Renzi ovvero la manomissione della Costituzione voluta da B. e fatta dal PD

1 Aprile 2014
4 Commenti


Andrea Pubusa 

Avete scoperto il filo rosso che unisce tutte le pseudoriforme del bamboccio che sta a capo del governo? E’ l’eliminazione della rappresentanza e la concentrazione del comando nelle mani del capo dello stesso governo. E il procedimento è caratterizzato dalla massima velocità e mancanza di discussione. E così per le province non si giunge alla soppressione, ma le si priva dei consigli, ossia diventano organi senza rappresentanza. Pe il Senato l’operazione è simile. Rimane il nome, ma vien meno il carattere elettivo e ne diventa confusa e poco chiara la funzione. Se si tien conto della sostanziale eliminazione del carattere democratico delle amministrazioni comunali e di quelle regionale, sulla spinta di leggi elettorali, a dir poco truffaldine, ci rendiamo conto che il tasso di democraticità del nostro Paese è al di sotto del livello di guardia. Non solo, ma se si esamina la fonte ispiratrice di questa ventata pseudoriformatrice in salsa toscana, è ben visibile il segno dell’ex cavakiere, disarcionato dalla magistratura, che lo ha privato dei pubblici uffici, ma non da Renzi, che lo ha elevato addirittura al rango di padre costituente, insieme a lui s’intende.
Sia ben chiaro il bicameralismo perfetto si può discutere e anche rivedere. Ma innanzitutto deve farlo un soggetto legittimato. Lo è questo parlamento, formato sulla base di una legge elettorale costituzionalmente illegittima e già annullata dalla Corte costituzionale? Per chiunque abbia buon senso la risposta è negativa. Ci vuole un nuovo parlamento eletto con la legge disegnata dal giudice delle leggi nella sentenza n. 1/2014 oppure una nuova legge elettorale. Solo un nuovo parlamento così legittimato potrà, se lo riterrà. porre mano nei modi dovuti al processo di revisione costituzionale. Che l’iniziativa parta da un esecutivo presieduto da uno che è stato eletto sindaco di Firenze è ben triste e pericoloso.
E poi è proprio vero che il bicameralismo è la fonte dei mali italiani? Suvvia| Si può certo ritenere che per leggi in materie secondarie il passaggio in due camere sia eccessivo, ma una seconda riflessione e votazione sulle leggi costituzionali o su quelle che investono grandi questioni etiche o di libertà è una garanzia ragionevole per tutti. Che fretta c’è quando si devono toccare argomenti sensibili? Su questi temi la lentezza e l’approfondimento sono ineliminabili se non si vogliono combinare guai.
Ma anche sulle province, alla facile demagogia dell’azzeramento, occorre rispondere interrogandosi sulla utilità di un ente intermedio fra comuni e regioni. E la risposta non può che essere positiva. Anzi, la riforma della Regione intanto è possibile se si fonda sulla redistribuzione delle funzioni su scala locale, provinciale e comunale. Come si può diversamente pensare di snellire una macchina regionale ormai diventata mostruosa? Il disegno sempre valido, in fondo, è quello avanzato dalla Costituzione che per le Regioni ha previsto come centrale la funzione legislativa, ma non quella amministrativa. Ad un ciorpo regionale snello perché mirato a fare le leggi doveva corrispondere un’amministrazione spalmata nel territorio, nelle province e nei comuni, ossia vicina ai cittadini. Ogni progetto riformatore che non tenga conto di questa prospettiva è destinata ad avvitarsi su se stessa. Cosa ne pensa la nuova Giunta regionale sarda? Cosa dice in proposito il nuovo assessore alle riforme? Quale idea ha della regione riformata? Certo tutto si può dire sui rimedi all’elefantiasi regionale, fuorché ch’essi siano rinvenibili in un giro di vite neocentralizzatore. Sì, perché, manco a dirlo, la pseudoriforma del titolo V proposto da Renzi va nella direzione di un neocentralismo. Ed è bene al bambinone togliergli il giocattolo dalle mani, prima che faccia disastri.
 

