Sa Justitzia secondo Paolo e la giustizia della Carta

24 Febbraio 2018
2 Commenti


 Andrea Pubusa

Pubblichiamo la versione “lunga” dell’intervento sulla giustiza, apparso come editoriale ieri su L’Unione sarda.

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Paolo Maninchedda da tempo nel suo blog (Sardegna e libertà) e su L’Unione sarda svolge una campagna contro la giustizia ingiusta in Sardegna. C’è nei suoi scritti un’eco del modo antico di sentire dei sardi sul tema, ben sintetizzato dai proverbi: chi ti cruxiat sa justitzia, chi ti currat sa justitzia, chi ti calit sententzia, sa justitzia esti accoment’e su priogu, bandara a pagu a pagu ma candu lompiri ‘ndi tirat arrogu. Insomma una justitzia che crocifigge, rincorre, cala dall’alto terribile e ti fulmina, come il pidocchio procede lentamente, ma quando giunge alla decisione ti toglie un pezzo, beni libertà. C’è in questi proverbi la storia delle sofferenze, delle sopraffazioni, dei tormenti, delle ingiustizie subite dai sardi nei secoli ad opera de sa justitzia, ch’era insieme giurisdizione, esercito, arma, carcerieri, boia. Macchina statale nel suo complesso, strangia, straniera.
Maninchedda, prima se l’è presa con le procure, accusate di istruttorie “a teorema“, fatte con pre-giudizio, non alla ricerca sofferta della verità, ma a conferma di una convinzione ex ante. Ora mette sotto tiro la Corte dei conti e ne svela … i conti: la Regione paga per locazioni della Corte dei Conti 461.000 euro l’anno!| Il segretario del Partito dei sardi lamenta immediatamente ciò che salta all’occhio, e cioè che questi oneri dovrebbero ricadere sul bilancio statale, poiché la Corte è organo dello Stato. Come dargli torto? Ma questo accollo di costi rientra in un malinteso autonomismo: prendiamoci noi i costi, un giorno o l’altro arriverà la funzione. Campa cavallo! E che dire del Corpo forestale regionale, ormai divenuto mano operativa delle procure in ogni dove  nella nostra Isola, in luogo della polizia di Stato e dell’Arma. Anch’esso pezzo de sa justitzia di triste memoria! E per di più illegittimamente perché il codice di procedura prevede un supporto alle procure del Corpo forestale, ma di quello statale (ora sciaguratamente accorpato all’Arma!), non del nostro Corpo regionale. Personalmente, ho sollevato la questione in giudizio (lo hanno fatto anche altri), ma la Cassazione, secondo voi cos’ha deciso? Che no, i forestali previsti dal codice di procedura penale sono anche quelli regionali. E se lo dice la Cassazione puoi star tranquillo che questo è un tipico caso in cui “ti calat sententzia“, implacabile e indiscutibile, anche se la decisione è  infondata e arrogante. Ma qui, mi scusi Paolo, è la politica regionale che deve richiamare i forestali regionali dalle procure alle campagne. Avevamo approvato (ero presidente della I^ Commissione consiliare) la istituzione del Corpo forestale come organizzazione moderna al servizio dei cittadini e della sicurezza nelle campagne. Sono diventati is buginus, arroganti quanto e di più dei corpi armati dello Stato. Hanno sostituito l’Arma e la Polizia nell’attività al servizio delle procure. Ecco un punto su cui Paolo (e gli altri partiti sardi), può e deve passare dalla lamentazione alla deliberazione così come dovrebbe farsi sui costi della Corte dei conti, da rimettere totalmente in capo allo Stato.
Maninchedda, a sostegno delle sue critiche al giudice e controllore contabile, riferisce dei giudizi non proprio lusinghieri di Pietrino Soddu sulla Corte dei conti. Ne ricordo uno anch’io del “grande vecchio”, ma sui prefetti (justitzia anche loro!). Soddu privilegia il momento elettivo e rappresentativo, democratico, secondo un’impostazione, che anch’io condivido. Da tutto questo Paolo Maninchedda sembra invece trarre una conclusione che non esplicita, e cioé che a questa justitzia strangia, italiota, bisogna sostituirne una sarda, (per definizione?) giusta.
