Contraddizioni inaccettabili dell’occidente: Assange-Mohamed bin Salman

21 Novembre 2022
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Andrea Pubusa

Quanto sia acritico l’isterismo filoatlatico di molti è dimostrato dalla semplice osservazione dei fatti. Si mettono in rilievo i valori dell’occidente, democratici e progressivi. E certo non si può negare che qui sono nati i diritti e molte conquiste democratiche. E neanche si può contestare che qui sia rimasto un deposito di questi diritti, che costituiscono uno zoccolo duro incancellabile. Eppure è facile vedere contraddizioni stridenti e insanabili. Per evocarle bastino due nomi: Assange e Mohamed bin Salman.
Julian Paul Assange  è un programmatore informatico, hacker e giornalista australiano (nato a Townsville nel 1971). Il suo nome è diventato internazionalmente noto per il suo determinante contributo alla fondazione del sito web WikiLeaks, nato allo scopo di rendere pubblici documenti coperti da segreto garantendo l’anonimato alle proprie fonti. In particolare Assange ha permesso la pubblicazione nel 2010 di quasi mezzo milione di documenti relativi alle guerre statunitensi in Iraq e Afghanistan e, quindi, a tutto ciò che di oscuro c’è stato a monte di queste guerre e su come sono state condotte. Nel settembre del 2011 Assange ha annunciato di avere reso consultabile in rete, attraverso l’immissione di una parola-chiave, l’intero archivio dei cablogrammi contenenti informazioni confidenziali inviate dalle ambasciate statunitensi al Dipartimento di Stato. Da questo materiale diversi giornalisti investigativi hanno ricavato materiali inediti che anno mostrato l’ambiguo sottobosco di tanti rapporti internazionali guidati degli Usa. Di qui l’incriminazione dei Assange da parte degli Usa e la richiesta di estradizione all’Inghilterra. In America rischia una dura condanna a seguito di un processo inficiato dalla condanna generale “per tradimento” da parte dei media, dell’opinione pubblica e dei vertici statunitensi. Di qui una campagna  internazionale contro la sua estradizione.


 Diverso trattamento per il principe ereditario saudita Mohamed bin Salman (MbS).  L’amministrazione Biden ha stabilito che gode dell’immunità nella causa mossa da Hatice Cengiz, ex fidanzata di Jamal Khashoggi, il dissidente saudita che fu ucciso e smembrato da agenti di Riad nel consolato del regno a Istanbul nell’ottobre 2018. La Cia ritiene che il mandante dell’omicidio fosse stato proprio MbS, da anni leader di fatto della petromonarchia. Il principe, di recente nominato primo ministro, aveva inizialmente negato ogni coinvolgimento per poi ammettere che l’omicidio era avvenuto “sotto la sua responsabilità”. Reo confesso! Ha ragione Cengiz: “Jamal oggi è morto di nuovo”, ha scritto su Twitter, “pensavamo che forse ci sarebbe stata una luce di giustizia dagli Usa ma, ancora una volta, il denaro è venuto prima. Questo è un mondo che io e Jamal non conosciamo”. Il denaro e il potere.
I legali del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti hanno spiegato che l’amministrazione ha “stabilito che l’imputato bin Salman, in quanto capo in carica di un governo straniero, gode in quanto capo di Stato dell’immunità presso la giurisdizione dei tribunali statunitensi in conseguenza di questo ruolo”. Il principe ereditario era stato nominato primo ministro dal padre, il re Salman, lo scorso settembre, una nomina descritta da funzionari del regno come in linea con le responsabilità già esercitate da MbS. “Il decreto reale non lascia dubbi sul fatto che il Principe della Corona abbia il diritto all’immunità sulla base del suo status” di capo di stato. Consuetudine sedimentata nel diritto internazionale secondo il Dipartimento di Stato Usa. E così il mandante di un efferato assassinio non viene perseguito, mentre un combattente per la libertà di stampa viene braccato per impedirgli di far conoscere la verità. Non solo, ma anche la barbara e proditoria uccissione di Khashoggi è dovuta al fatto che questi ha svelato i misfatti di Bin Salam.
L’esercizio della libertà di stampa dunque è causa insieme di un assassinio, della sua cancellazione e della persecuzione di chi intende non demordere dal dire la verità e informare.
Se prendiamo i testi sacri delle nostre costituzioni democratiche e delle convenzioni internazionali, queste contraddizioni non sono giustificabili. Eppure ancora una volta il potere prevale sui principi e sulle leggi e comprime la verità. Come negli stati assoluti e autocratici. Non son certo questi i valori dell’occidente.

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