Carbonia. Licenziamenti di massa in Carbosarda, ma si assumono capi servizio: garantita la riserva democristiana. Il prefetto, “è colpa dell’organizzazione padronale l’agitazione dei sindacati socialcomunisti, su richieste non scevre di giustizia ed equità”. Per la contingenza, gravi disordini al comizio di Pajetta

29 Gennaio 2023
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Gianna Lai

Oggi, domenica, nuovo post sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.

 

E a Carbonia intanto, così lontana dal Tribunale di Oristano onde impedire la partecipazione degli operai e dei cittadini al processo, non si smette di combattere in difesa del salario: nella capitale “delegazione delle Commissioni interne per spettanze operai, ricevuta da La Pira”. Mentre “continua lo sforzo per aumentare la produzione”, nei cantieri privi persino di “bombole di ossigeno, indispensabili nella saldatura delle attrezzature, molte le coltivazioni costrette a fermare la produzione: manca l’olio pesante per i motori dei compressori, a Schisorgiu agli armatori vengono dati 2 metri di legname per 8 ore di lavoro e li si costringe a recuperare il legname vecchio nei tagli già sfruttati, con grave perdita di tempo, grave pericolo per la loro incolumità e rallentamento della produzione”. E gli operai denunciano che mancano persino le berline per avviare il carbone prodotto in laveria, “essendo insufficiente la squadra della trazione per poter effettuare il rovesciamento dello sterile”, al punto che, nei piazzali di Serbariu, rimangono ferme 150 berline. E Velio Spano esprime a Chieffi tutta l’indignazione della Camera del Lavoro, leggiamo su L’Unità del 26 gennaio 1948: l’inviato a Carbonia, sempre molto circostanziato nel denunciare il nuovo esasperarsi del clima in miniera, fin dall’episodio del direttore Taddei di Sebariu, che “picchia l’operaio Fadda, rappresentante di Commissione interna”, sucitando reazioni tra le maestranze e denuce in Procura. Mentre con disinvoltura la Carbosarda insiste nei licenziamenti di massa, la riduzione degli organici prevede squalifica di molti capisquadra, da retrocedere “alla condizione di operaio semplice”, ma assume nuovi capi servizio in una miniera che, sempre più, si intende smantellare: ancora ai “posti di comando” la riserva democristiana, persino alcuni parenti dell’on. Chieffi tra i nuovi dirigenti. Né è disposto a perdere profitti, in favore dell’occupazione operaia sulcitana, il Consorzio Carboni Italiani, un utile netto di 1.300 lire a tonnellata: 7.500 lire a tonnellata il prezzo base del carbone e si devono aggiungere lire 1000 per il trasporto a Genova e 435 di sbarco, quindi 10.697 quando il carbone arriva a Milano, dove viene venduto a 12.000 lire.
Interessante quindi vedere la sequenza delle proteste di gennaio e la loro articolazione attraverso il quadro puntuale del prefetto, del questore e dell’Ufficio Provinciale dell’Industria e del Commercio, per capire come si definisce nel Sulcis- Iglesiente, e poi nell’intero territorio, anche lo sciopero generale sulla richiesta di adeguamento della contingenza.
Così alla voce Pubblica sicurezza il questore annuncia le agitazioni operaie, “Sulcis- Iglesiente, iniziata la non collaborazione il 14, poi passata a sciopero generale, per il mancato adeguamento sulla paga base: si chiede un adeguamento del 75%. Il 26, anche nel Sulcis, sciopero generale in segno solidarietà… 26 gennaio, a Cagliari sciopero provinciale proclamato dalla Camera del lavoro nel settore industriale, per mancato adeguamento della contingenza. In attesa della conclusione delle trattative, lo sciopero è in corso”. E poi il prefetto, “Alcuni ritengono che i partiti di opposizione abbiano iniziato la campagna per prossime elezioni regionali”; così il suo commento, sempre a gennaio, nell’annunciare “2 importanti agitazioni sindacali: le astensioni nel bacino metallifero”, secondo il sistema della non collaborazione, coinvolto anche il Sulcis, e “ lo sciopero generale dell’industria. Il primo tutt’ora in atto per la richiesta di aumento del 75% sulla paga base e per la revisione del sistema di cottimo, il secondo a seguito del mancato accordo in Commissionne paritetica, industria e lavoratori, per la determinazione della indennità di contingenza nel trimestre dicembre-febbraio”. Irrigidimento di entrambe le parti, per gli industriali che non vogliono trattare in sede periferica e “precipitazione dell’organizzazione socialcomunista nel dichiarare lo stato di agitazione e nell’attuazione immediata dello sciopero, con decisione e compattezza insolita. Inutile il tentativo di conciliazione del Prefetto e dell’Alto Commissario”. E se “l’organizzazione dei Liberi Sindacati, testé costituita, non svolgendo alcun ruolo di rilievo”, ha sconfessato la protesta, tuttavia “non ha potuto ottenere che propri aderenti restassero al lavoro, sebbene forze di polizia ne garantissero pienamente la libertà”.
