Noi e la guerra

6 Aprile 2022
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Leggiamo su aladinpensiero e volentieri rilanciamo come contributo alla riflessione

Rocca n. 8 del 15 aprile duemilaventidue

rocca-08-2022-aprileNoi e la guerra
L’editoriale di Mariano Borgognoni.
Un buon numero di lettori ci hanno fatto conoscere il loro punto di vista sul modo in cui Rocca ha affrontato l’argomento guerra. Li ringraziamo tutti. E cogliamo l’occasione per ribadire che la nostra rivista ha ospitato opinioni diverse, pur partendo da una sensibilità comune. Su alcune questioni è bene tornare: [segue] 1) La guerra in corso è frutto di un’aggressione da parte della Federazione russa ad un paese sovrano, l’Ucraina, che ha pieno diritto di difendersi e verso cui va espresso sostegno ed aiuto (sulla modalità ovviamente è lecito discutere). Ma bisogna difendere l’indipendenza dell’Ucraina e la vita soprattutto dei civili. Tra la resa e l’ecatombe ci deve essere un’altra via. 2) Il giudizio sul governo russo e su Putin è netto, a cominciare dalla denuncia del carattere autocratico del regime, della repressione di chi esprime dissenso e protesta, dell’impronta nazionalista e imperialista della sua politica. Putin ha goduto di plausi e appoggi in occidente e nel nostro Paese (non c’è bisogno di far nomi per non amputare l’ambito dei possibili riferimenti) e gli oligarchi erano considerati le punte di diamante della nuova Russia. In pochi hanno colto che erano la conferma della teoria circa il carattere criminale dell’accumulazione primitiva della ricchezza. Va anche detto, con grande parresía ecumenica, che le parole del patriarca Kirill sono gravi e inaccettabili. Quindi nessuna attenuante al regime e ai suoi sodali interni ed esteri ma accurata distinzione tra esso e il popolo e la cultura russa che restano anche per il futuro un patrimonio essenziale del profilo storicoculturale dell’Europa. 3) Non appare convincente l’interpretazione della guerra come uno scontro tra autocrazia e democrazie. C’è molto di ideologico (e quindi falso) in uno schema che non vede i limiti, anche gravi, del percorso della democrazia in Ucraina e nell’enfasi posta sull’esaltazione del mondo libero (e il putinismo polacco? E quello ungherese?) in un’epoca nella quale una forte tendenza oligarchica e tecnocratica erode conquiste e spazi democratici anche in Occidente. Ernesto Balducci, di cui ricordiamo 30 anni di mancanza, scriveva: «se è vero che non c’è democrazia senza mercato, è anche vero che non c’è democrazia se il mercato arriva a fare della politica una sua sottodeterminazione». 4) È vergognoso, nell’epoca di gravi emergenze ambientali e sanitarie e dell’aprirsi estremo della forbice tra concentrazione della ricchezza ed estensione della povertà, l’aumento delle spese militari. Anzi questa ci appare una follia, come ha detto il Papa. È essa stessa un pezzo di quell’economia che uccide in tempo di pace e prepara tempi di guerra. Francesco ha espresso una censuratissima posizione evangelica e politica. Troviamo insulso farlo passare per un venditore di ombrelli che non riparano dalla pioggia. E far passare la forza dirompente del Vangelo per una fiaba edificante. 5) È auspicabile una politica estera europea comune e anche la costituzione di un comune apparato di difesa in grado di essere efficiente e di ridurre la spesa. Questo dovrebbe condurre al superamento della Nato così come è oggi. L’Europa può essere uno dei soggetti del mondo. Può avere un grande ruolo nel costruire un rapporto positivo con tanti Paesi, sia dell’area mediorientale sia dell’Est come l’Ucraina e la stessa Russia, in relazione ai quali ha un rapporto di vicinanza geografica e storicoculturale, che può tradursi in politiche di cooperazione, senza precipitosi allargamenti dell’Unione, già improvvidamente avvenuti in passato. 6) Occorre, inoltre, davvero pensare ad un mondo multipolare in cui non diminuiscano ma aumentino le zone di neutralità e di disarmo. A poco vale il discorso di chi dice: «bisogna rispettare l’autodeterminazione degli Stati». Che l’Ucraina entri nella Nato o, per dire, Cuba diventi una base militare russa, non ha alcun senso nell’ottica della pace e della sicurezza, anzi ne mina i presupposti. 7) In ogni caso questa è l’ora che parlino i popoli, trattino gli Stati e ritrovi un ruolo l’Onu. Spingere in questa direzione è un compito per tutti, proprio perché all’orizzonte non si vedono iniziative politiche e diplomatiche che puntino con decisione a spezzare la spirale dell’odio e della guerra e a costruire con realismo una via d’uscita da un conflitto che potrebbe sfuggire di mano come tante volte è avvenuto nella storia. Come scrive il nostro Salvi: «un vincitore della guerra c’è ed è l’industria bellica». Per questo bisogna lavorare a una grande potenza globale di pace che contrasti il complesso militare-industriale e i suoi interessi. La memoria del XXV Aprile ci insegni ancora a combattere il nazionalismo, l’imperialismo, le oligarchie di ogni tipo, il riarmo, le disuguaglianze che preparano logiche di dominio, guerra e fame. E ci ricordi che pace, libertà solidale, giustizia sociale e disarmo progressivo sono l’unica strada che ci rende donne e uomini degni di stare al mondo e prenderci cura di tutti i viventi. ❑
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Rocca n.8 del 15 aprile 2022

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