Su questo esito, naturalmente non seguo l’impostazione indipendentista e, anzi penso che le indagini “a teorema” non sono monopolio dei magistrati continentali. E’ una modalità di istruttoria, dell’attività conoscitiva in genere, legata all’abito mentale del magistrato, esistente in qualunque ordinamento sia esso insulare o continentale. La storia processuale ne offre esempi eclatanti a tutte le latitudini. In questo dissento da Mauro Mura, che, su L’Unione, tocca, da par suo, alcuni punti nevralgici della questione giustizia, ma minimiizza su questo aspetto.
La questione giustizia, però, va vista con un’ottica ordinamentale, e riguarda la posizione della magistratura in seno all’ordinamento. La nostra Carta, senza trascurare le criticità applicative, ci dà il massimo: indipendenza dagli altri poteri e organo di garanzia, il CSM.  Anche nell’ordinamento sardissimo vagheggiato da Paolo si dovrà dintinguere fra i magistrati e la magistratura. I primi vanno controllati, criticati, anche aspramente, l’ordine va trattato con attenzione e riguardo perché negli ordinamenti civili e democratici è la magistratura l’ordine garante delle libertà e dei diritti. La sua indipendenza deve essere salvaguardata come la pupilla degli occhi. Una magistratura dipendente è per definizione l’opposto della giustizia, travolge anche l’avvocatura che per svolgere la sua funzione di difesa presuppone un giudice terzo. La dipendenza dell’ordine giudiziario dall’esecutivo manda a carte quorantotto il contraddittorio, il più sacro dei principi processuali.
Detto questo, suggerisco un altro filone di riflessione. La Corte dei conti sanziona il danno erariale…ma, a ben vedere, è essa stessa, di per sè, un danno all’erario coi suoi costi di gestione. Se considerate quanto recupera all’anno e quanto spende, vedrete, a conti fatti, che il danno è la sua stessa esistenza. Ma anche qui, attenzione!, non prendete forconi, zappe e falci per andare all’assalto della sede dei magistrati contabili. Un’istituzione talora è utile per il solo fatto di esistere, è un bene a prescindere: è un monito permanente agli amministratori, ne punisce uno, ma ne scoraggia cento. La Corte dei conti è dunque insieme fonte di danno e di utilità erariale. Bene e male insieme. Ma c’è un punto su cui non si può glissare (e Maninchedda), il malaffare politico e amministrativo. Ha ragione Mauro Mura: la corruzione è il peggiore dei mali, inficia l’uguaglianza dei cittadini, offre privilgi indebiti, è un costo sociale insopportabaile, uccide l’economia, scoraggia gli investimenti degli operatori seri. I mali anche della giustizia trovano nella corruzione e nel malaffare un alimento. E la malamministrazione? E’ devastante! Sapete perché in Francia  in Germania la giustizia funziona meglio che da noi? Perché non è oberata da una montagna di fascicoli che, direttamente o indirettaamente, originano da deficit amministrativi. Il pagamento tardivo delle amministrazioni generano contenziosi a catena: chi non è pagato, non paga… tutti sui rivolgono al giudice per ottenere quanto dovuto. Cause a centinaia! E il giudice amministrativo, quante volte è chiamato in causa per questioni risolubili davanti al funzionario, diligente e di buon senso? Spesso si chiede al Tar la sospensiva per avere un contatto col giudice e una indicazione per il riesame della pratica. Ma c’è bisogno di un ricorso per problemi ordinari? Non c’è un uso improprio del processo?
Questioni complesse, come si vede. Ma aattenzione! I temi si possono sollevare con l’accetta, ma poi occorre trattarli col fioretto. L’importante è parlarne.

2 commenti

  • 1 Aladin
    24 Febbraio 2018 - 10:57

    Anche su Aladinews: http://www.aladinpensiero.it/?p=78901

  • 2 Roberto Porrà
    24 Febbraio 2018 - 12:17

    Il problema è che il fioretto non lo usa nessuno ma tutti i partiti usano l’accetta e spesso anche un po’ poco affilata.

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