Pagliarulo: “Una grande pastasciutta antifascista grazie alla passione di tante compagne e compagni dell’ANPI”

28 Luglio 2022
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  Gianfranco Pagliarulo  - Presidente Naz. ANPI

Anche a Cagliari, a Giorgino, l’Anpi ha organizzato la “Pastasviutta antifascista per la pace”. Hanno partecièpato un centinaio di democratici in allegria,  allietati dai canti del Coro dell’Anpi diretto da Roberto Deiana, e dalle invenzioni della Banda degli sbandati. Un bella serata all’insegna della tranquillità e della riaffermazione dei valori democratici.
Coraggiosi i compagni/e della sezione ANPI di Burcei che hanno fatto in piazza la pastasciutta con pieno successo.

Ad Adauli invece il Comitato NO ARMI - TRATTATIVA subito, nel magico panorama del parco, battuto da un rinfrescante naesatrale, ha tenuto davanti ad un numeroso pubblico una vivace discusione per la pace, introdotta da Carla Cossu e Francesca Pubusa. Molti e interessanti gli interventi. E’ stato il sesto incontro nell’Ordistanese. La ripresa a settembre,

Tornando alla Pastasciutta antifascista, è una occasione di incontro che piace perché nasce da una bella storia.

A Campegine, in provincia di Reggio Emilia, la famiglia dei contadini Cervi, offrì il pasto a tutto il paese, per festeggiare quella che sembrava la fine del regime. Cinque mesi, avrebbero perso la vita, fucilati dai fascisti. Da Roma a Milano si rinnova la tradizione partigiana toccando anche il Lussemburgo e gli Usa
Ecco cosa dice Ilaria Lonigro  su Il Fatto quotidiano.

Settantacinque anni dopo l’arresto di Benito Mussolini, il 25 luglio, sono oltre cento le città in tutta Italia, più due in Lussemburgo e in North Carolina, in cui si celebra l’antifascismo mangiando la pastasciutta in bianco. Come fece a Campegine, in provincia di Reggio Emilia, la famiglia dei contadini Cervi, che la offrì a tutto il paese, il 25 luglio del 1943. Volevano festeggiare quella che sembrava la fine del regime e che invece – ma lo si capì solo dopo – era l’alba della feroce occupazione nazifascista. Di lì a cinque mesi, avrebbero perso la vita, fucilati dai fascisti, tutti e sette i figli di Alcide Cervi, che avevano tra i 23 e i 42 anni, esposti alle rappresaglie delle camicie nere anche per colpa di quella pastasciutta, più potente di un manifesto politico.
Da Gattatico, sede dell’Istituto Alcide Cervi, a Padova, passando per Verona, Viareggio, Como, Torino, Gorizia, Roma, Milano, in oltre cento città, soprattutto del centro nord, dove la Resistenza ha lasciato maggiormente il segno, anche quest’anno le sezioni locali dell’Anpi hanno preparato non solo maccheroni, ma pure concerti, presentazioni di libri, incontri. Il programma completo, e in aggiornamento, è sul sito dell’Istituto Cervi.  Rispetto agli scorsi anni, l’adesione sta crescendo talmente tanto da essere arrivata Oltreoceano. A Mebane, in North Carolina, la Pastasciutta Antifascista è organizzata da un certo Larry Vellani, di lontane origini italiane, preoccupato da alcune analogie autoritarie tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il Duce.

