Un voto utile, ma per quale progetto?

14 Febbraio 2014
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Marco Ligas

Pubblichiamo molto volentieri questa riflessione del Direttore del Manifesto sardo, col quale abbiamo concordato un simultaneo scambio di articoli da inserire nei due blog. Per leggere l’articolo di Andrea Pubusa su Il Manifesto sardo clicca questo link

Nel corso di questa campagna elettorale spesso vengono dati suggerimenti, certo non disinteressati, su come affrontare consapevolmente la prossima consultazione; sono ricorrenti due consigli: col primo si invitano gli elettori a non sprecare il voto, il secondo, apparentemente più neutrale, sottolinea che tra destra e sinistra non c’è più alcuna differenza, tutt’al più piccoli dettagli; che gli elettori dunque ne tengano conto quando faranno le loro scelte.
L’invito al voto utile è prevalente tra i sostenitori del centro sinistra, soprattutto del Pd. È comunque il segnale di come questa coalizione che pur dovrebbe tutelare, come sostiene, gli interessi di un elettorato democratico e tradizionalmente di sinistra non sia affatto sicura di sé.
Ed è curioso l’invito al voto utile. Viene da chiedersi: utile a chi e per quale progetto? Per capire meglio proviamo ad esaminare, pur in modo schematico, le posizioni dei diversi schieramenti.
Le coalizioni a cui le previsioni o i sondaggi (da valutare sempre con la dovuta prudenza) attribuiscono una possibilità di vittoria sono tre: quella del Presidente uscente del centro destra e le altre due che fanno riferimento, in modo non del tutto definito, al centro sinistra con un’accentuazione sovranista per la coalizione guidata da Michela Murgia.
Sullo schieramento di Cappellacci sappiamo; sembra comunque estraneo al rischio del voto sprecato. La sua coalizione, pur avendo registrato qualche defezione, attualmente appare abbastanza compatta nel conservare il suo bacino elettorale.
Chi rischia di più a causa del cosiddetto voto sprecato è la coalizione guidata dal Pd; non a caso sono soprattutto i suoi sostenitori che chiedono con insistenza di non votare per Sardegna possibile, ritenuta una concorrente temibile.
Ma perché un elettore incerto di sinistra dovrebbe accogliere questo invito? Il Pd e la sua coalizione (certo non in tutte le componenti) non danno un’immagine esemplare di sé sia per quanto riguarda la questione morale sia per quanto riguarda l’impostazione politica ed economica del programma elettorale. Lo stesso candidato Presidente, pur considerato unanimemente una persona corretta, non si allontana dalle posizioni neoliberiste, non a caso ha accolto favorevolmente le proposte di Monti quando lo scorso anno è diventato Presidente del Consiglio; non risulta che oggi abbia cambiato opinione.
L’invito al voto utile conserva dunque la sua ambivalenza e se non verrà sorretto da un cambio di programma difficilmente modificherà gli atteggiamenti dei singoli elettori ai quali rimane la scelta o dell’astensione (che è sempre meglio evitare) o l’opzione del meno peggio. Ma l’utilità di cui si parla è un’ipotesi che rimane lontana dai convincimenti di chi deve votare.
L’altra informazione che viene data agli elettori riguarda la natura della destra e della sinistra. Qui, usando un linguaggio politichese, possiamo dire che l’informazione assume un carattere trasversale. Sono in tanti a sostenere che destra e sinistra sono concetti che tendono ad identificarsi.  E nel valutare questo processo di identificazione viene preso come punto di riferimento il comportamento reale dei partiti o delle coalizioni, così come oggi si manifesta.
Non c’è dubbio che così facendo bisogna ammettere che destra e sinistra non sono così lontane tra loro. Non a caso, se facciamo qualche esempio relativo alla politica italiana, dobbiamo prendere atto che Letta e Alfano, che pure appartengono a coalizioni differenti, votano assieme quando c’è da approvare una legge che inserisce il pareggio di bilancio nella Costituzione. E lo fanno favorendo il raggiungimento del quorum dei due terzi che esclude qualsiasi proposta referendaria. Iniziative analoghe sono state e sono molteplici sia su scala nazionale che regionale. Il pastrocchio dell’Italicum è l’ultimo in ordine di tempo.
Questi processi di identificazione tra destra e sinistra sono ormai accettati da tutti (o quasi), sembrano entrati nel nuovo dizionario della politica. Di volta in volta, ora gli uni ora gli altri, sulla base delle convenienze momentanee, sottolineano le somiglianze tra i due concetti.
Ma sono davvero queste le modalità più idonee per valutare che cosa siano la destra o la sinistra?
Penso piuttosto che, soprattutto in situazioni di grandi trasformazioni sociali, non si possano accettare paradigmi che mettano in discussione i diritti fondamentali delle persone, in particolare non bisogna rinunciare ad essere conservatori , tutelando innanzitutto l’ispirazione della nostra Costituzione.
Occorre difendere cioè i capisaldi della cultura democratica e di sinistra che possiamo sintetizzare così: 1) i diritti del lavoro non sono una palla al piede per l’economia ma vanno difesi per proteggere la dignità dei lavoratori, 2) i sindacati sono ancora oggi organizzazioni indispensabili, pur tra molteplici difficoltà, per la difesa della democrazia; devono rappresentare i lavoratori nelle trattative con le direzioni aziendali perché quando il lavoratore è lasciato solo nel negoziato diventa un ostaggio del padrone, 3) lo Stato deve occuparsi della salute dei cittadini, non può lasciare che ciascuno provveda da sé, 4) anche l’istruzione deve essere pubblica e gratuita, bisogna contrastare sin dalla scuola dell’obbligo la mortalità scolastica, 5) le tasse devono essere progressive sia sui redditi che sui patrimoni. Da quel che si ricava bisogna consolidare la politica del welfare, 6) la pace non si difende con le false missioni e sostenendo spese inaudite per la produzione di armi. Quegli investimenti vanno indirizzati altrove, devono essere usati innanzitutto per creare lavoro.
Non ho mai sentito forze di destra sostenere queste cose. Ecco, se anziché intrattenersi in dispute improduttive sull’utilità del voto o sui processi di identificazione tra destra e sinistra si definissero i progetti politici innovativi che è necessario realizzare, gli elettori avrebbero un quadro più chiaro sul come orientarsi.

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