Indipendentismo di governo

7 Maggio 2012
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Andrea Raggio

Orfano del governo amico, il centrodestra sardo si rifugia nell’indipendentismo. Dopo l’approvazione dell’ordine del giorno del Consiglio regionale del 21 marzo scorso, la conferma viene indirettamente dal quotidiano cagliaritano che dedica all’argomento interi paginoni per dare voce ai capi storici del movimento. I quali sembrano disponibili a essere arruolati nell’attuale maggioranza. Indipendentismo di governo.
Con questa trovata il centrodestra tenta di fuggire dalle sue responsabilità e intriga perché dopo Monti in Sardegna nulla cambi o cambi verso il peggio. Si tratta, insomma, di un diversivo e di un pericoloso espediente. La miscela antipolitica-indipendentismo rischia di avere, infatti, effetti devastanti.
Il PD votando contro l’ordine del giorno del 21 marzo ha dissipato le sue precedenti ambiguità sulla questione. Ora sembra avvertire la pericolosità del trasformismo del centrodestra ma, se ho capito bene, ritiene di poterla arginare solo trasformandosi in “PD della Sardegna”. Cioè in partito sardo autonomo federato col PD nazionale. Il freno, dunque, viene da Roma? Non ne sono convinto. La classe dirigente sarda è sempre stata tendenzialmente subalterna e lo è tuttora. Il PCI nell’isola è diventato sardo quando Togliatti l’ha fatto uscire dalle secche della visione classista dell’autonomia – intesa come via sarda al socialismo - e l’ha aperto alla visione democratica, quella che unisce tutto il popolo nella lotta per il riscatto della Sardegna. L’autonomia di un partito, intendo dire, non si acquisisce con decreto. I patti aiutano, ma l’autonomia è una conquista, è assunzione di responsabilità. Si è autonomi se si ha la volontà e la forza di esserlo. E se si è uniti.
Il PD può e deve comportarsi come partito della Sardegna, da subito. La sinistra sarda non deve commettere l’errore dei primi anni ’90 quando, esaurita la prima fase della rinascita e si doveva avviare una nuova fase dello sviluppo, è rimasta frastornata dai cambiamenti epocali di quel periodo e, ignorando l’ammonizione di Norberto Bobbio alla vigilia della Bolognina, ha svuotato frettolosamente la stiva buttando a mare anche l’esperienza della rinascita. E sulla nave alleggerita ha imbarcato mercanzie scadenti: decisionismo, efficientismo, stabilità coatta, presidenzialismo, nuovismo. Falsi miti e diversivi che hanno via via rattrappito la politica regionale al punto da privarla della capacità di costruire una nuova prospettiva.
Oggi la fase politica che viviamo è analoga a quella d’allora, con la differenza che l’Europa era una speranza mentre oggi è incertezza e che alla globalizzazione dell’economia non è seguita, come osserva Eric Hobsbawm, quella della politica. Di conseguenza le istituzioni nazionali contano sempre meno e conta sempre più l’élite globale. Non di isolarci, dunque, abbiamo bisogno, ma di partecipare. Il nostro orizzonte non può che essere l’Europa e quello che Berlinguer chiamava il governo mondiale.
Ecco perché il centrosinistra sardo non deve andare impreparato al dopo Monti. Deve impegnarsi da subito nel non facile ma ineludibile compito di rianimare la politica regionale, utilizzando a tal fine l’esperienza maturata negli anni della rinascita. La quale è stata non soltanto una buona legge attuata male, ma essenzialmente un esercizio di democrazia che ha coinvolto tutto il popolo, esercizio animato dall’intreccio tra iniziativa politica, lotte sociali e tensione culturale. Quell’esperienza ci ha insegnato che la rivendicazione verso lo Stato non accompagnata dalla partecipazione alle politiche nazionali e dall’assunzione di responsabilità scade a rivendicazionismo, ad alibi, a copertura delle nostre debolezze e delle nostre magagne. Ci ha insegnato che la politica è una inesauribile risorsa e che “in ogni situazione c’è una politica possibile”. Ci ha insegnato che i partiti veri sono quelli che fanno e aiutano i cittadini a fare buona politica e che la classe dirigente si forma nei parti veri. So bene che il PD mira a essere sempre più partito vero. Dovrebbe però accelerare il passo.
6 maggio 2012 Andrea Raggio

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