Caro Pigliaru, perche’ non pensi alla felicità dei sardi?

30 Aprile 2017
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Andrea Pubusa

Caro Pigliaru,

non nego che talvota sono stato ruvido con te, sopratutto nel corso della campagna referendaria, Ma, se esamini i fatti e le parole, con distacco, dovresti ammettere che ho sempre cercato di metterti in guardia dagli errori. Insomma, ho fatto come fa il vero amico che talora è aspro e perfino duro, ma a fin di bene.
Ora, sempre con questo spirito, che, capisco è difficle comprendere, ti voglio dare un altro consiglio. Ma stavolta seguilo, non fare orecchie da mercante, come in passato. Di qui alla fine della legislatura proponiti di riformalre le istituzioni regionali assumendo come punto di vista la felicità dei sardi. Sì, propio così, la felicità. E ti dico questo perché i grandi pensatori, costruttori del moderno costituzionalismo hanno visto le Costituzioni, le leggi ordinamentali come strumenti di ricerca e realizzazione della felicità dei cittadini. Già nel 1755, quando la Corsica si ribella al dominio genovese Pasquale Paoli dice di farlo per “costruire la felicità della Nazione”.

E’ intorno alla metà del ‘600 che la felicità dall’individuo, considerato isolatamente, tende a spostarsi sul versante della politica e delle istituzioni.
L’uomo dell’Illuminismo sempre meno parla di morale e più si preoccupa della felicità. Le Costituzioni devono essere formulate in modo da dare al popolo il diritto di cercare la felicità, cosìcchè successivamente possa costruirsela da se stesso. Questo principio è divenuto familiare con la Dichiarazione d’indipendenza USA del 1776, ma già Pasquale Paoli l’aveva inserito nel progetto di Costituzione della Repubblica corsa. Voltaire lo postula già nel 1738 nel “Primo discorso sull’uomo” ….”avere gli stessi diritti alla felicità, questa è per noi uguaglianza perfetta.”. Qui stanno, a ben vedere, le radici della nostra Costituzione del 1948 la sovranita’ popolare, la spinta all’uguagluanza sostanziale e la proclamazione dei diritti eterni ed inviolabili alla vita alla ricerca della felicità, alla libertà.

 Caro Francesco, mi chiederai: cosa devo fare per dare ai sardi la felicità? Io credo che potresti imboccare la strada giusta, convincendoti che ai cittadini dà una sensazione piacevole il potere di partecipare alle decisioni. La sovranità popolare è il motore primo della felicità dei cittadini. E allora tu inverala. Anzitutto riformando la legge elettorale regionale, dando la giusta rappresentanza a tutte le forze politiche in modo proporzionale e dai la giusta rappresentanza alle donne, che sono la metà del cielo. Poi rivitalizza il governo locale, ridando rappresentatività e forza alle province (ora commissariate) e ai comuni. Va spezzato il neocntralismo regionale che si aggiunge a quello statale.
Facendo questo hai già compiuto metà dell’opera, perché poi la rappresentanza popolare ai vari livelli provvederà al resto.
Caro Francesco, sembra poco, ma è ciò che occorre per iniziare. Poi il resto verrà da sé. Dai!, almeno una volta ascoltami. Tenta di risalire la china. Continuando così sei destinato a scomparire e a lasciare un pessimo ricordo.

 

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