(2) La sinistra perde perché non fa nulla di sinistra, anzi fa cose di destra

30 Aprile 2009
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Red

La sinstra perde perché non dice o fa nulla di sinistra. O quando lo ha fatto, si è pentita e non lo fa più. Anzi fa cose di destra. La riprova, questa volta molto dolorosa, viene da un’aula giudiziaria di Bologna. Lì Sergio Cofferati, ex leader della Cigl ora sindaco di Bologna, è stato condannato per comportamento antisindacale, per violazione dello Statuto dei Lavoratori (art. 28), che difese strenuamente nel 2002 (art. 18).
La vicenda riguarda i dipendenti della Fondazione Teatro Comunale. Il 22 marzo scorso, prima delle quattro giornate di sciopero che impedirono la messa in scena della Gazza Ladra, i lavoratori in bacheca trovarono un avvertimento minaccioso: in base all’articolo 1256 codice civile, tutti - aderenti o meno all’astensione dal lavoro - vedranno defalcata la busta paga. Prima applicazione della norma al Comunale di Bologna, mai invocata in altri teatri d’Italia.
La condanna sindacale fu unanime; solo Cisl e Cisal però hanno esperito ricorso al giudice del lavoro, ravvisando nella lettera un’intimidazione. Cofferati replicò richiamando l’”etica” negli scioperi: “Al danno che si infligge al datore di lavoro, deve corrispondere un danno economico del lavoratore”. Non è giusto, insomma, scioperare in pochi, magari solo gli addetti alle luci, bloccare così il lavoro di tutti, e far retribuire quasi la totalità dei 280 dipendenti del Comunale. Sarà, ma la disciplina del diritto di sciopero, secondo la Costituzione - come ben sà Cofferati - è riservata alla legge. Non rientra - per fortuna - nella competenza dei comuni e tantomeno dei sindaci. 
Per il giudice, Filippo Palladino, Cofferati ha tenuto una condotta antisindacale e così ha condannato per “violazione del diritto di sciopero” la Fondazione Teatro Comunale, di cui Cofferati è presidente. Una notizia esplosiva (e per noi amara), pensando che è rivolta all’ex leader Cgil. Essa nne segna anche la incomprensibile e triste parabola discendente. Da difensore strenuo dello Statuto dei Lavratori, Sergio Cofferati ne è divenuto un eversore. Parola del giudice. Nel 2002, quando portò tre milioni di persone al Circo Massimo per difendere l’articolo 18, aveva la sinistra italiana ai piedi. Accese le nostre speranze. Finalmente un leader che diceva e faceva cose di sinistra. Difensore della legalità repubblicana e dei diritti costituzionali. Sobrio, poco propenso ai talk show e ai salotti TV. Insomma, un vero leader di sinistra, capace di rilanciarne le fortune. In ogni piazza d’Italia il suo nome richiamava migliaia di lavoratori e cittadini, come avvenne anche a Cagliari, dove l’Associazione Aprile (dell’allora sinistra DS), benché esile in Sardegna, riempì fino all’inverosimile il più ampio padiglione della Fiera e il piazzale esterno, in un clima di entusiasmo e mobilitazione eccezionali.
Poi una serie di scelte insensate, da leader della sinistra a sindaco-sceriffo, da difensore dei deboli a persecutore dei Rom in nome di un’astratta e fredda legalità, epurata da qualsiasi sentimento di umanità e fraternità. Da assertore della sicurezza nei diritti e nella solidarietà a propugnatore delle pulsioni securitarie dei benpensanti in danno degli umili. E così giù giù fino alla condanna da parte del giudice del lavoro. Un uomo che poteva unire la sinistra e salvare l’Italia finisce malamente. E noi con lui. E la Costituzione con lui. E i lavoratori italiani con lui. Ecco perché la sinistra perde. Perché non dice cose di sinistra.  Oppure le diciamo, ma non le facciamo. Oppure - come nel caso di Cofferati - le ha fatte (ed eccezionalmente bene) ma ha smesso. Chissà quando le diremo e le faremo.

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