I minori nel decreto Caivano

2 Ottobre 2023
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Rosamaria Maggio

 

[…] Dalle neuroscienze apprendiamo che nelle ragazze la maturazione si completa entro i 22 anni, nei ragazzi entro i 25. Ciò significa che i minori non sono in grado di controllare sempre i loro istinti, fino a porsi in situazioni di pericolo. Non a caso sono proprio i ragazzi che sono mandati in guerra!
Stanti queste premesse, il decreto Caivano appare come il meno adeguato a far fronte a fenomeni di devianza e di rifiuto delle regole.
Vediamo perché.
Il decreto è giustificato dalla “straordinaria necessità e urgenza di prevedere interventi infrastrutturali per fronteggiare situazioni di degrado, vulnerabilità sociale e disagio giovanile nel territorio del comune di Caivano”; dalla “straordinaria necessità e urgenza di introdurre disposizioni per il contrasto alla criminalità minorile e all’elusione scolastica, e per la tutela delle  minori vittime di reato;” dall’ “esigenze di rafforzamento delle misure a tutela del rispetto dell’obbligo scolastico, in relazione all’incremento dell’elusione scolastica soprattutto in specifiche aree del territorio nazionale, ed al valore di incoraggiamento alla devianza che tale fenomeno comporta;” dalla “straordinaria necessità ed urgenza di intervenire approntando una più incisiva risposta sanzionatoria, correlandola all’intera durata dell’obbligo scolastico stesso nonché prevedendo misure disincentivanti l’elusione nei confronti degli esercenti la responsabilità genitoriale;” dalla “necessita’ di assicurare l’intervento del giudice della famiglia a tutela dei minori coinvolti in gravi reati di criminalità organizzata”; dalla “straordinaria necessità ed urgenza, in considerazione delle caratteristiche di maggiore pericolosità e lesività acquisite nei tempi recenti dalla criminalità minorile, di approntare una risposta sanzionatoria ed altresì dissuasiva, che mantenga l’attenzione per la specificità della condizione dell’autore di reato minorenne, intervenendo sui presupposti di applicabilità delle misure cautelari ed altresì prevedendo un procedimento anticipato, idoneo al reinserimento e alla rieducazione del minore autore di condotte criminose”; dalla “straordinaria necessità ed urgenza di rafforzare la tutela dei minori nello spazio cibernetico e rispetto all’offerta di contenuti e servizi on line, al fine di garantirne il benessere e il pieno sviluppo fisico e mentale.”

Le parole utilizzate a giustificare l’urgenza di misure introdotte col decreto legge Caivano, del 15.9.2023  n. 123  entrato in vigore il 17 settembre 2023, sono indicative di un pensiero, di una concezione dei comportamenti minorili, significativo.

Vengono trattati unitariamente la vulnerabilità sociale, la criminalità minorile, la pericolosità sociale e l’abbandono scolastico, denominato quest’ultimo nel decreto, “elusione scolastica”.Viene previsto un modello securitario, cioè un sistema punitivo per i minori a partire dai 12 anni ( ed anche per i genitori).
Anche il termine “elusione” è inadeguato a descrivere il fenomeno dell’abbandono scolastico. E’ un termine più adatto alla materia fiscale. Si tratta dell’aggiramento di una norma in modo lecito e così non è, visto che esiste un obbligo scolastico, ma nel contempo si stabilisce una sanzione a carico dei genitori. Anche sul piano della logica giuridica, questo decreto appare stigmatizzabile.
Oltre quindi ai provvedimenti da applicarsi nel territorio di Caivano, il decreto inasprisce tutte le pene per i minori dai 14 anni, ma il limite dei 12 anni è previsto per l’irrogazione di una Daspo  o dell’ammonimento del questore.
Altri interventi, sempre richiesti da chi con i giovani lavora da sempre e mai realizzati, avrebbero dovuto essere messi in campo.
Sicuramente questo è un paese che attende da anni un sistema scolastico a tempo pieno da zero a 19 anni, dove i ragazzi trascorrano la giornata, nello studio, nel gioco, nella socialità, nello sport.
Si preferiscono da sempre interventi minimalisti, non necessariamente più economici, che hanno trasformato la scuola in un grande progettificio, che propone attività integrative non obbligatorie, seguite per lo più da ragazzi che hanno una famiglia presente e cioè da quelli che meno ne avrebbero bisogno. La scuola inclusiva a tempo pieno sarebbe invece un luogo di crescita sociale al quale il paese potrebbe fare riferimento.
Anche di fronte ai casi difficili, le esperienze di maggior successo sono quelle delle comunità dove i ragazzi vengono seguiti da pedagogisti, psicologi, insegnanti e non certo le carceri, ancorché minorili. Cose semplici e ovvie che però la politica di questo paese non ha mai fatte proprie e che oggi appaiono sempre più lontane da chi ci governa, che sembra privo di qualunque alfabeto pedagogico. E nella patria di Maria Montessori, Alberto Manzi, Danilo Dolci, Don Lorenzo Milani, Mario Lodi e Gianni Rodari, solo per citarne alcuni, sembra ancor più grave.

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