La storia

La storia della pastasciutta antifascista dei fratelli Cervi – A raccontare quella prima pasta antifascista, condita con burro e formaggio, è stato lo stesso Alcide Cervi nel suo libro, pubblicato nel 1955 e tradotto in 9 Paesi, “I miei sette figli”. “Il 25 luglio eravamo sui campi e non avevamo sentito la radio. Vengono degli amici e ci dicono che il fascismo è caduto, che Mussolini è in galera. È festa per tutti” scrive papà Cervi. Ed è Aldo, il terzogenito, che gli fa la proposta. “Papà, offriamo una pastasciutta a tutto il paese”. Alcide accetta. “Facciamo vari quintali di pastasciutta insieme alle altre famiglie. Le donne si mobilitano nelle case intorno alle caldaie, c’è un grande assaggiare la cottura, e il bollore suonava come una sinfonia. Ho sentito tanti discorsi sulla fine del fascismo ma la più bella parlata è stata quella della pastasciutta in bollore. Guardavo i miei ragazzi che saltavano e baciavano le putele (ragazze, ndr), e dicevo: – beati loro, sono giovani e vivranno in democrazia, vedranno lo Stato del popolo. Io sono vecchio e per me questa è l’ultima domenica”, si legge. E invece, cinque mesi dopo, i fascisti tortureranno e fucileranno tutti e sette i suoi figli nel poligono di Reggio Emilia, lasciando il vecchio padre con 11 nipoti da sfamare, 4 vedove inconsolabili e una moglie piegata dal dolore, che nel 1944 non resisterà e morirà di crepacuore, mentre Alcide vivrà fino a 95 anni.

Ora il commento di Pagliarulo.

Il commento del Presidente nazionale ANPI allo straordinario esito delle oltre 150 pastasciutte antifasciste svoltesi ieri 25 luglio in tutta Italia Difficile fare il conto di quanti piatti di pastasciutta sono stati serviti ieri nei 150 e passa luoghi dove si è ricordato il 25 luglio e la caduta di Mussolini. Ancora più difficile, ma molto più importante, calcolare quante iscritte e iscritti all’Anpi si sono impegnati per cucinare, preparare, servire ai tavoli. Una vera e propria comunità di affetti, di pensiero e di lavoro che ha creato una più ampia comunità, quelle decine e decine di migliaia di persone che hanno trascorso una serata diversa, sociale e solidale, perché cenare insieme in una speciale circostanza vuol dire vivere collettivamente appartenenza, memoria e speranza. Dunque, una serata di serenità, spesso accompagnata dalle note di un’orchestra o dalle voci di un coro, in un tempo asfissiato dai demoni della preoccupazione, della tristezza e della solitudine. Anno dopo anno, ed in particolare ieri, la “pastasciutta antifascista” si è affermata come una piccola stella nel grande universo simbolico della Resistenza, e così è diventata un rito laico, razionale e positivo in quel “fare unione” che, a ben vedere, era ieri la missione dei Comitati di Liberazione Nazionale ed è oggi la cifra del lavoro quotidiano dell’Anpi. Quest’anno la “serata della pastasciutta” è stata dedicata alla pace, mentre infuriano i bombardamenti in Ucraina e si inasprisce la tensione militare ed economica fra l’Unione Europea e la Russia. Per questo ieri in tante città, durante la cena, è stato presentato l’appello che l’Anpi, l’Arci, il Movimento Europeo, la Rete per la pace e il disarmo, il direttore del quotidiano cattolico “l’Avvenire”, hanno rivolto al governo italiano e all’UE perché si facciano portatori di un impegno diplomatico per il cessate il fuoco, il ritiro delle truppe russe d’occupazione, un ragionevole negoziato, l’invio di forze di interposizione delle Nazioni Unite e la proposizione di una conferenza internazionale di pace che garantisca la sicurezza di tutti i Paesi europei su entrambi i fronti. Una goccia sulla pietra? Forse. Ma, come si sa, col tempo la goccia scava la pietra. Ecco la buona ragione per cui si è dedicato questo appuntamento alla trattativa, e cioè alla ricerca assoluta e irreversibile di una via per far cessare la guerra che sta distruggendo l’Ucraina e dissestando l’Europa. Ancora una volta l’Anpi ha manifestato la sua forza tranquilla e la sua vocazione unitaria e comunitaria. Ancora una volta tante compagne e compagni hanno dimostrato, con la loro passione, la loro saggezza e il lavoro volontario, cos’è l’Anpi. Perché ci sono le compagne e i compagni dell’Anpi. Ma più ancora c’è l’Anpi delle compagne e dei compagni.

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