Importanti risultano le conseguenze immediate di quello sciopero generale, “arresto dei servizi portuali e di trasporto” per l’astensione degli autoferrotranvieri, e “blocco dell’erogazione dell’energia elettrica”, mentre si è dovuti ricorre all’impiego militare per scaricare “alcuni piroscafi colmi di merce deperibile destinata alla popolazione”. E poi, impedita la pubblicazione de L’Unione Sarda, risultano “non funzionanti gli apparati radioriceventi, a causa della mancata erogazione dell’energia elettrica”. Talché, “biasimato l’arresto completo dei pubblici esercizi, da persone di buon senso si riconosce la necessità di una legge che regoli l’esercizio del diritto di sciopero nell’ambito della Costituzione repubblicana”. Così conclude infine il prefetto, severo nei confronti delle aziende, più comprensivo con i lavoratori, “i dirigenti sindacali hanno asserito che le rivendicazioni rispondevano alle aspettative e alle esigenze della massa operaia. Ciò è vero a mio giudizio: è colpa dell’organizzazione padronale l’agitazione dei sindacati socialcomunisti, su richieste non scevre di giustizia ed equità”.
E dall’Ufficio Provinciale dell’Industria e del Commercio: ferme “nella quasi totalità le attività industriali della provincia, così le industrie metallifere, ferma anche la produzione del Sulcis e del Consorzio agrario, paralizzata l’industria, nessun possibile accenno alla risoluzione della controversia. I lavoratori sostengono che la contingenza percepita fino al trimestre precedente è inferiore a tutte le contingenze delle altre province, mentre il costo della vita è arrivato a quote che non si allontanano da quelle raggiunte dalle altre. Gli industriali rinviano alla Commissione Centrale”, mentre alla voce Commercio e Importazioni si annuncia di nuovo “l’arrivo di carbone estero”. Indignata ancora la Questura, “l’adozione del sistema di non collaborazione ha determinato nel bacino Sulcis e metallifero gravi conseguenze che, inevitabilmente, si ripercuotono su tutta la situazione industriale, incidendo indirettamente su quella politica”. Infatti “continue agitazioni sindacali, costituenti l’unico mezzo per turbare la tranquillità delle masse operaie, nonché motivo di speculazione politica da parte delle Camere del lavoro alle prese con la preparazione della campagna elettorale, dominano la locale situazione politica. Che qualche volta, causa l’azione deleteria svolta dai predetti organi, desta serie preoccupazioni”.
Niente invece si rileva sugli incidenti e le vessazioni della polizia a Carbonia, che possiamo invece conoscere attraverso la lettura de L’Unità del 2 febbraio “lavoratori malmenati a manganellate dai celerini mentre partecipano ai comizi di Paietta e di Spano, ieri 1 febbraio. Nella notte fra il 30 e il 31 [gennaio, nda], reparti di pubblica sicurezza hanno sostituito i carabinieri a Carbonia, su richiesta di Pirrone, e hanno iniziato le provocazioni, con sventagliate di mitra e scoppi di bombe e sparatorie, durate un quarto d’ora: alle tre del mattino in città, dopo che il Msi e le Acli avevano invitato i loro lavoratori a riprendere il lavoro. In mattinata la celere aggrediva gli operai, sopratutto membri di Commissione interna, e li picchiava selvaggiamente, perché avrebbero tentato di impedire l’ingresso ai crumiri. Cannas, membro di Commissione interna, arrestato. Stessa cosa agli alberghi 9 e 10: malmenati gli operai e prelevati alcuni di loro e poi rimessi in libertà. Alle 16,30 quando la folla si ammmassava presso l’arena Mirastelle per il comizio di Paietta, Pirrone ordina lo sbarramento della piazza, quindi iniziano le cariche a manganellate e colpi di calcio di mitra e caroselli delle jeeps: sgombrata la piazza e proibito l’uso degli altoparlanti. Evitati pericolosi conflitti tra forza pubblica e folla, le cariche si son concluse con l’inizio del comizio”.
Contro le violenze di quei giorni, un documento della Giunta comunale, mentre ancora L’Unità sostiene che “l’intervento della polizia del 30 del 31 e del 1 febbraio, è stato fomentato dai Liberi sindacati e dalle Acli, che alimentano i gruppi di crumiri”.
E si conclude con una vittoria, per il movimento e per il sindacato, la lotta sulla contingenza in provincia, portata a 410 lire giornaliere, la SMCS cominincia subito a pagare le spettanze, mentre vengono scarcerati i lavoratori arrestati durante i disordini di quei giorni.

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