Regionali sarde: primarie si o no?

30 Maggio 2013
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Andrea Pubusa

Confesso: il pollaio politico sardo non m’incanta. Lo vedo morto. Mi pare che qui la mancanza di idee, la navigazione a vista, l’incapacità di progetto abbia accomunato i principali schieramenti tanto da renderli omogenei, pur senza un’alleanza formale. Che governi il centrodestra o il centrosinistra cosa cambia per le sorti delle masse sofferenti della Sardegna? Certo, nel centrosinistra ci sono meno persone meno presentabili di quelle del centrodestra, ma anche lì come qui ci sono dirigenti in odore di evasione e, al di là degli aspetti penali,  coinvolti in pratiche di malcostume amministrativo della peggior specie.
Ora, in questo quadro molto deteriorato si fa strada l’idea della scelta dei futuri assetti regionali senza primarie. Perfino SEL, che sulle primarie ha campato, dice che è meglio non farle. Certo, ha ragione Lilli Pruna, partiti coesi e autorevoli non hanno bisogno di primarie, sanno scegliere in modo molto unitario e con un alto grado di consonanza con le aspettative del corpo elettorale. La posizione di Lilli però ha un difetto piccolo, piccolo. Manca esattamente del presupposto. Dove siano questi partiti uniti e con alto grado di radicamento sociale è difficile vedere. Lo spettacolo politico comprova l’esistenza endemica di lacerazioni. Più che di partiti si tratta di accolite di bande. Un insieme di gruppi con un capetto alla testa. Ora la proposta di non fare le primarie ha il senso di auspicare e lavorare ad un accordo dei tanti piccoli satrapi del centrosinistra sardo, dando ad uno la posizione di primus attraverso la candidatura alla Presidenza della Regione in un assetto contrattato che soddisfi le aspettative delle varie consorterie. In questo mosaico, SEL, ormai molto interno al PD, si gioca il proprio spazio e la propria forza contrattuale. La paura di presentare liste e sottoporsi al giudizio elettorale porta questa forza a preferire l’accordo fra apparati che garantisca una quota tale da assicurare il consiglierato regionale ad alcuni dirigenti, che ormai trovano la via libera per il passaggio di Piras e Uras a livello nazionale.
Certo Lilli Pruna ha ragione se le primarie sono quelle che ha fatto SEL per le politiche, è meglio non farle. Si può però pensarle anche come modo per aprire a forze o se si vuole a orientamenti dell’area del centrosinistra, che diversamente verrebbero escluse. C’è un’area variegata, che taluni chiamano sovranista, che ha una sua diffusione molecolare e una sua influenza. E bene esluderla o coinvolgerla? Ci son alcuni intellettuali, che, per il loro impegno e la loro presenza nella battaglia politico.culturale sarda, possono portare aria fresca e strappare settori della società all’apatia o addirittura all’astensione. Alle regionali  il voto non va conteso al M5S, ma all’astensione. Dare la possibilità a tutte le componenti progressiste di concorrere alla politica regionale del centrosinistra, consentir loro di contendere la candidatura alla presidenza, se lo si fa con spirito aperto e generoso può essere un modo per ridar vita ad un’area che dà scarsi segni di vitalità. Un accordo blindato fra piccoli apparati del PD col piccolo, ma affamato, apparato di SEL non sembra molto mobilitante. Insomma, per farla breve, mentre si può discutere molto in astratto sulla bontà delle primarie, qui ed oggi nel centrosinistra sardo possono essere un modo per aprirsi. Se fatte bene, qui ed ora, in Sardegna sono utili. Già decidere di farle e di farle bene è un atto di grande responsabilità. Un buon inizio della battaglia elettorale.

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