Indennità e vitalizi: una battaglia fuori dalla canea

30 Maggio 2014
2 Commenti


Francesco Cocco a domanda risponde

 

In questo blog abbiamo preso posizione più volte sul tema del trattamento dei parlamentari e dei consiglieri regionali. Ne abbiamo parlato anche nei giorni scorsi, tenendo sempre dritta la barra in una materia in cui è facile arrocarsi sulla difesa del presente o dare sfogo ad una rabbia, che travolge non solo i trattamenti, ma anche le istituzioni democratiche. Ecco perché abbiamo chiesto un’opinione a Francesco Cocco, noto per rigore intellettuale e morale, già esponente del PCI e consigliere regionale nella IX e X legislatura.

 

 

- Caro Francesco, come mai non sei intervenuto sulla questione dei vitalizi, un argomento delicato su cui tu altre volte hai preso posizione?
- Ero fuori Sardegna e solo ora mi è possibile intervenire sulla questione dei vitalizi consiliari. Lo faccio volentieri perché ritengo il problema fondamentale per la salvaguardia delle nostre istituzioni democratiche.

- Oggi però c’è un dibattito duro sul tema…
- Mi rendo conto che è estremamente difficile richiamare la necessità e l’opportunità di una riflessione che respinga la facile canea. Credo  sia dovere di noi tutti non abbandonarci agli istinti di “pancia” e fare uno sforzo di razionalità perché il rischio è la perdita di un istituto giuridico, che nel tempo è andato degenerando, ma ha la sua genesi in una conquista democratica.

- Purtoppo oggi, proprio per le degenerazioni a cui tu alludi, il vitalizio e anche l’indennita parlamentare sembrano dei privilegi medievali…
- Più volte ho denunciato la natura di “privilegio” che hanno finito per assumere le indennità parlamentari ed il loro prolungamento nel cosiddetto “vitalizio”.

- Tu però, da consigliere regionale, hai anche preso posizioni precise…
- Nel 1990 mi opposi in Consiglio regionale a che si modificasse il rapporto tra indennità consiliare ed indennità parlamentare. Mi opposi cioè all’ aumento dell’ indennità consiliare e conseguentemente dei vitalizi  che ne sarebbero derivati.

- Se non ricordo male ti eri anche dimesso…
- Sì certo. Già dimissionario cinque anni prima dal mio impiego per esercitare senza condizionamenti il mandato, mi dimisi anche da consigliere (non mi mancavano possibilità d’impegno alternativo), ma su insistenza del mio partito, il PCI, ritirai le dimissioni. Nel farlo riconosco oggi che commisi un errore, ma quello era il mio modo di sentire l’impegno politico ed istituzionale.

- Ci fu una reazione non proprio cortese degli altri consiglieri…
- Ricevetti la denigrazione dei colleghi, tranne qualche lodevole eccezione. E così io che ero stato assessore alla cultura, presidente di varie commissioni, vicepresidente del Consiglio non venni più proposto per nessun incarico di rilievo ed unico consigliere venni escluso dall’ assegnazione di una stanza nel nuovo palazzo di via Roma. Mi si voleva umiliare, io al contrario ne ricevetti stimolo per non deflettere ed accentuare l’impegno.

- La tua però non era una lotta contro l’indennità…
- Sì, il mio non era il rifiuto di una equa indennità, semplicemente il richiamo alla necessità di una giusta misura, all’opportunità di non esagerare nell’auto-attribuzione di emolumenti.

- La sinistra e la cultura democratica hanno sempre ritenuto necessaria l’indennità parlamentare…
- L’istituzione dell’indennità parlamentare è stata infatti una conquista  democratica nella quale, già nell’Ottocento, si era distinto il deputato Giovanni Antonio Sanna. Aveva dovuto assistere alle dimissioni del suo collega G. B. Tuveri, che, povero di mezzi economici, non poteva concedersi il soggiorno a Torino durante le sessioni parlamentari. Ed il grande Giorgio Asproni doveva utilizzare i moccoli delle candele che residuavano dall’illuminazione degli uffici della Camera, per avere un po’ di luce nella modesta stanza in cui era costretto a vivere nel soggiorno torinese. Ecco perché mi preoccupa certa canea che, in nome di legittime esigenze, potrebbe minare un istituto d’alta valenza democratica.

