Francesco capovolge la triade rivoluzionaria: fraternité, egalité, liberté

8 Ottobre 2020
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Andrea Pubusa

Francesco nella sua enciclica capovolge in certo senso l’ordine della celebre triade della Grande Rivoluzione e mette per prima la fraternità, non a caso l’ultima e  la più negletta delle tre. A ben vedere liberté si può intendere in vario modo e ognuno se la gira a suo comodo. Sono per la libertà gli oppressi, ma lo sono anche coloro che li opprimono. I primi ritengono che la libertà debba anzitutto essere liberazione dal bisogno come base di tutte le prerogative della persona verso gli altri e verso lo Stato. Anche gli oppressori, con molte sfumature, ritengono che la loro libertà non debba incontrare intralci e condizionamenti nè di ordine legislativo nè di natura sociale. Quante polemiche contro i lacci e i laccioli dello Stato, che altro non sono, generalmente, che limiti alla libertà dei ceti dominanti in favore di quelli subalterni o delle imprese in materia ambientale o di salvaguardia della salute dei lavoratori.
E l’egalité quante declinazioni ha avuto? Non si contano. E’ meno flessibile della liberté, ma, per esempio, anche in una versione avanzata come la uguaglianza dei punti di partenza, come pari opportunità, a quante e a quali disuguaglianze conduce? La sola esperienza storica insegna che coniugare eguaglianza e libertà è complicato, perché la prima non può essere piena, se non si limita la libertà dell’impresa o non si toglie a chi ha in eccesso. Il movimento comunista ci ha provato ma ha messo capo al c.d. socialismo reale, dove si era formata una casta di privilegiati  con una compressione ingiustificata delle libertà formali. La fraternità è un’altra cosa è meno ambigua, si presta eno ad interpretazioni che la negano. Ho sempre pensato che la fraternité non abbia avuto il successo nominalistico di liberté ed egalité perché lo Stato come entità acorporea non può amare, può al più garantire e promuovere diritti e uguaglianza (ed è già molto), fraternité implica una rivoluzione intellettuale e morale, la creazione dell’uomo nuovo, liberato dall’ego e completamente immerso nel noi, come professava anche l’umanesimo marxista.
Franceso tira la palla avanti e rilancia questa sfida per il futuro, una sfida tanto ardua perché implica una rivoluzione integrale, che investe non solo le istituzioni e i rapporti sociali ed economici, ma l’uomo come singolo e come parte dell’umanità.
Sono sempre stato convinto che, se Cristo fosse vissuto oggi, sarebbe stato crocifisso prima di compiere 33 anni, ora, leggendo la lettera di Francesco, penso che se non l’avesse  firmata, sarebbe stata dai più liquidata come il delirio di un estremista, un po’ fanatico. Credo che comunque, sotto sotto, la maggior parte degli osservatori e dei politici così la giudichino. Questa convinzione mi induce anche a pensare che quella palla lanciata da Francesco noi dobbiamo spingerla con forza avanti perché è un mezzo di liberazione, non solo religioso, ma laico.

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