Elezioni regionali: chi ha vinto che cosa?

20 Febbraio 2014
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Gonario Francesco Sedda

È ormai diffuso un uso improprio e truffaldino delle percentuali fuori dal quadro dei valori assoluti che le determinano. Così molti si accontentano di prendere atto che F. Pigliaru ha vinto con il 42,45% delle preferenze e U. Cappellacci ha perso con il 39,65%. Del resto in questi tempi di “riformatori diversamente restauratori” non è forse uno dei punti forti di una legge elettorale quello di dirci subito chi ha vinto e chi ha perso? Costi quel che costi, quandanche si tratti di una “legge truffa” (come ha spiegato bene Andrea Pubusa in diversi interventi). Facciamo alcuni confronti e qualche considerazione.
1. Il prof. Pigliaru ha vinto nel 2014 con 312.982 preferenze pari al 42,45%, mentre R. Soru nel 2009 ha “perso” con  415.600 preferenze pari al 42,94%!
2. Il nuovo presidente ha marcato uno scarto rispetto ai voti delle liste della sua coalizione (289.573 e 42,45%) di appena +23.409 preferenze e 0%, mentre R. Soru aveva segnato uno scarto rispettivamente di +93.190 preferenze e +3,9%.
3. Ragionando in termini di voto popolare, le liste della coalizione di F. Pigliaru hanno preso meno voti (289.573 pari al 42,45%) di quelle coalizzate con U. Cappellacci (299.349 pari al 43,89%). Le leggi maggioritarie per le elezioni sono dei marchingegni truffaldini che trasformano le “minoranze degli elettori” direttamente in maggioranze di governo e talvolta, come in questo caso, permettono che persino una “minoranza di voti” diventi maggioranza di governo. E con quanta generosità! Non un modesto 51% che saprebbe di “prima repubblica”, ma ben il 60%. Sembrerebbe dunque che il centrodestra abbia perso (nel generale arretramento di quasi tutte le forze politiche) per la conferma di U. Cappellacci alla guida della coalizione più che per il cedimento – che c’è stato – nel suo insediamento elettorale nel territorio.
4. Forza Italia dentro la coalizione perdente di U. Cappellacci perde voti non solo rispetto alle regionali del 2009 con il PdL in pieno splendore (-122.327), ma anche rispetto alle politiche del 2013 dopo la separazione di G. Fini e poi di Fratelli d’Italia e soprattutto dopo il fallimento governativo di S. Berlusconi (-62.153). E tuttavia anche il PD dentro la coalizione vincente di F. Pigliaru perde voti non solo rispetto alle regionali del 2009 con R. Soru perdente (-53.731), ma anche rispetto alle politiche del 2013 con P. L. Bersani vincente (-82.403). Oggi in Sardegna Forza Italia per voti espressi rappresenta il 18,52% e il Partito Democratico il 22,06%. Ma rispetto al corpo elettorale il loro peso è molto più modesto: FI pesa solo l’8,53% e il PD solo il 10,17%. Questi partiti a “pretesa vocazione maggioritaria” e ormai prevalentemente autoreferenziali, questi partiti della responsabilità e della governabilità sono delle “minoranze bulgare” che solo una legge maggioritaria truffaldina trasforma in maggioranze governative.
5. Nella coalizione di U. Cappellacci si aggiungono a FI altri sei partiti minori e in quella di F. Pigliaru se ne aggiungono al PD addirittura dieci. Non voglio solo ricordare il rombo assordante della propaganda (nella quale hanno speso molte energie intellettuali le menti dell’apparato egemonico del blocco dominante) circa la scomparsa dei piccoli partiti. Il vecchio arnese del sistema elettorale maggioritario è in via di “adattamento per tentativi”: ormai l’aspirante pompiere M. Renzi assieme al pregiudicato S. Berlusconi (aspirante statista-sfasciacarrozze) sta pensando di trasformare i “partitini” in portatori d’acqua. È il caso invece di osservare che nella coalizione vincente la somma dei voti dei “piccoli” (139.081) è quasi uguale al totale dei voti del PD (150.492); e che nella coalizione perdente FI prende meno voti (126.327) di tutti gli altri partiti che ne fanno parte (173.022).
6. Il dato dell’astensione dal voto (47,66) ha nell’immediato un negativo valore politico nei confronti dei partiti (maggiori e minori) in campo. Ma è sicuramente destinato a modificarsi nel tempo. L’astensione può in parte rientrare per stanchezza o essere irretita dalla rinnovata seduzione dell’ideologia mortifera del “meno peggio” o dal richiamo idiota al “voto utile” o essere semplicemente sterilizzata e resa funzionale ad un modello di democrazia oligarchica proprio dalle leggi elettorali maggioritarie. Ma può anche essere coltivata per alimentare un nuovo processo democratico pluralistico e partecipato. Proprio qui in Sardegna si potrebbe cominciare dalla legge regionale porcellona, sia sul terreno della sua costituzionalità che della promozione di un referendum abrogativo.

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