Dopo il NO quale iniziativa dei Comitati?

1 Luglio 2017
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Domemico Gallo

Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una sintesi della relazione introduttiva di Alfiero Grandi all’Assemblea nazionale dei Comitati per il NO del 24 giugno. Ecco ora in sunto delle conclusioni.

Il risultato straordinario del 4 dicembre ha posto una domanda di rivitalizzazione della democrazia italiana che non può restare priva di uno sbocco politico.Il popolo che il 4 dicembre scorso è andato in massa a votare “No” al referendum costituzionale, perché in quella Costituzione si riconosce, da lì vorrebbe ripartire per attuarla e non limitarsi più a difenderla.
E tuttavia, per dare di nuovo valore, concretezza e sviluppo ai beni pubblici repubblicani che la Costituzione ha consegnato al popolo italiano, la prima urgenza è quella di ripristinare l’agibilità politica delle istituzioni rappresentative, ricostruendo quella trama di rappresentanza dei bisogni dei diritti, delle esigenze fondamentali delle persone che un sistema politico oligarchico, aveva lacerato. Di qui l’importanza della nostra mobilitazione per una legge elettorale che restituisca la rappresentatività al Parlamento sulla quale ci siamo trovati tutti d’accordo.
Non può esistere un partito della Costituzione perché la Costituzione è di tutti e non può essere inglobata in una parte politica, però l’esperienza di risveglio democratico che abbiamo vissuto con il referendum deve fecondare la politica e promuovere un grande cambiamento. Di conseguenza consideriamo positivamente la nascita in Italia di uno o più soggetti politici che abbiano nel proprio DNA l’attuazione del programma politico prefigurato dalla Costituzione, incardinato sul riconoscimento del nesso inscindibile tra questione sociale e questione democratica, che mettano al centro dell’azione politica il lavoro, l’ambiente, la sanità, l’istruzione pubblica, la costruzione della pace e della giustizia nelle relazioni internazionali. E non possiamo che auspicare che nel prossimo Parlamento ci sia un forte drappello di eletti impegnati nella difesa ed attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza libertà, democrazia e giustizia sociale.
E tuttavia, la nostra funzione è un’altra, aderire ad un soggetto politico organizzato comporterebbe inevitabilmente il nostro scioglimento, sia perché nel Coordinamento sono presenti più sensibilità politiche, sia perché verrebbe meno la possibilità di portare avanti la missione per cui siamo nati, che esige l’autonomia da qualsiasi soggetto politico.
Anche su questo, sia pure con accenti differenti ci siamo trovati tutti d’accordo.
Il nostro appunto per la costruzione della nuova associazione non ha trovato controindicazioni nel dibattito che abbiamo svolto. Alcuni interventi hanno sollevato l’esigenza di riequilibrare il rapporto fra i componenti originari dell’associazione (il centro) e i componenti in rappresentanza dei comitati e delle realtà territoriali. Posso assicurare che questo riequilibrio ci sarà, anzi andrà oltre, perché con l’ingresso di due rappresentanti per Regione, la componente territoriale sarà più numerosa di quella originaria. Quindi al più presto ci recheremo da notaio per formalizzare il superamento dei due Comitati attraverso la rielaborazione del Coordinamento con le vesti di una nuova associazione.
E veniamo alle iniziative politiche che ci proponiamo di realizzare.
Siamo tutti d’accordo per la realizzazione a settembre in una sede parlamentare di una iniziativa pubblica sull’esigenza di una seria riforma elettorale.
Dal dibattito che abbiamo svolto non sono sorte obiezioni in ordine ai contenuti della quattro leggi d’iniziativa popolare (LIP) che abbiamo proposto. Le perplessità riguardano la nostra capacità effettiva di portarle a termine.
In effetti noi sappiamo per esperienza quanto sia duro, costoso, faticoso ed impegnativo il lavoro di raccolta delle firme.  Se per il referendum l’impegno per la raccolta delle firme è facilitato dalla prospettiva di poter incidere realmente sul tema oggetto dell’intervento, per le leggi di iniziativa popolare, è molto più difficile suscitare una mobilitazione, dato il loro scarso riscontro pratico.
Abbiamo già vissuto l’insuccesso di una proposta di legge di iniziativa popolare, sempre sull’art. 81, lanciata alcuni anni fa, che si è arrestata a quota 8.000 firme.
In realtà perché questa iniziativa possa essere lanciata occorre che ci sia una forte spinta emotiva, occorre suscitare una forte passione politica, che è piuttosto naturale quando ci si trova di fronte alla possibilità di sventare un pericolo concreto, com’è accaduto con la riforma della Costituzione, ma è difficile da provocare su temi che, pur importanti, non hanno uno sbocco politico immediato.

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