La scuola e la pandemia

1 Aprile 2020
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Rosamaria Maggio

 

 Rosa Maggio “La scuola e la pandemia”

Leggo in questi giorni di tutto e di più sulla scuola e sul mito della didattica a distanza.
E’ stato scritto molto sulla nota ministeriale, di incoraggiamento anche alla valutazione a distanza. non voglio entrare su questioni affrontate da tanti colleghi in modo esauriente e non voglio ripetermi.
Vorrei invece ragionare sui numeri.
In Italia ci sono più di 8.000.000 di studenti, oltre 800 mila docenti e 200.000 dipendenti facenti parte del personale ATA. Stiamo parlando di oltre 9 milioni di persone. a cui vanno aggiunti 170 mila precari rimasti senza incarico.
Non sappiamo quanto il covid19 abbia colpito il personale scolastico di ruolo e non. Sappiamo che i positivi ad oggi 30 marzo sono in Italia oltre 97 mila, ma si stima che potrebbero essere 10 volte di più cioè 970 mila, il che vorrebbe dire che mediamente quasi ogni 10 studenti uno potrebbe avere un familiare positivo o ammalato o deceduto. Non può altresì tacersi il fatto che molti studenti sono figli di lavoratori precari, stagionali e in nero che, devono fare i conti oltre che ,con la pandemia, anche con il dramma della difficoltà, se non impossibilità, di procurare alla famiglia i beni di prima necessità. è di ieri un provvedimento urgente che doterà i comuni degli strumenti per affrontare anche questa emergenza collaterale e questo mi rimanda immediatamente a quei bambini e ragazzi che ,come priorità ,avranno quella di vedere qualcosa in tavola.
Pensare quindi di portare avanti la didattica a distanza ancorché fosse possibile e pertanto ogni studente potesse essere raggiunto tecnologicamente, è pura utopia. Anche il protocollo firmato tra Miur e RAI che potrebbe farci in parte risolvere il problema dei bambini e dei ragazzi che non hanno connessione internet e pc , potrebbe essere una parziale soluzione, ma occorrerebbe riempire di contenuti adeguati le varie trasmissioni televisive, divise per ordine di scuola e percorsi curricolari diversi. ciononostante non si potrebbe ignorare il dramma che moltissimi studenti, docenti e personale della scuola stanno vivendo, perché toccati direttamente o indirettamente dalla pandemia.
Voglio dire che studenti e docenti potrebbero avere in famiglia quanto meno un paziente positivo se non peggio, il che mi porta ad ipotizzare che in certe circostanze sia davvero impossibile seguire proficuamente e serenamente alcunché a distanza.  Penso che il ministro possa e debba incoraggiare tutto ciò che si può fare, anche con attività attraverso la tv, coinvolgendo l’associazionismo professionale e disciplinare, sociale, avendo ben chiaro che tutto ciò che si potrà fare sarà meglio di niente, anche solo per favorire importanti contatti scolastici fra studenti, docenti e studenti, senza dimenticare che questa non è scuola e che molti non saranno raggiungibili e coinvolti anche perché magari stravolti da drammatiche vicende personali e familiari. anche di questi casi dovrà occuparsi la scuola nel prossimo anno scolastico. Degli effetti traumatici che tutto ciò lascerà in ognuno di noi e quindi anche sugli studenti. La chiusura di questo drammatico anno scolastico, gli esami di fine ciclo, potranno essere oggetto di una normazione straordinaria, condivisa in parlamento da tutte le forze politiche, che regolamenti in modo straordinario le fattispecie. Potrà farsi riferimento alla normazione per le zone terremotate o anche a quella applicata durante il secondo conflitto mondiale (nel 1943 le scuole son state chiuse e gli esami di stato soppressi). Non c’è nulla di immorale ne di pedagogicamente inadeguato a pensare che soluzioni estreme straordinarie affrontino situazioni del tutto straordinarie.
Auguriamoci di riprendere presto la nostra vita normale, ma ci vorranno mesi. In ogni caso, di fronte ad una catastrofe di queste dimensioni, mondiale appunto, che cosa sono anche sei mesi di totale blocco dell’attività scolastica ordinaria? che cosa sono nel bilancio della vita di una persona? ci diciamo che questa esperienza deve cambiare in meglio ognuno di noi e chi ci governa. Pensiamo che i nostri ragazzi non saranno cambiati, maturati da una esperienza di queste dimensioni? Abbiamo sprecato fiato a dire che la scuola era lontana dalla realtà, che i ragazzi dovevano fare esperienza di vita reale. Siamo stati accontentati. i ragazzi ancorché costretti, vivono 24h su 24 con le loro famiglie come non mai, ne respirano le ansie e le preoccupazioni, ne condividono le strategie di sopravvivenza . pensiamo che tutto questo non lascerà loro qualcosa?
Qualcosa di inedito forse insegnerà loro a scegliere fra cose importanti e non.
Qualcuno proverà il desiderio di andare a scuola e che le porte di quel luogo a volte appena sopportato si riaprano. Ma non saranno rose e fiori. Penso che occorrerà predisporre dei piani di recupero non solo culturali . Bisognerà far fronte alla dispersione scolastica dei più deboli, dei più soli che rimangono senza tutela durante la pandemia. Ecco, tutto questo immagino e non riempiamoci la bocca di maestro Manzi e don Milani, se non sappiamo attingere davvero dai loro insegnamenti.
Il maestro Manzi, che in tempi non di pandemia aveva predisposto per la valutazione un timbro che imprimeva sulle pagelle la dicitura “fa quel che può. quel che non può non fa”, fu sospeso dall’insegnamento.  Con questo non voglio dire che abbiamo bisogno di eroi anche perché, come dice papa Bergoglio in questo momento “nessuno si salva da solo”, ma forse fra docenti ci vuole meno asserzione alle improvvisate note ministeriali e più attenzione e riflessione sul proprio mandato costituzionale.

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