svuotati dall’egoismo e dall’ignoranza della storia che ci accompagna.
Siamo morti che camminano. Senza sangue.
Bravi a lanciare banane a un Ministro di colore, dimèntichi che anche quelle, magari sono africane, come i naufraghi che arrivano dal mare, raccolte da africani sottopagati di cui noi non valiamo neppure quanto una goccia del sudore della loro pelle.
Il nostro problema non è l’immigrazione. Il nostro problema è una visione ottusa del mondo diviso in frontiere. Per questo compriamo cacciabombardieri F35 anzichè pensare ad una programmazione per il lavoro e la tutela dell’ambiente, della salute e della cultura.
Giochiamo ancora ai soldatini in un’epoca in cui il virus giusto in un PC fa saltare l’intera economia internazionale.
E abbiamo le sorti di un governo legate ai processi di un uomo che tiene in scacco il Paese da 20 anni, che marcia contro la Magistratura e che ha svuotato il Parlamento del suo ruolo con una miriade di decreti legge e di leggi ad personam quando governava.
Se siamo finiti così in basso la colpa è solo nostra. Non degli immigrati. Ma ci serve una scusa. Perchè dare la colpa agli altri, anche degli errori propri, ci fa sentire meglio.
E’ per questo che siamo più vuoti dei bambini di bambù. Vuoti nell’anima però, non nel corpo. E questo è grave. La caccia alle streghe. L’ennesimo medioevo.
E non facciamo più figli…e forse è meglio così perchè non sappiamo più educare all’ascolto e al rispetto. Alla bellezza e alla cultura, alla storia e alla speranza, alla semplicità e alla natura, ai pastelli colorati e alle partite a pallone in strada.
Siamo lontani anni luce da noi stessi. Arresi.
Quando un nuovo Rinascimento? Un umanesimo globale delle menti e dei cuori? Quanto ancora dobbiamo raschiare il fondo per comprendere che siamo esseri di luce e non dell’oscurità?
Dov’è l’orgoglio italiano?

1 commento

  • 1 anonimo
    30 Luglio 2013 - 02:05

    Gentilissimo dott. Lobina,
    Mi hanno colpito le sue parole.
    Soprattutto il ritmo incalzante e coinvolgente che ha assunto il suo articolo. Percepivo che quelle che lei pronunciava non erano frasi di circostanza, né le parole di chi ha gettato la spugna, di chi si è arreso dinanzi all’ ennesimo gesto vergognoso posto in essere da quella (non piccola)fetta di società che ancora intona i cori razzisti in un incontro di calcio o peggio ancora lancia banane ad un ministro. Lei parlava con la forza di chi crede davvero che le cose si possano, ma soprattutto si debbano cambiare.

    Non potevo aspettarmi diversamente d’atro canto.non ci conosciamo ma si capisce benissimo che lei è una persona di cultura.

    Insomma una denuncia diretta far si che la società possa condannare atteggiamente sì riprovevoli, dannosi, e vergognosi come quelli suesposti.

    Mi sento ossessionato da queste tematiche.
    perchè comportamenti come questi fanno del male a colro che li subiscono,ma anche a noi che siamo costretti ad assistere a tali atti violenti.
    Perché soffriamo con le vittime di questi gesti.
    Perchè non vogliamo che una futura generazione debba assistere a cose similie.
    Ogni tanto sentiamo dire ” l’ Italia non è pronta per un ministro di colore”. Assurdità. Offendono l’intelligenza di una stragrande maggioranza di persone.
    Quando si chiede lei? Quando il rinascimento?
    E qui le rispondo davvero umilmente.
    Il rinascimento avverrà quando si prenderà coscienza del fatto che non l’ignoranza che porta a tutto ciò,ma la cattiveria, il razzismo.

    Credo che l’orologio italiano ci sia, mancano le batterie
    Lanciare le banane ad un ministro,intonare i famosi ” buu” ad un giocatore di calcio, trattare diversamente una persona in qunto nera, trattarla quindi da “negra” denotano un atteggiamento aggressivo, violento, vergognoso, che a qualsiasi sentimento si può accostare fuorché l’ignoranza. Chiamiamo le cose ciascuna col proprio nome.

    Dare del tu ad un 60enne che vende fazzoletti in spiaggia, chimarlo” marocchino” solo perche nero, è razzismo. Non ignoranza. Perche gli ignoranti, coloro che non hanno una cultura (perche non l’hanno potuta avere, per esempio) con i marocchini ci lavorano, ci condividono il pranzo, ci parlano.non ci credete? Mandate un ragazzo di colore in un locale a lavorare come cameriere con colleghi “ignoranti”. Mandate lo stesso in banca ad aprirsi un conto. Il trattamento sarà diverso. Fidatevi. Io nero lo sono!!

    Cordiali saluti

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