- Se non ho capito male, secondo te, il problema non è quello di abolire l’istituto ma di meglio regolamentarlo per evitare gli eccessi.
- Sì certamente per quanto attiene all’indennità, ma vale soprattutto per i vitalizi. Conosco situazioni in cui i benefici finiscono, tra nipoti e pronipoti, per arrivare alla terza generazione. Siamo all’ assurdo di privilegi che non hanno alcun fondamento di “diritto quesito” e richiamano situazioni da pre-rivoluzione francese più che da stato di diritto.

- Dunque hanno ragione coloro che ne chiedono l’abolizione…
- Anche qui il problema è quello di una equilibrata regolamentazione giuridica se non si vuol limitare il diritto costituzionale ad assolvere  un ruolo di rappresentanza istituzionale. Il rimedio è possibile anche  se la soluzione non è semplicistica. Il vitalizio non dovrebbe mai garantire un di più rispetto a quel che ad una  persona investita di una funzione pubblica dovrebbe ricevere sulla base del suo precedente rapporto di lavoro e conseguentemente pensionistico.

- Tu, nel momento che sei diventato condigliere, ti sei dimesso dal tuo importante impiego. cui sei acceduto a seguito di un concorso molto selettivo…
- Per quanto più strettamente attiene alla mia situazione personale so che ho concluso il mio rapporto istituzionale con una buonuscita (tenicamente il termine è altro, ma tale è nella sostanza) di almeno tre volte inferiore a quanto avrei percepito se avessi mantenuto il mio precedente impiego, e che anche la pensione sarebbe ben superiore a quanto mi deriva dal vitalizio di consigliere regionale.

- Lasciamo i casi personali, che sono molti vari e torniamo alle questioni generali…
- Sì certo, al di là di queste considerazioni personali occorre una completa regolamentazione della materia. La soluzione non è in gesti personali, viziati da distorsioni populistiche in versione grillina. Penso sia necessario un movimento che imponga una disciplina normativa. Quindi una proposta di legge e soprattutto un movimento popolare a sostegno della stessa. Questa ritengo debba essere la soluzione che gli “eredi della sinistra” devono saper realizzare con determinazione e tenacia.

- A parte la critica ingrata ed errata che muovi ai grillini, che mi pare non facciano altro che riproporre oggi quanto faceva il Partito comunista a nostri tempi, per il resto condivido.

2 commenti

  • 1 francesco Cocco
    30 Maggio 2014 - 10:11

    Ad onor del vero mi pare opportuno ricordare che in commissione anche Andrea Pubusa prese posizione contro il pasticcio che si andava delineando per l’aumento dell’ indennità consiliare. Una delibera adottata in una riunione quasi clandestina, anticipando di fatto i tempi della riunione per impedire la presenza di chi poteva opporsi ad una tale ingiustificata decisione.

  • 2 Lucia Pagella
    1 Giugno 2014 - 17:27

    Prima di tutto grazie a Francesco Cocco che con la sua testimonianza ci ha dato una bella lesione di vita. D’accordo sul conferimento di una retribuzione ma che sia parametrata sugli introiti precedenti. Conservazione del posto e dello stipendio che lo stato dovrebbe conferire per il servizio reso alla comunità.e versamento dei contributi per consentire il raggiungimento della pensione. Chi non ha un impiego dovrebbe ricevere il pagamento di un importo pari alla media delle entrate degli ultimi cinque anni.Se poi lo stipendio e le entrate non fossero sufficienti per vivere in una situazione indubbiamente più onerosa, conferimento di una indennità che, partendo dal basso, consenta un dignitoso livello di vita. fino ad arrivare all’annullamento della stessa per coloro che si possono permettere di vivere fuori e di sostenere le spese di rappresentanza indispensabili. Vitalizio solo a coloro che non possono raggiungere la pensione. Si eviterebbe che l’elezione divenisse una investitura feudale: Sogni? Certamente ma é con i sogni che si migliora la società. Invito tutti a partecipare al dibattito con proposte e commenti. Sono infatti convinta che una soluzione giusta è il risultato di molte soluzione sbagliate, ciascuna con il suo granello di verità e che fra loro si correggono e si completano.

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