4 commenti

  • 1 Appello contro la svolta autoritaria | Aladin Pensiero
    1 Aprile 2014 - 08:04

    […] - Su Democraziaoggi un articolo di Andrea Pubusa Adriano Prosperi, Alberto Vannucci, Alessandro Bruni, Alessandro Pace, Andrea Pubusa […]

  • 2 Giuanne Masala
    1 Aprile 2014 - 21:25

    Gentile avvocato, condivido molte Sue battaglie e, in parte, anche questa. E trasformare il Senato in un Senato delle Autonomie va abbastanza bene, sostanzialmente siamo come nel Bundesrat tedesco (Senato federale) in cui i senatori non sono eletti (e non sono neanche pagati) ma ne fanno parte, percentualmente alla popolazione delle regioni (Länder) presidenti, governatori e qualche assessore regionale che si riuniscono a Berlino ogni tanto per votare su determinate leggi. Per cui se la maggioranza delle regioni è di centro-sinistra anche il Senato federale lo è, e viceversa.
    Ne consegue che anche, come a volte accade in Germania, c’è la Camera (Bundestag) in cui la maggioranza è di centro-sinistra mentre nel Bundesrat (Senato federale) è di centro-destra, e viceversa. Se si facesse così anche in Italia andrebbe più che bene, e sicuramente Renzi si è ispirato alla Germania, ma il numero dei senatori nel Senato “federale” renziano è ancora troppo alto rispetto a quello della Germania, in cui tra l’altro non sono previsti senatori a vita, altrimenti in questo caso la maggioranza politica del Senato federale potrebbe essere influenzata da questi ultimi:

    “Il Bundesrat è composto dai delegati dei governi dei vari Länder. Secondo quanto previsto dall’art. 51 della Legge Fondamentale siedono nel Bundesrat i membri dei governi di ogni singolo Land. Ogni Land è rappresentato nel Bundesrat da un numero di delegati determinato sulla base del numero dei suoi abitanti. Ogni Land può avere da un minimo di 3 ad un massimo di 6 delegati per un totale di 69 delegati che compongono il Bundesrat (Wikipedia)”.

    Consiglio questa lettura dalla rete:

    http://it.wikipedia.org/wiki/Bundesrat_%28Germania%29

  • 3 Emanuele Pes
    2 Aprile 2014 - 09:15

    Il modello tedesco è sempre stato molto interessante, se lo adottiamo lo dobbiamo fare, evidentemente, in toto, cioè in maniera tale da rispettare almeno gli equilibri previsti in quel sistema, e a quel punto non si tratta solo della presenza dei senatori a vita, che possono alterare il quadro. Si tratta invece di avere una Camera dei Deputati fondamentalmente eletta col proporzionale sia pure con soglia di sbarramento. E magari di avere un ordinamento pienamente federale.
    Per esprimere una valutazione sulla riforma del Senato, bisogna capire che cosa si vuole fare della Camera dei deputati e come la si vuole eleggere, e della relazione Stato-Regioni. E sappiamo bene qual è il progetto.

  • 4 T:D.
    4 Aprile 2014 - 13:48

    Caro Andrea, questo è un post all’impronta, quindi non costituisce un pezzo autonomo, che semmai elaborerò quando avrò più tempo. Io non credo che le proposte di Renzi siano senza capo nè coda. Credo che Renzi coscientemente stia spostando l’asse di riferimento del PD verso precisi riferimenti sociali. E che questi riferimenti siano i veri mandanti delle riforme. La centralizzazione che si sta mettendo in opera con l’abolizione di fatto del Senato (che è cosa diversa dalla sua trasformazione secondo uno dei due modelli classici e definiti e conosciuti, quello federale -Senato USA o Bundesrat tedesco- o quello di Alta Cemera dei diritti e delle garanzie, alla Francese) e con l’eliminazione di un livello intermedio di governo locale democraticamente eletto, è coerente con le linee che da tempo stanno esprimendo autorevoli quitidiani come il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore, secondo cui l’alto costo della rappresentanza politica e la sua diffusione sul territorio sarebbero la causa principale della dispersione decisionale e finanziaria del Paese. Vorrei far presente che dal punto di vista finanziario regioni e enti locali costituiscono il grosso della spesa sociale (sanità e servizi alla persona) al netto delle pensioni. La coperta è corta e la pulsione a una ridistribuzione verso l’alto mediante sottrazione alla maggio parte della popolazione è fortissima. Per questo il disegno è autoritario al limite del golpismo. La cosa più inquietante è l’utilizzo del risentimento popolare verso la politica in chiave antidemocratica, il che ricorda molto le esperienze delle II e della III Repubblica francese, la fine della Germania di Weimar e il suicidio della democrazia liberale italiana prima del fascismo. Si tratta di forme di rivoluzione passiva, per usare la formula gramsciana. Riferimenti consigliati: Luciano Gallino “Finanzcapitalismo”, “La lotta di classe dopo la lotta di classe”, “Il colpo di stato di Banche e governi”. Riferimenti letterari consigliabili: i romanzi polizieschi di Petros Markaris del periodo 2011-2014, ambientati nella crisi della Grecia contemporanea.

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