Umbria rossa: un lungo addio

1 Novembre 2019
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A.P.

 

Luigi Di MaioIn questi giorni i commentatori politici sono tutti orientati a decretare la morte e la sepoltura del M5S. D’altronde, non da oggi scambiano i propri desideri per la realtà. Ricordate ai tempi della schiforma Renzi-Boschi? descrivevano gli oppositori come un manipolo di conservatori squinternati o di veterosinistri fuori dalla storia e dalle sorti magnifiche e progressive della modernità. Il nuovo stava nel colpire la Costituzione, ormai vecchia ed obsoleta. E poi si è visto com’è andata.
Pare più realistica la posizione espressa da Di Maio, e cioè che, pur in presenza di probabili ridimensionamenti, i pentastellati rimarranno una forza determinante nella politica nazionale. Si consideri poi che i musi gialli vanno meglio nelle elezioni generali piuttosto che in quelle locali. In queste conta molto la presenza di persone conosciute e affidabili. Guardate che misero scenario offre la pattuglia M5S nel nostro Consiglio regionale! Nelle elezioni locali occorre poi molto il radicamento, il clientelismo, il familismo, tutti campi estranei ai grillini, mentre la politica nazionale, con le opzioni generali che la caratterizzano, è il terreno più appropriato per una forza prevalentemente di opinione. Anche se
, ad onor del vero, brilla per assenza anche la rappresentanza sarda in Parlamento, benché espressione del 42% degli elettori isolani. E’ probabile, dunque, che il M5S non avrà la prepondaranza attuale, ma sarà pur sempre una componente decisiva negli equilibri generali del Paese.
Quanto al PD si sprecano le scoperte. La Stampa, giornale della famiglia De Benedetti, ad edempio, si è accorta che la perdita dei voti nel tormentato trapasso dal Pci al Pd «viene da lontano». Udite! Udite! Hanno scoperto che il PD ha voltato le spalle ai lavoratori e ai ceti popolari. «Anziché sostenere chi è alle prese con la crisi si è preferito ammiccare alle eccellenze industriali». Ma fossero eccellenze! Si è messo al servizio dei padroni, in Italia di solito espressione di una borghesia stracciona. Jobs Act & dintorni, vi ricorda qualcosa? E così, «addio a operai e contadini, è sparita l’Umbria rossa». Vero, ma lor signori da quale parte stavano? Per chi tifavano? Per chi tifava Carlo De Benedetti, padrone italiano naturalizzato svizzero, tessera n. 1 del Pd renziano? E’ azzardato dire che la riduzione del PD è speculare all fallimento delle classi dirigenti che voleva rappresentare? Lor signori, coi loro grandi giornali, La Repubblica e La Stampa in testa, non hanno voluto un Pd a loro immagine e somiglianza? C’è da sorprendersi se poi il risultato è l’ascesa di Salvini?
I mali della democrazia italiana, gira gira, sono sempre da ricondurre alla mancanza di classi dirigenti all’altezza. E anche allo sfaldamento dei gruppi dirigenti della sinistra, a un certo punto infatuati dal  pensiero apparentemente nuovo, in realtà versione attuale della egemonia del capitale. Tutto il resto son macerie.

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