Pietro Muggianu Sotgiu
Nel centenario della Prima Guerra Mondiale, ho sentito il bisogno di dedicare il componimento, che allego, a mio padre, il quale, uno dei mitici “ragazzi del ‘99″, vi combattè e fu ferito. Come usa in Sardegna lo chiamavo “babbo” e così lo evoco poeticamente. Dai combattenti sardi fu chiamato “Babbu Mannu” il conterraneo generale Carlo Sanna, comandante della 33. ma Divisione di cui faceva parte la Brigata Sassari. Emilio Lussu, capitano ma soprattutto scrittore e politico, e Giuseppe Musinu, generale, furono tra gli storici protagonisti delle tragiche ed epiche vicende di quella guerra, sardi entrambi e nelle fila della Brigata Sassari. A differenza di Lussu e Musinu, entrambi moralmente e culturalmente avversi alla violenza bellicista e non compromessi col fascismo (anzi, Lussu punta di diamante dell’antifascismo), Sanna fu deputato nel 1924 (eletto con la famigerata legge Acerbo) e, nel 1926, primo presidente del Tribunale Speciale, che nel 1928, presidente un altro generale, Alessandro Saporiti, condannò Antonio Gramsci a venti anni, quattro mesi e cinque giorni di reclusione. Al generale Carlo Sanna, scomparso nel luglio 1928, a distanza di oltre un mese dalla condanna di Gramsci, fu dedicata, durante il ventennio, una piazza centrale di Cagliari, a cui nel secondo dopoguerra fu cambiato nome e da allora si chiama piazza Antonio Gramsci.
Alla cara memoria di mio padre Salvatore
(Atzara 1° novembre 1899 - Cagliari 8 marzo 1982)
BABBO
(uno dei ragazzi del ’99)
A veder la parata militare
mi portavi con te nella via Roma.
Marciavano i soldati con mitezza,
dondolando gli elmetti dolcemente,
mormorava la banda come il Piave…
quasi a rassicurarli li cullava….
e chiudevano i Vigili del fuoco,
tutti per loro applausi appassionati:
li ringraziava Cagliari ferita
e le ferite ancora erano aperte.
Anche tu, babbo, avevi la ferita
inferta da pallottola austro-ungarica;
la seconda tua pace ti godevi,
a cinquant’anni di tua vita, babbo,
ripudiata la guerra dall’Italia,
nella Costituzione appena nata.
Tu, Cavaliere di Vittorio Veneto,
accogliesti in silenzio la medaglia
(ricco eri solo d’un silenzio d’oro).
Fu quella una medaglia fatta in serie,
della Vittoria nel cinquantenario,
replica fu del “Todos caballeros!”.
Sopravvissuto milite ignorato,
uno dei tanti, “carne da cannone”,
dal centro di Sardegna tu strappato,
spensierato a cavallo, dalle tanche
nei salti ‘e S’art’e susu in quel di Atzara,
a diciott’anni ancora non compiuti,
nel millenovecentodiciassette.
Fosti un “ ragazzo del Novantanove”,
per riscattare, al fronte, Caporetto.
Foste i “ ragazzi del Novantanove”
dal Maresciallo Diaz tutti encomiati.
Ti scivolò l’encomio sopra in fretta,
ma l’invalidità ti restò addosso.
luglio 2014
Pietro Muggianu Sotgiu
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2 commenti
1 Lorenzo Cadeddu
13 Novembre 2014 - 17:12
Le parole sono inadeguate davanti a un cosi bello e affettuoso ricordo. Scrivo libri di storia militare e, in genere, metto sempre in apertura o in chiusura qualche verso che mi ricorda le mie origini e l’onesta militarietà sarda.
2 Antonio Bugini
26 Giugno 2018 - 17:15
Anch’io sono figlio di un “ragazzo del ‘99″. Mio padre Francesco Giorgio Bugini combattè un anno sul Grappa sino a quando non venne ferito a una gamba da una fucilata nemica. Fu successivamente insignito di medaglia d’oro di Vittorio Veneto e due croci di guerra. Sono orgoglioso di mio padre. Straordinarie le tue parole che ricordano non solo tuo padre, e per l’appunto faccio anche miei, perché sono tragicamente e amaramente vere, sono stati “carne da cannone”. Certo è che cent’anni dopo, i giovani che quest’anno hanno compiuto 18 anni, potrebbero prendere un grande esempio dai nostri padri.
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